Il Teatro dell’Opera di Roma ha riportato in scena dopo 16 anni “La Cenerentola”, capolavoro assoluto di Gioachino Rossini, con una allestimento divertente e frizzante della grande regista siciliana Emma Dante.
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La Cenerentola è uno dei capolavori assoluti di Gioachino Rossini e richiede sempre un grande sforzo economico ed un cast all’altezza. Dopo 16 anni questo capolavoro è tornato sul palco del Teatro dell’Opera di Roma, in concomitanza con “Il Barbiere di Siviglia” di cui si festeggiano i 200 anni e di cui abbiamo parlato recentemente. La nuova produzione di questo capolavoro assoluto è della grande regista siciliana Emma Dante, impegnata in produzioni teatrali – spesso recitate in siciliano – che trattano di problemi sociali, ed anche regista di un allestimento molto controverso della Carmen di Georges Bizet alla Scala.
Dopo varie vicessitudini, sono riuscito finalmente a vedere questo spettacolo all’ultima recita di venerdì 19 febbraio e si è trattato di uno dei più bei spettacoli che io abbia visto nel teatro della nostra città. Lo spettacolo di Emma Dante era di una comicità potremmo dire quasi “indemoniata“. La Dante ha riempito la scena con dei ballerini che portano sulla schiena le chiavette tipiche con le quali si caricano le bamboline meccaniche. I loro movimenti schizofrenici sottolineavano perfettamente quel perfetto meccanismo ad orologeria che è la drammaturgia di questo capolavoro e la tirannide alla quale è sottoposta la povera Angelina (la “Cenerentola”). Tutto però era letto in chiave comica e assolutamente fiabesca. Ecco che arrivava la carrozza, ecco i costumi sgargianti e bellissimi curati da Vanessa Sannino, ecco le scenografie curate da Carmine Maringola, consistenti in un grande muro bianco che dava l’idea di qualcosa di irreale e in tanti altri oggetti colorati come dei fantastici paraventi, ecco i pazzi e schizofrenici movimenti coreografici curati da Manuela Lo Sicco e le belle luci di Cristian Zucaro. Ma, soprattutto, dovremmo dire ecco la Cenerentola; infatti lo spettacolo della Dante, pur con queste idee assolutamente particolari ma divertentissime, era la Cenerentola di Gioachino Rossini, e, non come spesso capita, un qualcos’altro che non ha niente a che vedere con quello che è stato scritto.
Uno spettacolo non funziona senza degli ottimi artisti. Il cast è stato assolutamente all’altezza ed in grado di sottolineare tutti gli aspetti insiti nei loro personaggi. Si andava dalla dolcezza e dal candore di Angelina (la “Cenerentola), espresse dalla bellissima voce di Josè Maria Lo Monaco, alla nobiltà di Don Ramiro, il principe azzurro, di Giorgio Misseri (forse, vocalmente, l’elemento più debole del gruppo a causa di un’emissione molto nasale). L’ottimo Filippo Fontana ha interpretato con grande simpatia Dandini, il cameriere del Conte che si traveste per capire quale sia la donna adatta per il suo signore, mentre le due sorellastre Clorinda e Tisbe erano due donne spiritate ed indemoniante e ogni scena delle due interpreti, Damiana Mizzi ed Annunziata Vestri, era assolutamente effervescente. Alidoro, il mago, era interpretato con grande nobiltà da Ugo Guagliardo.
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Ho lasciato volontariamente per ultimo il veterano del cast, il grande, grandissimo Alessandro Corbelli come Don Magnifico, il “patrigno”, il ruolo più divertente di tutta l’opera. Corbelli è la dimostrazione di come un grande artista e cantante, dopo una sfavillante carriera, se costantemente impegnato nello studio, riesca ad essere assolutamente credibile nel ruolo ma soprattutto ad imporsi nel gruppo.
Purtroppo però duole sottolineare quali sono stati gli aspetti negativi: la direzione del giovane Alejo Pérez è stata un po’ pesante, non troppo precisa negli attacchi, con vari scollamenti tra buca d’orchestra e palco, e l’Orchestra ed il Coro del Teatro dell’Opera di Roma non erano proprio in gran forma, come hanno evidenziato alcune stonature. Chiudiamo un occhio, però: era l’ultima replica ed il lavoro finale era talmente piacevole da sopperire a queste piccole pecche.
Marco Rossi