I Nomadi sono capaci ancora di stupire e lo conferma il concerto del 3 agosto all’Anfiteatro Festival di Albano Laziale. Sinceramente, non credevo che riuscissero a sprigionare un’energia così forte nonostante gli anni e la scomparsa prematura di alcuni componenti del gruppo.
Quello che riescono a trasmettere è emozione pura al limite della commozione, grazie al fatto che l’imprinting artistico originario e le intenzioni dei fondatori sono rimaste immutate nel tempo, quasi miracolosamente.
Il concerto si è aperto con una magnifica proiezione dedicata ai componenti scomparsi, un videoclip dal sapore psichedelico ma molto efficace e incisivo. L’allestimento delle luci e le proiezioni di sfondo hanno aggiunto carisma allo spettacolo, toccando il climax durante l’esecuzione di Auschwitz.
I Nomadi nascono tra Modena e Reggio Emilia quando Beppe Carletti e Augusto Daolio decidono di formare una loro band. L’esordio avviene nel 1963 e il nome scelto è Nomadi, denominazione che contraddistiungue il loro destino.
Inizia la collaborazione con un allora sconosciuto Francesco Guccini con il quale comporranno canzoni epocali nel panorama musicale italiano. Noi non ci saremo e Dio è morto, diventeranno dei veri e propri stendardi per milioni di giovani. E dal 1972 Io Vagabondo è ancora oggi canzone simbolo della band e inno per diverse generazioni.
Da questo momento inizia la scalata e nonostante le diverse sostituzioni all’interno del gruppo riescono a rinnovarsi, modernizzarsi e trarre linfa musicale da ogni nuovo componente.
Dal 1993 al 2017 ha avuto luogo un evento, il Nomadincontro – Tributo ad Augusto, arrivato alla XXV Edizione, che vede come protagonista lo stesso gruppo, con l’intento di ricordare colui che ne fu l’ideatore e ispiratore: Augusto Daolio. Il cuore del Nomadincontro è l’assegnazione del premio Tributo ad Augusto, assegnato ad artisti italiani che si sono distinti per valore umanitario.
I Nomadi oggi sono Beppe Carletti (tastiere, fisarmonica e cori – dal 1963), Cico Falzone (chitarre e cori – dal 1990), Daniele Campani (batteria – dal 1990), Massimo Vecchi (basso, voce – dal 1998), Sergio Reggioli (violino, voce – dal 1998), Yuri Cilloni (voce – dal 2017).
La loro musica che segue la tradizione del buon progressive italiano si contraddistingue dalla ricerca di testi densi di significato, quello che una volta si classificava come “musica impegnata”. Classificazioni riduttive e ghettizzanti per un requisito che dovrebbe costituire una parte fondamentale nella scrittura di un testo, non un carattere di eccezionalità.
Parlare di sociale non è fuori moda e non annoia, anzi, sembra riunire in un coro unanime e passionale gli spettatori giunti da tutte la Penisola. Famiglie, gruppi di ragazzi che hanno donato striscioni, scritto pensieri che il cantante, un gigante sul palco, ha letto visibilmente commosso.
Brani nuovi si sono alternati con i grandi classici amati da diverse generazioni, uno spettacolo di empatia tra pubblico e artisti veramente notevole.
E quando, alla fine, tutti ci siamo riuniti sotto il palco Yuri Cilloni, che già aveva salutato i fans cantando in mezzo a loro, non ha risparmiato strette di mano, abbracci, dimostrazioni di affetto.
La notte all’Anfiteatro tra le lucine delle lucciole è stata più splendente del solito. Grazie ai Nomadi.
Antonella Rizzo
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