Antonio Zavatteri ci racconta il suo Cyrano, e non solo

A Roma si respira un’aria leggera, e il sole accecante di un lunedì mattina mi accompagna al piacevole incontro con l’attore Antonio Zavatteri. Dopo aver interpretato vari ruoli al cinema e in televisione, torna a teatro con l’intramontabile Cyrano de Bergerac al teatro Parioli di Roma dal 3 all’8 novembre. Zavatteri, però, non si è limitato a parlarmi di questo ultimo lavoro, ma anche di molto altro con estrema gentilezza e disponibilità.


D: Leggendo la sua biografia si scopre un percorso teatrale molto consapevole. La cosa che mi ha più piacevolmente colpita è stata la sua partecipazione alla Popular Shakespeare Company. Me ne vuole parlare?


R: E’ vero, è stata una bellissima esperienza. Il grande sogno del Popular Shakespeare Company è quello di allontanarsi dal classico ma rimanendoci ovviamente legato allo stesso tempo. Raccontare un classico della letteratura in chiave diversa, moderna. Con tutto il rispetto alla tradizione ovviamente. Volevamo creare un gruppo in qualche modo coeso e che analizzasse nel profondo i testi. Era quasi necessario, per noi, una sorta di visione critica del “prodotto”, che va al di là della messa in scena fine a se stessa. Un lavoro maggiormente viscerale  per far tornare universale il teatro.

D: Invece, parlando di cinema, ultimamente ti abbiamo visto in Pecore in erba, l’opera prima del regista Alberto Caviglia. La paura era quella che il pubblico non riuscisse a comprendere a pieno questo film, che esce un po’ dagli schemi di quello che siamo abituati a vedere al cinema. C’è quasi una rivoluzione cinematografica. Com’è stata vissuta da te queste esperienza?

R: È un po’ inconsueto questo lavoro. In Italia non è mai stato fatto e il pubblico non è molto abituato a delle cose del genere. Però c’è stato un buon riscontro, personalmente a Venezia ho visto il coinvolgimento e la curiosità del pubblico ad un lavoro nuovo. Poi lavorare con Alberto Caviglia è stato un vero piacere. Lui è una persona destramente intelligente ed ha idee molto chiare su quello che vuole dal suo lavoro, questo si sente molto sul set. La sicurezza porta alla sicurezza, il desiderio creativo reale di volere qualcosa dal proprio film, dal proprio lavoro. Questo io l’ho percepito con molta serenità e coinvolgimento. Ovviamente per fare cinema c’è bisogno di una base, che il teatro dà tantissimo,  però l’attività di fare cinema mi sta appassionando tantissimo. Io dico spesso che a teatro da tanti anni mi sento un po’ a casa, per il rilassamento che riesco ad avere… non ho più il timore. Ho imparato ad abitare il luogo. Invece, sono tutti stimoli nuovi quelli che mi sta dando il cinema, come nel film appunto di Caviglia, oppure lavorare con Nanni Moretti che è un regista che mi affascina tantissimo per il tipo di rapporto che instaura con il cast. Ascolta moltissimo e questo è un gran pregio, soprattutto nel nostro campo.

D: Dal 3 all’8 novembre, invece, ti vediamo in Cyrano de Bergerac dove interpreti appunto Cyrano. Ti è piaciuto questo ruolo? Come hai cucito su di te questo personaggio, complesso, divertente e sognatore?

R: Ha un vero e proprio svolgimento emotivo, è questo che più di tutto ho amato del personaggio. E’ entusiasmante fare Cyrano perché è un viaggio,  amo le grandi storie che hanno un arco narrativo molto lungo, un’evoluzione, ed in Cyrano c’è proprio questo. Questa storia è esaltante anche perché contiene tutti gli elementi che condizionano la scelta di fare l’attore. Ad esempio vestire i panni di qualcun altro per ottenere ciò che si vuole. Come Cyrano, che vorrebbe essere un’altra persona per risultare “bello” agli occhi di Rossana e quasi ci riesce, donando le sue parole i suoi pensieri a Cristiano. Una sorta di inganno a fin di bene… lui lo fa in qualche maniera ingenuamente, per amore. Anche se questo si trasforma in tragedia con la grande frustrazione di non essere “l’oggetto” fisico che Rossana ama. Tutti i sogni di Cyrano hanno a che vedere con il romanticismo del voler fare  qualcun altro, un po’ come l’attore. E come Cyrano, anche io ho dei limiti e delle paure nella vita, così sento questo personaggio vicino a me ed interpretarlo è un vero piacere.

D: Cyrano è un grande classico e della letteratura e del teatro. Qual è il tuo rapporto con i classici?  

R: Il mio rapporto con classici  spazia molto da Shakespeare a Molière, che amo da morire. Ma non voglio essere schiavo di questo, mi piace mettere in scena la drammaturgia contemporanea, anche se con classici è come ritornare al principio e farli in modo nuovo, è sempre una sfida. Mi piace la sfida di Claudio Morganti che ha fatto “Amleto contro Riccardo”, dove lui è da solo in scena, ed è stata un’operazione meravigliosa.

D: Il teatro italiano sta vivendo un momento di crisi, cosa ne pensi?

R: Nel teatro italiano c’è la crisi del pubblico ma anche una crisi creativa. Il problema è che bisogna far capire che il teatro, con i fatti, non è un fatto di noia necessaria, come la cultura non è una noia necessaria, ma può essere divertimento, uscire dal quotidiano.

***

Avrei parlato per ore con questo grande uomo e attore, ma il tempo è tiranno, si sa. Non temete comunque: per capirlo, amarlo e dare forma a tutto quello che avete letto sopra potete andare a vederlo a teatro Parioli di Roma, e sono sicura che non ve ne pentirete. 

Io ci sarò e voi?

Elena Lazzari
Dopo aver conseguito il diploma di Psicopedagogico si è iscritta, senza pensarci due volte, alla facoltà di Lettere Moderne di "Roma tre". Da due anni il teatro è la sua seconda casa e oltre che praticarlo, ogni volta che può, è pronta a recensire uno spettacolo, cercando sempre di essere clemente e diplomatica con i suoi "colleghi" attori.

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