“La morte ti fa bella” diventa spettacolo al Teatro Trastevere

La morte ti fa bella teatro

Il tempo scorre e cambia le cose, che ci piaccia o no.

Alcuni si preoccupano di come cambiano i caratteri, altri delle esperienze non fatte. Alcuni si soffermano su quanto ancora si potrebbe fare. Altrettanti, invece, si preoccupano di quanto siano cambiati loro. Non nell’aspetto interiore, ma in quello esterno. La bellezza è una delle prime cose che il tempo tende a cambiare, si sa. Non tutti però sono disposti ad accettarlo. Ci sono persone che combattono e fanno di tutto pur di renderla eterna. Trucchi, laser, ritocchi. Persino a patti con la Morte…

Su questo schema si basava il film del 1992, diretto da Robert Zemeckis, “La morte ti fa bella”, con Maryl Streep e Goldie Hawn, affiancate da Isabella Rossellini e Bruce Willis (stranamente in vesti goffe e comiche). Vincitore dell’Oscar per i miglior effetti visivi nel ’93, la pellicola è stata portata in scena al Teatro Trastevere di Roma, con l’omonimo titolo, da Alessandra Silipo e Susanna Lauletta, che ne hanno curato non solo la regia ma anche l’adattamento del copione in testo teatrale. Spettacolo in scena dal 16 al 21 maggio.

La storia è di Madeline ed Hellen, amiche/nemiche dai tempi del liceo. La prima è attrice, di fama bassa, molto vanesia; la seconda è un’aspirante scrittrice, insicura. Questa una sera presenta a Madeline il suo fidanzato Ernest, il quale si lascia sedurre da Madeline fino a sposarla. Matrimonio infelice che porta, negli anni, Ernest nel vortice dell’alcolismo e Hellen in una clinica per depressi. Anche Madeline non se la passa bene: il motivo è la sua decadente bellezza, che non riesce ad accettare.

Una sera la coppia viene invitata alla presentazione del libro di Hellen e Madeline vuole presentarsi al massimo del suo (possibile) splendore. La sua estetista le spiega che più di tanto non si può fare, a meno che non si rivolga a Leslie Von Ruman. La sera della presentazione, Hellen si mostra giovane, sensuale, quasi ringiovanita. Madeline non riesce a crederci, mentre Ernest si pente delle sue scelte.

L’attrice decide allora di andare a conoscere questo Leslie.

Questo, giovane e affascinante, la convince a prendere un siero che le darà giovinezza eterna, ad un prezzo dal costo molto alto, che Madeline accetta. Tornata a casa, non perde occasione di offendere il marito. Questo però aveva, in sua assenza, architettato un piano con Hellen per farla fuori. Umiliato e spinto dal desiderio instaurato dall’ex amante, Ernest uccide Madeline.

Questa però, un po’ deformata, si mostra ancora in vita: il siero, oltre a darle giovinezza, le dà immortalità. Convinta di essere onnipotente e scoperto il piano dei due, Madeline uccide Hellen e ricatta il marito. Anche questa però si rialza, come se nulla fosse…

Mentre le due si picchiano fino alla morte, che non avverrà mai, Ernest capisce di essere solo una pedina. Decide di scappare, ma le due, ormai riappacificate, chiedono ad Ernest una mano, poiché questo si guadagna da vivere truccando e rendendo belli i cadaveri dei vip. Aggiustate, le due capiscono che Ernest non è eterno: deve andare da Leslie anche lui…Ma Ernest sarà d’accordo?

Il cinema e il teatro a volte si uniscono in un unico abbraccio.

Ci sono spesso dei film che, portati sulla scena, hanno un buon effetto, forse migliore. Qui purtroppo non è così. 

La buona volontà delle autrici è evidente. Apprezzabili e applauditi alcuni cambiamenti, come il prologo del primo incontro (assente nel film) che ci introduce i personaggi; ed alcuni escamotage teatrali, come il “rito” della pozione con maschere e mantelli. Purtroppo però finisce lì.

Gli attori possiedono una buona dizione, si muovono bene ma non attirano il pubblico.

la morte ti fa bella spettacolo

Giulia Spinelli, seppur in una parte piccola, è quella che più si nota. E’ nello spettacolo, gioca con la sua parte, si diverte. Michelangelo Nari, nella parte di Ernest, merita anche lui l’applauso del pubblico. Gestisce bene la scena, il pubblico ride alle sue battute: sembrerebbe, però, che possa dare di più.

Il suo Ernest sembra quasi censurato: come se conoscesse bene il film e non volesse imitarlo e finire nel grottesco. L’attore però risulta capace e dà al suo Ernest un tocco personale e si vede: la critica (se tale) è più un “si lasci andare” (per lo meno con questa parte).

Una critica, invece, va a Tiziano Mariani, che interpreta Leslie. E’ vero che si prodiga in una parte che nel film è femminile: interpretata da Isabella Rossellini, si chiamava Lisle. Due volte che entra, si vede da pubblico che sta entrando. “Niente di che”, si potrebbe dire; se non fosse che dovrebbe fare entrate a sorpresa, “sceniche”. Altro problema è la voce: chiara e forte, ma inesistente completamente quando si gira.

Le due protagoniste/registe si divertono, ma è dura gestire un personaggio di Goldie Hawn e Maryl Streep e la regia professionale insieme.

Parlando alle attrici, è interessante la gestione del “cadavere vivente” di Alessandra Silipo; mentre di Susanna Lauletta si apprezzano gli occhi isterici dell’inizio, di una Hellen pronta a scoppiare.

Registicamente, però, le cose risultano un po’ confusionate.

Prima cosa la gestione degli spazi, che si alternano ma non si capisce quando si diversificano. La scena finale ad esempio, chi non ricorda il film o non l’ha visto, non ha capito dove si svolgesse.

Altra cosa che non è chiara è perché si è creduto di più ai costumi e meno al trucco. Il problema è nella scelta del testo: non si può rendere teatrale un film dove gli effetti speciali hanno vinto l’Oscar, a meno che non si investa in un ottimo truccatore. Per carità! Nessuno vuole zombie o cose così. Non si vede bene il ringiovanimento delle protagoniste. “Non si voleva puntare sul ringiovanimento” si potrebbe dire. Va bene. Il cambiamento di Hellen però dalla clinica alla presentazione di un libro sì: l’abito non fa il monaco.

Il testo, in alcune situazioni, è stato cambiato. Nessun problema sulle aggiunte, come già detto, del prologo (aiutati anche da un noto film di Robert Moore); ma i monologhi di Leslie risultano troppo lunghi, un po’ prosopopeici: uno dei motivi per cui il personaggio di Leslie, probilmente, non attira molto il pubblico.

Questo spettacolo, ahimé, attira soprattutto due categorie di pubblico: i fedeli della compagnia e i fedeli del film. Una categoria fedele e una malefica, pronta a giudicare e additare.

Nella critica bisogna ben sapere distinguere film e originalità. Qui, malgrado l’indubbia volontà ci fosse, sembra però non si sia voluto fare ‘il volo’.

Mi duole dare allo spettacolo 2 stelle su 6, in attesa di rivedere la compagnia all’opera e scrivere meraviglie del loro operato.

 

Francesco Fario

 

Attore e regista teatrale, si laurea in Lettere Moderne a La Sapienza per la triennale, poi alla magistrale a TorVergata in Editoria e Giornalismo. Dopo il mondo del Cinema e del Teatro, adora leggere e scrivere: un pigro saccentone, insomma! Con Culturamente, ha creato la rubrica podcast "Backstage"

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