“Coriolano” è una delle tragedie storiche di Shakespeare, l’ultima scritta dall’autore intorno al 1608. In scena al Teatro Vittoria fino al 29 maggio.
Ispirata alle vicende del generale romano Caio Marzio (Coriolano) che condusse l’esercito in vittoria contro i Volsci con l’assedio e la conquista di Corioli, da cui il soprannome onorifico.
Divenne console grazie al sostegno del Senato di Roma e alle assemblee popolari, nonostante disprezzasse apertamente i plebei, che infatti si rivolteranno contro di lui, esiliandolo. Coriolano con una personalità da un lato forte, autoritaria e aggressiva e dall’altra infantile, sconterà la sua purezza:
“Recito l’uomo che sono. Io sono quello che sono”.
Bandito, si rifugia dal generale Aufidio, il capo dei Volsci, suo grande nemico, il quale gli affida metà del suo esercito pur di riconquistare Roma.
Volumnia la madre di Coriolano, una donna ambiziosa, che se fosse nata uomo sarebbe stata sempre in battaglia, e sua moglie Virginia, che rimpiange il loro amore passato, si recano da Coriolano, esortandolo a non attaccare Roma. Lui si lascia convincere e stringe un trattato di pace, anche se vantaggioso per i Volsci. Aufidio, che si sente tradito, per aver perso l’occasione di conquistare Roma, al suo ritorno, lo uccide.
La scena non si svolge in una Roma antica ma post-apocalittica, dove il futuro è risolto dalle ceneri; si tratta di una scelta coraggiosa, e la sfida del regista, Simone Ruggiero, è stata anche quella di scegliere tutti attori under 35 come a rappresentare tutti i Coriolano dei giorni d’oggi.
Innovativa la scelta della regia di cercare di riprodurre un montaggio di tipo cinematografico, riportare un film a teatro, con un ritmo serrato e una recitazione asciutta, prendendo spunto dalle grandi serie televisive “Trono di spade” e “House of Cards”.
La scenografia, semplice ma di effetto, di Matteo Milani che ha disegnato con il gesso lo skyline di Roma, è uno sfondo continuo in cui variano solo i colori a seconda della scena, incalzato dalle musiche con riferimenti ai colossal americani, in un contrasto tra antico e moderno.
Rispetto all’originale (che dura tre ore e mezza) il testo è stato snellito, gli attori sono tutti senza microfoni, dettaglio lodevole, soprattutto vista l’ampiezza del teatro e il ritmo della tragedia. Le scene sul campi di battaglia rendono lo spettacolo più dinamico e d’azione. Attori esperti di acrobatica volteggiano con spade, bastoni e manganelli sul palco e tra il pubblico, con abbigliamenti antichi e moderni in uno scambio temporale continuo tra passato e presente che rapisce lo spettatore fino al tragico epilogo.
Sara Cacciarini