Si staglia lontano e avvolto dal sole, l’antico castello di Bracciano, meglio noto come castello Orsini Odescalchi. È una delle fortezze più invidiate che il Lazio, che pure ne ha molte, vanta. Meta di molti visitatori ogni anno sia nella stagione calda che nella stagione fredda, questo luogo porta con sé un inequivocabile sentore di Storia.
Le fantasie più fervide però non potranno accontentarsi della neutra trama dei fatti avvenuti: il castello ha racconti anche per voi, più curiosi. Una leggenda nera infatti echeggia tra le sue mura e vede come protagonista la personalità di Isabella de’ Medici.
La fortezza Orsini Odescalchi: il bel castello sulle rive di Bracciano
Siamo nel Medioevo, tredicesimo secolo, quando i prefetti di Vico – che amministrano buona parte della Tuscia- costruiscono qui la loro dimora, simbolo non discutibile del loro potere. Il secondo periodo di commissione, vede il passaggio del testimone dai Vico agli Orsini: è in questo momento che il castello conosce uno dei momenti di massima espansione e cura, vista anche l’importanza crescente di Bracciano sul territorio Locale.
Arriviamo, a metà del cinquecento, ad una terza fase: Paolo Gentilini Orsini volle che la dimora passasse da castello a palazzo gentilizio. Bracciano di lì a poco sarebbe divenuta ducato e lui avrebbe preso in sposa la figlia illustre dei Medici, Isabella.
Per amor di chiarezza, continuiamo brevemente la storia: per un breve periodo ceduto ai Torlonia, il palazzo fu acquistato nuovamente dagli Odescalchi, grazie al fortunato matrimonio tra Sofia Branicka, principessa polacca, e Livio Odescalchi.
Aperto al turismo nel 1952 per volontà dell’ultimo discendente della famiglia, è oggi curato grazie ai fondi dell’associazione a lui dedicata.
La leggenda nera dell’infedele Isabella
Figlia di Cosimo II e, come detto, moglie di Paolo Odescalchi, le dicerie ci parlano d’una donna tormentata e tormentosa. Nelle lunghe attese, in assenza del marito, l’infelice si divertiva ad accogliere tra le sue lenzuola quanti uomini potesse. Questi incontri, diciamo d’amore, avvenivano in quella che oggi è chiamata Sala Rossa, ancor oggi visitabile.
Perché però il suo buon nome non venisse macchiato da questo suo piacevole passatempo, finito l’incontro, lasciava che gli amanti si accomodassero nella sala accanto. Mentre i miseri aspettavano qualcosa di non meglio precisato, cadevano in un pozzo a rasoio che non lasciava di loro alcunché.
Ora, il marito Paolo iniziò a sospettare dell’infedeltà della compagna e, avutone le prove o semplicemente accontentandosi del sospetto, la strangolò con un nastro rosso. Ora, su un fatto così sanguinario, non potevano non sorgere dicerie e leggende: c’è chi la vede, la lamentosa Isabella, aggirarsi ancora per il castello.
Il fatto, in realtà, non ha neanche una validità storica. La verità infatti fu decisamente un’altra ed ha tutto altro sapore. Il carteggio dei due mostra una coppia concorde: furono novelli sposi molto giovani, subito dopo la morte di Cosimo.
Quando il 16 Luglio del 1576 Isabella morì non fu per mano del marito ma per una malattia che la colse ancora giovane.
Walter Scott al castello di Isabella
È il maggio del 1832 quando Walter Scott, autore dell’ Ivanhoe, che in quei tempi soggiornava nella Capitale, decide di recarsi a Bracciano. La strada che al tempo portava alla dimore era impervia e priva di comodità: l’autore, accompagnato da una persona sola, era già anziano e malato e, quando riportò il ricordo di quella salita, lo ammantò di fatica e scomodità.
Ricordò di essere stato colpito dall’aspetto gotico delle torri che l’avevano accolto da lontano. La fantasia dello scrittore, però, dovette essere punta sensibilmente da quel che su quel luogo si raccontava: è facile immaginarlo mentre si tormenta, o è tormentato, dalle storie che, durante la notte, gli giungono alle orecchie dagli echi dei muri.
Quel che però ci è dato sapere che l’indomani, l’uomo che viaggiava con lui, lo trovò già vestito di tutto punto, pronto ad andare e però stranamente sensibile ad ascoltare la storia degli antichi signori di quel maniero.
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Serena Garofalo