Il divino Mozart all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Un weekend particolare all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia tutto nel segno di Wolfgang Amadeus Mozart. Un programma ricco di bellissime esecuzioni sulle quali primeggiano i Vesperae Solennes de Confessore.

Wolfgang Amadeus Mozart è l’autore della perfezione assoluta. Nessuna macchia deve rimanere sulle sue composizioni perché il danno sarebbe irrimediabile. L’appuntamento all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia presso la Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica di sabato 13 febbraio era molto atteso. L’atmosfera si è guastata qualche giorno fa con la notizia della rinuncia per motivi di salute del maestro Constantinos Carydis, al quale arrivano tutti i migliori auguri di guarigione da parte della redazione di Culturamente, ma ecco che arriva il sostituito, il tedesco Claus Peter Flor, e la magia ha avuto inizio.

Il programma iniziava con la Sinfonia n.25 in Sol Minore, composta nel 1773 all’età di soli 17 anni. Un brano decisamente cupo e misterioso, lontano dalla gioia che spesso Mozart esprime. Ma l’orchestrazione è delicata, pulita, limpida come un cielo di primavera.
La stessa sensazione si ha avuta per il brano successivo; si trattava del brano più atteso dell’intera serata. Stiamo parlando dei Vesperae Solennes de Confessore, ultima composizione di Mozart per la Cattedrale dell’odiata Salisburgo. Un brano dove le voci del coro, dei solisti e dell’orchestra si sono fuse attraverso una luce divina che solo il grande Mozart riesce a dare, toccando il culmine nel celeberrimo Laudate Dominum, un brano dolcissimo per soprano solista, coro ed orchestra, un canto di lode al Signore per il creato. Si tratta di un brano che ci ha letteralmente fatto immaginare di volare tra le sfere più alte del Cielo, perché Mozart, come dissi già tempo fa, “ti fa prendere l’ascensore e ti porta più in alto possibile“. Per rendere ciò al massimo bisogna però avere una voce di soprano angelicata, cosa che purtroppo non è stata della voce, seppur di notevole spessore, di Ana Maria Labin. Discreti gli altri solisti (il contralto Gabriella Martellacci, il tenore Carlo Putelli ed il baritono Antonio Vincenzo Serra), mentre meravigliosa è stata l’esecuzione dell’Orchestra e del Coro, che hanno saputo rendere al massimo con una direzione che a tratti sembrava troppo fredda.
Orchestra e direttore hanno trovato la loro massima espressione nella Sinfonia n.39 in Mi bemolle maggiore, composta nel 1788, un fulgido esempio della brillantezza e profondità mozartiana.
Marco Rossi
Storico dell'arte e guida turistica di Roma, sono sempre rimasto affascinato dalla bellezza, ed è per questo che ho deciso di studiare Storia dell'Arte all'Università. Nel tempo libero pratico la recitazione. Un anno fa incontrai per caso Alessia Pizzi ed il suo team e fu amore a prima vista e mi sono buttato nella strada del giornalismo. Mi occupo principalmente di recensioni di spettacoli e di mostre, concerti di musica classica e di opere liriche (le altre mie grandi passioni)

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