“Hai conosciuto Nurayev?” “Tutti hanno conosciuto la Garland”
Ogni stella è destinata a tramontare. Ci sono quelle che diventano più brillanti, per poi scomparire; oppure esplodono improvvisamente e lasciano una scia, un buco. Ci sono poi quelle che tramontano lentamente, soffrendo, coscienti sempre di più di cosa sta accadendo. Una sorte simile avviene per le “divinità” cinematografiche, non per niente chiamate anch’esse ‘stelle’. Quante storie di attori e attrici consumate dal peso del successo e dalle delusioni della vita. Tra queste c’è stata anche Judy Garland: una vita dedicata al cinema e talmente inghiottita, sin da piccola, dallo ‘star system’ da non riuscire a sopportarne il peso. E’ di lei che parla lo spettacolo ‘End of the rainbow‘ al Teatro Sistina di Roma, dal 19 al 30 settembre, con Monica Guerritore nei panni della diva hollywoodiana.
Siamo nel 1968. Judy è a Londra insieme al suo giovane amante, poi quinto marito, Mickey Deans (Alessandro Riceci) per una tournée di sei settimane. Ad accompagnarla ci sarà anche un vecchio amico, Anthony (Aldo Gentileschi), pianista e omosessuale, che ha condiviso, con e della diva, una lunga serie di successi, confidenze e vergogne. Judy è in un momento difficile della sua vita: sta cercando di rifiorire per il suo amante e vuole anche ricominciare a vivere. Il passato però la tormenta. I ricordi, le ansie, l’eterna paura di non essere all’altezza sul palco non la vogliono abbandonare, senza contare l’assoluta dipendenza dall’alcool e pillole. E’ stanca, distrutta, combattuta e, purtroppo, tristemente sola. Le manca la vita normale, quella che non le hanno permesso di avere; l’amore, quello incondizionato, eterno, non per la diva, ma per la donna. Una donna capace di distruggersi, tormentarsi ma che rinasce solo quando canta.
Questo dualismo della diva è ben gestito dalla Guerritore, che ben si immedesima nella parte dell’attrice auto-distruttrice. Gestisce bene la sua eccentricità, le sue crisi d’astinenza, la sua isteria e la sua superbia. Il finale? Definirlo ‘commovente’ temo sia riduttivo…
Uno spettacolo, per conlcudere, che spiega cosa potrebbe esserci oltre la magia del successo e quanto questo, purtroppo, sia solo un iride, cioè un’illusione; e una donna, chiusa nella vita di una diva, che forse ancora si domanda perché non può semplicemente volare come i piccoli uccelli blu, oltre quell’arcobaleno.
Francesco Fario