Il 18 febbraio i Goblin di Claudio Simonetti hanno portato sul palco del Quirinetta Caffé Concerto i successi musicali più “oscuri” del cinema horror italiano e internazionale.
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Sono cresciuta a pane e film horror. Questo mi ha reso un’irriducibile perfezionista, una di quelle adolescenti che restava sempre delusa quando andava al cinema a vedere le pellicole degli anni Duemila: troppi trash, troppi remake, tutto già visto.
Ma solo una volta mi resi conto di un dettaglio, che inconsciamente avevo tralasciato, quel particolare così terribilmente assente che rendeva tutti i film nuovi così imperfetti.
In uno dei tanti pomeriggi passati a rivedere i miei fantastici film anni Settanta – Ottanta, decisi di cercare su YouTube il mio amatissimo Zombi (Dawn of the dead, 1978) di George Romero. Quale orribile sorpresa quando, arrivata ai pezzi clou del film, mi resi conto che mancava qualcosa. Mancava la musica. O meglio, c’era una musica minimalista, tipica da zombie movie insomma, ma non c’era più quell’accompagnamento perfetto che aveva reso il film eccezionale. La colonna sonora che mancava era quella dei Goblin, aggiunta da Dario Argento per la distribuzione internazionale. Da quel momento so che un buon film horror non può considerarsi tale senza una soundtrack da brivido. Presa coscienza di ciò, mi sono resa conto che i Goblin avevano curato tutte le colonne sonore dei film che amavo di Dario Argento – cult come Phenomena (1985) e Suspiria (1977) – e, mentre tutti parlavano di loro per Profondo Rosso, io li cercavo in ogni nuovo film del regista romano. E li trovavo, ancora, nel Cartaio e in Non ho sonno.
Questa doverosa premessa – che spero non abbia annoiato troppo i lettori – si rende fondamentale per trasmettere il significato del concerto di ieri sera. Claudio Simonetti, “armato” di cinque tastiere e affiancato dalla nuova formazione della Claudio Simonetti’s Goblin, con Bruno Previtali chitarra/basso e Titta Tani alla batteria, ha dominato il palco del Quirinetta, regalando ai fans momenti carichi di emozioni.
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Accompagnato dagli spezzoni dei film più famosi e da qualche fascio di luce, il trio ha proposto alcuni classici, aggiungendo anche un incredibile medley della colonna sonora di Halloween e quella dell’Esorcista. In scaletta, oltre ai brani dei film sopra citati, anche Roller, Opera e Tenebre, per un’ora carica di intensi capolavori. Presenti in sala molti miei coetanei, ragazzi che negli anni Novanta erano bambini, ma anche, ovviamente, chi in quegli anni era già più adulto. Tutto il pubblico ha interagito a fondo con la band, che ha scherzato accennando qualche nota di Questo Piccolo Grande Amore, per ricordare come la hit Profondo Rosso (1975) superò in classifica quella di Claudio Baglioni, per poi essere spodestata “in famiglia” da Simonetti Senjor (Enrico) con Gamma.
In conclusione, per definire la serata di ieri mi approprierei di una celebre frase di Calvino, “Un classico non ha mai finito di dire quel che ha da dire“. In questo caso, le eccezionali composizioni ed ottime esecuzioni di Simonetti e dei suoi Goblin hanno dimostrato di avere ancora molte cose da raccontare, anche a chi verrà dopo di noi.
Alessia Pizzi