Gabriel ed Armand sono due ufficiali dell’esercito napoleonico, due ussari, in sfida tra loro. Nelle loro gesta e nelle loro parole ci sono tutte le speranze, le delusioni e gli incubi di un mondo che sta cambiando. Sono “I Duellanti” di Joseph Conrad con Alessio Boni e Marcello Prayer in scena fino al 6 marzo al Teatro Quirino.
La voglia di credere in qualcosa è un aspetto fondamentale delle nostre vite. Quando il destino prende una piega che non possiamo governare ci sentiamo inutili, disillusi, delusi ma soprattutto coviamo rabbia. La rabbia esplode e quando esplode ci distrugge il fisico e l’anima, come accade a Gabriel ed Armand, protagonisti de “I Duellanti” di Joseph Conrad, in scena fino al 6 marzo al Teatro Quirino.
L’esercito napoleonico, la famosa Grande Armée, è una delle più celebri armate, dove l’onore ed il valore regnano primieramente. I ragazzi che ne fanno parte hanno sogni, passioni, lottano per un ideale; in una sola parola possono essere loro stessi. Ma la vita spesso è ingiusta e maligna. Gabriel ed Armand sono due ussari, soldati di cavalleria leggera. Il primo (il bravissimo Marcello Prayer) è un giovane iracondo, violento, con una rabbia enorme da sfogare; il secondo (il bravo Alessio Boni, perfetto anche fisicamente), è più posato, calmo ed irreprensibile; un soldato apparentemente fatto tutto d’un pezzo e senza mai una minima incertezza, ma, allo stesso tempo, pieno di conflitti.
Senza un motivo serio i due iniziano ad odiarsi ed ingaggiano un duello che li accompagnerà per oltre vent’anni in vari luoghi, scalando contemporaneamente le gerarchie militari e diventando famosi nell’esercito francese solo per quest’aspetto. I motivi della loro lotta costante rimangono sempre ignoti. Il loro è un vero e proprio “percorso di ricerca“, un voler scandagliare aspetti di una personalità completamente differente e che, per questo motivo, affascina ma provoca anche invidia, perché tali aspetti non sono propri. Il duello li porta alla scoperta dei loro incubi e man mano i duellanti capiscono che i propri sogni ed aspettative sono stati annientati, traditi da un mondo che cambia velocemente, che va verso un futuro ignoto ma che si prospetta totalmente differente; in più falliscono i progetti napoleonici. I nostri personaggi sono vittime di tali cambiamenti e non li accettano.
Tutti le altre figure che ruotano attorno ad essi, come il colonnello, il medico militare, (entrambi interpretati da Francesco Meoni) ed una donna (Federica Vecchio), testimoni consapevoli o inconsapevoli delle loro vicende, creano un microcosmo che non riesce a fornire risposte alle domande esistenziali che i due protagonisti si pongono; ad accompagnare i loro pensieri vi è il caldo suono del violoncello suonato dalla stessa Federica, che assiste al loro continuo sconto come un osservatore perverso.
I duellanti sono accomunati da una perdita totale dell’orientamento perché non capiscono una cosa molto importante; come dice Francesco Niccolini, uno degli autori della revisione drammaturgica del testo, “il vero avversario non esiste“, perché siamo noi i primi nemici di noi stessi, con le nostre paure, le nostre impalcature mentali ed il timore di non trovare risposte alle questioni che spesso noi ci poniamo quando la vita ci mette davanti un ostacolo. Abbiamo bisogno di un dialogo, di un confronto, di un “duello” con un’altra persona per capirci al meglio e per comprendere che cosa vogliamo da noi stessi e dalle nostre esistenze.
Consiglio personalmente di andare a vedere questo spettacolo perché non è solo veramente bello, ben recitato e ben dirett, ma anche perché testi del genere ci spingono a riflettere su tutta la nostra personalità ed esistenza.
Marco Rossi
(Foto di Federico Riva)
(Foto di Federico Riva)