Luca Barbareschi arriva per la prima volta in tv, con il programma Rai “In barba a tutto“.
Il titolo è nato perché per la prima volta l’attore teatrale ha accettato di fare un programma in Rai, dopo aver rifiutato tante altre proposte in passato. Andrà in onda in seconda serata, su Rai 3 dal 19 Aprile.
Il nome “In barba a tutto” rispecchia pienamente la filosofia del programma. Barbareschi, in conferenza stampa, ha ribadito più volte che verrà messo in discussione tutto. Definendo il politically correct come il “tumore maligno dell’Occidente”.
Si prospetta un programma come “Striscia la Notizia”: provocatorio ma con l’arroganza, tipica di certe persone con un po’ di cultura, di sentirsi raffinato.
Per la gente come Barbareschi essere avversi al politically correct è giusto, tanto da accettare il programma in Rai per fare provocazione.
Ma che provocazione è, la sua, sulla Rai che ospita le messe, programmi come “Il collegio”, “La Caserma”, “Il convento”, “Che Dio ci aiuti”, “Don Matteo”, “A sua immagine”, e molti altri, la cui filosofia di base è già contro il politically correct?
Un grande attore sa illudere tutti con la sua arte e Luca Barbareschi, direttore del Teatro Eliseo, potrebbe essere così bravo da aver illuso anche se stesso con la sua recitazione. Ed essersi autoconvinto di star facendo un programma controcorrente.
In conferenza stampa ha sottolineato chiaramente che le sue idee sono contrarie all’omosessualità, all’identità di genere, al genere che si attribuiscono le persone transgender, e a tutto quello che gira attorno al “politically correct”.
Ha raccontato di aver letto il nuovo regolamento dell’Academy dicendo che “vogliono un 30% di nani, il 30% di transgender, il 30% di LGBT, di omosessuali quindi”. E ha detto ancora, con ironia e tanta ignoranza “è come se io volessi fare un film sullo sbarco in Normandia. I nani sarebbero i primi a morire perché stanno lì e appena scendono dalla nave muoiono. E poi come fanno? Sparano con delle mini pistole? Morirebbero subito… a meno che dall’altra parte, i nazisti, non abbiano dei nani anche loro che sparano con delle mini pistole”.
Un film sullo sbarco in Normandia dovrebbe essere accurato storicamente e soprattutto contestualizzato.
Tanto per iniziare le persone affette da nanismo non sarebbero state selezionate negli anni ’40 per entrare nell’esercito, perciò nessuno che crede nel politically correct lo accuserebbe di aver discriminato queste persone.
Un altro delirio raccontato con sicurezza e enfasi è l’idea di un film con una famiglia etero discriminata in un Paese governato da un transgender filippino. Non risultano numeri elevati di casi di violenza di persone transgender, o filippini, o asiatici, o transgender filippini verso persone etero.
Di nuovo, il talento di Luca Barbareschi nella recitazione lo ha convinto di una realtà immaginaria!
Per parafrasare lo sproloquio di Luca Barbareschi, il politically correct non è altro che riconoscere che certe realtà esistano, che alcuni tipi di persone esistano.
È davvero un gran peccato per Luca Barbareschi, e per tutte le persone che la pensano allo stesso modo, che queste realtà non spariscano con un programma tv in Rai…
La realtà è che il pensiero come il suo è il vero tumore maligno, da Occidente a Oriente. È sterile, distruttivo, diseducativo e non aiuta il singolo ad evolversi, progredire e migliorarsi. E così, a macchia d’olio, rischia di spargersi per l’intera società.
Ma non si è limitato alla discriminazione delle persone transgender (“per me uno può farsi tagliare quello che vuole e farsi mettere le tette, ma rimane un maschio perché geneticamente è un maschio”) e delle persone la cui identità di genere differisce dal genere biologico. Ha sparato a zero anche sulle persone con disturbi mentali, dicendo che “una persona che si definisce bigenere potrebbe essere affetta da disturbo bipolare, dovrebbe farsi controllare“.
Una persona che ha un disturbo bipolare può o non può sentire che la sua identità di genere non corrisponde in assoluto, o anche solo in parte, col suo sesso biologico.
Una persona che non sente in assoluto, o anche solo in parte, che la sua identità di genere coincida con il sesso biologico può o non può avere un disturbo bipolare.
Barbareschi dovrebbe limitarsi a parlare di quello che sa, di teatro, invece di usare disturbi mentali come un’offesa verso persone a cui lui non crede e che non capisce. E altrettanto dovrebbe fare con le tematiche di genere.
Le sue affermazioni e convinzioni si avvicinano molto ad idee radicali di destra, e stridono in maniera shoccante con quello che è il pensiero del pubblico e della maggior parte dei programmi di Rai 3.
Allo stesso tempo, questa scelta della Rai mostra quale sia la direzione verso cui va la rete televisiva, per lo più i suoi dirigenti, e forse anche la corona di giornalisti scelti per parlare in conferenza, che accompagnavano con risatine le sue parole.
Il politically correct riguarda tutti noi, tutte le persone che esistono sul pianeta e che sono diverse tra loro. Non riconoscere il politicamente corretto significa non accettare la realtà del mondo.
È costituito da tante persone, che non sono solo persone bianche caucasiche, etero, cisgender, senza diverse abilità, cristiane, e per la maggioranza di sesso maschile. Tutte compongono l’umanità, creano la storia e formano la società. Da sempre.
Ambra Martino
Crediti immagine in evidenza: Assunta Servello, Press kit Ufficio Stampa Rai.