“Il Qui e l’Oltre”, in scena al Teatro Trastevere, è una storia di emarginazione, voglia di riscatto e disperazione. In una sola parola, d’immigrazione.
Anna è una giovane tenente impegnata in missioni di salvataggio. Mette sempre tutto l’impegno e tutta l’anima nel suo lavoro. Anna è una donna sola, terribilmente sola, anche perché un ufficiale deve essere professionale, non deve farsi prendere dall’emozione, ma il dolore delle persone con le quali entra a contatto le divora l’anima.
Di questo parla “IL QUI E L’OLTRE” una produzione Abraxa Teatro in scena il 26 ed il 27 novembre 2015 presso il Teatro Trastevere nell’ambito dell’VIII edizione del Festival “EXIT – Emergenze per Identità Teatrali“. Il testo è tratto dal testo “DISTANZE” di Gaia Speri Lipari, scritto dopo la strage del 3 ottobre 2013, nella quale persero la vita 368 persone.
Lo spettacolo immerge lo spettatore in un mondo complesso, dove non sembra esserci nessuna via dal fuga dal dolore. Anna riceve una lettera da una madre, che le chiede di cercare i suoi due figli imbarcatisi tempo prima, dai quali non riceve più notizie. Ed ecco che vediamo anche la madre di questi ragazzi, chiusa in un mondo nel quale la mancanza di comunicazione, la lontananza dai propri cari, ma soprattutto il non poter fare niente la rendono pazza. Compaiono allora anche i figli, la loro lotta per la sopravvivenza su di un barcone che li porta verso un destino ignoto, che per uno di loro significherà la morte. Assistiamo così alla personificazione della nostra coscienza, avida di denaro, di potere, ma che si dovrebbe risvegliare.
Il testo mostra le nostre responsabilità perché mette in luce, forse per la ciclicità con la quale esse ormai si frequentano, la spaventosa indifferenza che la società benestante prova verso tali tragedie, in un mondo sempre stato dominato dalla legge del più forte, da un gioco perverso tra lo sfruttamento delle persone e delle risorse e la morte. Di esso è complice anche il terrorismo mediatico, che spesso è un focolare d’odio (ricordiamo che gli stranieri in Italia sono l’8% della popolazione e contribuiscono all’11% del PIL. Interi settori non vivrebbero senza il loro aiuto).
Il testo mostra le nostre responsabilità perché mette in luce, forse per la ciclicità con la quale esse ormai si frequentano, la spaventosa indifferenza che la società benestante prova verso tali tragedie, in un mondo sempre stato dominato dalla legge del più forte, da un gioco perverso tra lo sfruttamento delle persone e delle risorse e la morte. Di esso è complice anche il terrorismo mediatico, che spesso è un focolare d’odio (ricordiamo che gli stranieri in Italia sono l’8% della popolazione e contribuiscono all’11% del PIL. Interi settori non vivrebbero senza il loro aiuto).
Veramente bravissima è stata Francesca Tranfo (la quale si è occupata anche della selezione dei brani musicali, tra i quali la celebre Blowin’ in the Wind di Bob Dylan), attrice capace d’immedesimarsi in tutti i personaggi sopra citati con una passione ed una partecipazione notevoli. Ottima la drammaturgia e la regia di Emilio Genazzini, che ha curato il bel disegno luci e la semplice ma interessante scenografia (un tavolo con una sedia e un mappamondo, una poltrona, una coperta che diventa riparo per i due giovani ragazzi sul barcone, ed il semplice arredamento della casa della loro madre). Da citare anche il tecnico luci Massimo Grippa, i costumi di Matilde Guiducci, le slide e le registrazioni vocali curate da Dani Lipari, la collaborazione drammaturgica di Clelia Falletti, la collaborazione tecnica di Vito Lipari e le foto di Guido Laudani.
Si ringrazia per la collaborazione anche Song-Taaba Onlus e Amal for Education.
Durante lo spettacolo è stato allestito anche un mercatino di beneficenza.
Marco Rossi
(© Foto di Marco Rossi)