Labirinto d’amore, le storie dell’Orlando Furioso in uno spettacolo itinerante

Labirinto d'amore

L’Orlando Furioso è una delle opere massime della letteratura italiana.

Pubblicato agli albori del XVI secolo, la cui trama è inutile ripetere, l’opera composta da Ludovico Ariosto è spesso stata fonte d’ispirazione per l’Arte di qualunque genere. Quadri, film, persino i fumetti hanno reso omaggio all’opera dello scrittore emiliano. Il Teatro non è certo stato da meno.

Lo scorso 26 agosto si è tenuta l’ultima rappresentazione de Labirinto d’amore, spettacolo narrante più episodi dell’Orlando ariostesco, nella splendida cornice del Parco Chigi di Ariccia.

il pubblico, dopo essersi addentrato nel bosco da guide apposite, vede avvicinarsi gli attori che lasciano la parola a coloro che saranno le loro guide, i maghi, cioè coloro che sanno tutto: Melissa e Atlante. Questi ci spiegano con rime ben composte cosa si vedrà e come si svolgerà. Inizalmente tutti saranno riuniti intorno ad un rudere, dove asisstiamo alla storia di Bradamante che libera l’amato Ruggiero dal castello di Atlante, sfidando Marfisa e Pinabello.

Un urlo poi distrae la folla: Angelica è fuggita.

Il pubblico si separa tra chi segue Melissa e chi Atlante. Vedranno in alternanza due episodi. Alcuni vedranno la beniamina di Carlo Magno innamorarsi di Medoro e Orlando, che impaziente la cerca, capisce di non aver speranza e perde il senno. Altri vedranno Dalinda, la serva di GInevra, figlia del re di Scozia, innamorata di Polinesso, a sua volta però bramoso delle attenzioni della nobile principessa. Ginevra ama Ariodante, che convide i suoi sentimenti: cosa non ben vista da Polinesso. Questo decide di far travestire Dalinda da Ginevra, dirle parole d’amore e far sentir ad Ariodante quanto siano ricambiate. Questo non regge il dolore e si suicida, con Polinesso che, pur di non aver testimoni, decide di uccidere, invano, anche la povera Dalinda.

Il pubblico alla fine si riunisce davanti ad una bella scenografia naturale per l’ultima parte.

Vede la tragedia di Olimpia che, dopo aver salvato l’amato Bireno dal malvagio re Cimosco, decide di ripartire con lui. Peccato che Bireno si sia innamorato della prigioniera-figlia di Cimosco e decide di abbandonare Olimpia in un’isola deserta, la quale, capito l’inganno, si getta in un pianto di disperazione. Quando ad un tratto, uscita Olimpia, un Astolfo dall’accento stranamente inglese ci mostra come egli abbia raggiunto la luna. Qui, saputo della follia di Orlando per bocca di San Giovanni, riporta il senno all’amico, ormai legato come una bestia. Una volta rinsavito, Orlando capisce che la passione per Angelica è svanita.

Labirinto d'amore

Lo spettacolo è interessante e diverso.

Per quanto molti potranno trovare analogie con la celebre messa in scena ronconiana Giacomo Zito dirige una spettacolo dove non è il pubblico a scegliere, ma viene giustamente indirizzato, dandogli però l’idea dell’essere libero di far ciò che desidera. Gli spettatori possono stare in piedi o seduti in appositi luoghi prestabiliti, in modo da poter avere un pubblico tanto giovane quanto di una certa età.

L’atmosfera del cammino tra una scena e un’altra è ben gestita dalle luci che illuminano il passaggio, attori che ci fanno respirare la trama e, soprattutto, dalle ‘guide’ che deliziano il pubblico con monologhi ben recitati.

La leggerezza e il voler rendere comiche alcune scene o personaggi è tutt’altro che di cattivo gusto. Bradamante non è seriosa, anzi fa sorridere il pubblico, senza mai perdere quel fascino da guerriera. La vicenda di Olimpia avrebbe potuto avere risvolti tragici, lacrime da prosa, ma non è così. Il pubblico ride con Cimosco che dice sempre le stesse parole, Arbante-pupazzo (con altrettanta prima notte di nozze) e Olimpia e la sua mimica facciale.

La scelta dei costumi è approvata in pieno. Semplici per un coro o personaggi di passaggio; ma capaci di accogliere armature e vestiti che riescano a trasformare un attore in un personaggio.

Altro ingrediente da non sottovalutare sono gli attori.

Zito unisce professionisti con molta esperienza a giovani professionisti ai primi spettacoli. La differenza si vede, certo, ma il gruppo c’è e lo spettacolo non risente; anzi ha un buon ritmo: cosa essenziale in una rappresentazione come questa. Alcuni, purtroppo, non rendono come dovrebbero, pur avendo ruoli importanti e con una certa esperienza; ma è un granello di sabbia. Applausi a parte a Milrella Dino e Luigi Pisani, rispettivamente Melissa e Orlando: tengono bene la scena e mostrano quanto siano dentro all’interpretazione. Si divertono, giocano e interagiscono bene con il pubblico.

4 stelle su 5. Da rivedere, con l’altra guida e (per mera cuiorsità registica e critica) in un’altra ambientazione.

Francesco Fario

Attore e regista teatrale, si laurea in Lettere Moderne a La Sapienza per la triennale, poi alla magistrale a TorVergata in Editoria e Giornalismo. Dopo il mondo del Cinema e del Teatro, adora leggere e scrivere: un pigro saccentone, insomma! Con Culturamente, ha creato la rubrica podcast "Backstage"

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