“Io, stupido hegeliano!”
Oggi vi faccio fare la conoscenza di un tale, Soren Kierkegaard, e lascio che si presenti con le sue stesse parole. Siamo agli inizi dell ‘800 e a Copenaghen la famiglia Pedersen-Lund non se la passa granché bene: dei 7 fratelli del nostro sfortunato Soren, ne muoiono ben cinque. Il padre finisce per credere che sul suo tetto gravi una maledizione divina per un’antica colpa (quale non ci è dato sapere) e in casa vige un’atmosfera di religiosità rigida, incentrata su un forte senso del peccato e del rigore. Il nostro ragazzone vien su tormentato da sconosciuti sensi di colpa, introverso, pericolosamente incline alla malinconia ma con una penna alle volte deliziosamente ironica. Dice, parlando di sé:
“Fin dall’infanzia sono preda della forza di un’orribile malinconia, la cui profondità trova la sua vera espressione nella corrispondente capacità di nasconderla sotto apparente serenità e voglia di vivere. “
Inizialmente seguace di Hegel, si pente aspramente, apostrofandosi nelle carte del suo diario come uno stupido hegeliano: l’universale astratto non gli interessa più, riparte dal concreto, dal singolo individuo.
Aut-Aut: scegli chi sei
Kierkegaard è categorico, scegli chi essere: o sei questo o sei quello. Nessuna soluzione di continuità tra un modo di essere e l’altro, nessuno sviluppo necessario. Diamo uno sguardo.
- Stadio estetico (ossia Don Giovanni) : è la vita di chi non sceglie, di chi insegue l’attimo, il piacere, le sensazioni. Don Giovanni è l’esemplificazione per eccellenza: un uomo che si innamora di tremila donne e presto tutte e tremila le dimentica, che vive, senza darsi pensiero, alla giornata. Bene, un uomo così vive in un eterno presente, defraudato del passato e senza possibilità del futuro. In altre parole, non ha durata, per cui non può affermarsi.
- Stadio etico: qui si sceglie di scegliere. L’uomo ha preso su di sé il ruolo di padre, di cittadino, di marito e a questi compiti assolve. Ha una progettualità, si determina e quindi, ahimè, si conosce. E dispera. (Della disperazione, vi parlerò più avanti)
- Stadio religioso: disperato e stanco, l’uomo può dunque saltare nell’assurdo e credere in Dio, ponendo fine ai suoi affanni. Ma, si badi, la fede è uno scandalo, un paradosso: si pensi ad Abramo, disposto ad uccidere il figlio solo perchè crede. Se volessimo giudicarlo seguendo le normali leggi dello stadio etico, dovremmo condannarlo senza appello.
Angoscia e Disperazione
Nella scelta dell’uomo non tutto ovviamente è pacifico ma si devono fare i conti con questi due enormi mostri. Ho fatto cenno prima alla disperazione: quando l’uomo prende consapevolezza di chi sia vorrebbe essere altro da sé ma non può essere altro da quello che già è. O in alternativa, vorrebbe diventare sé e non può, perché è un essere finito e mortale. Tutte le strade portano a Roma ma in questo caso alla disperazione. La soluzione? La fede, come dicevo prima.
Altra cosa è L’angoscia, ossia il sentimento della possibilità. Siamo chiamati a scegliere e scegliere vuol dire che potremmo anche sbagliare. La possibilità del peccato ci dilania ma è anche l’unica cosa che ci permette di determinarci e ci rende umani.
Da Soren abbiamo ancora molto da imparare, e se ancora non vi basta vi lascio nelle mani di un altro mio fido: Artur Schopenhauer.
Serena Garofalo