Il 25 marzo 2020 si celebra per la prima volta il Dantedì, ossia una giornata interamente dedicata a Dante Alighieri.
A questa data si fa risalire l’inizio del suo viaggio ultraterreno nella Divina Commedia ed erano previsti per la ricorrenza numerosi eventi sul territorio nazionale. Purtroppo, la triste situazione che stiamo vivendo a causa della diffusione del Coronavirus ha determinato l’annullamento delle iniziative. Tuttavia è possibile spostare i festeggiamenti sulla rete; per questo, ad esempio, il Ministero dell’Istruzione invita tutta l’Italia a rispolverare l’opera dalla propria libreria e leggerne un brano a mezzogiorno del Dantedì.
Il Sommo Poeta costituisce il simbolo non soltanto della lingua e della letteratura italiana, ma proprio della nostra identità nazionale. Ricordarlo insieme potrà consolidare il senso di unione dell’intera comunità e aiutarci in questo momento difficile per tutti.
In questi giorni di quarantena si rievocano spesso memorie letterarie relative al Decameron di Boccaccio o ai Promessi Sposi di Manzoni. La ragione è più che ovvia: l’ingombrante e tragica presenza di un’epidemia di peste.
Ma cosa può insegnarci invece la Commedia di Dante Alighieri in questo periodo?
Il bello delle grandi opere d’arte, lo diciamo spesso, è il loro valore universale. Chiunque può leggervi qualcosa che lo riguarda e può trovarvi un sostegno in ogni situazione.
Il Coronavirus ha ormai raggiunto una diffusione mondiale, è una pandemia.
Ogni livello della politica, dell’economia e della società è coinvolto. Eppure non bisogna sottovalutare la dimensione più intima e personale dell’emergenza. Da oltre un mese, siamo discesi nella nostra personale selva oscura. Le nostre tre fiere sono ciò che più ci atterrisce: il timore del contagio, la paura di perdere il lavoro, la preoccupazione per i familiari… Il panico rischia di prendere il sopravvento ed è per questo che dobbiamo affidarci a Virgilio, ossia alla ragione.
La ragione deve essere una guida, in questo momento in cui la maggior parte di noi è privato degli affetti più cari, che spesso ci sembrano l’unica ancora a cui aggrapparci. Non dobbiamo cedere alla disperazione, dobbiamo invece agire nel modo più razionale possibile per la nostra salute e per quella di chi ci sta intorno. Dobbiamo rispettare le regole che ci vengono imposte e nel frattempo andare avanti, per quanto possibile, con le nostre esistenze.
Quando saremo sufficientemente pronti, Beatrice prenderà il posto di Virgilio. Potremo cioè essere aiutati dalla fede, che non deve essere per forza una fede medievale, religiosa, cristiana: ognuno può averne una propria. Piano piano si farà spazio la fiducia che come per Renzo e Lucia, come per l’allegra brigata boccaccesca, questo periodo oscuro finirà.
Dante ci insegna che non è affatto facile tornare a vedere la luce.
È un percorso faticoso e ricco di insidie lungo il quale, probabilmente, scopriremo anche chi sono i “dannati” del nostro tempo. Coloro che, per esempio, anche in questa situazione rimangono sempre (per dirla alla Petrarca stavolta) “al vil guadagno intesi”. Chi diffonde notizie false per il solo gusto di farlo, chi cerca di approfittare dei più deboli, chi vuole farne a tutti i costi una questione politica per screditare i suoi avversari.
Ma pensate che gioia, dopo aver risalito la china, ritrovarsi finalmente in cima! Il paradiso per noi sarà semplicemente tornare ad abbracciare i nostri cari, passeggiare per le vie della nostra città, persino andare a scuola.
Sappiamo che per arrivare a questo è necessario l’impegno di tutta la società e delle istituzioni; medici e infermieri sono costantemente a lavoro, i ricercatori sperimentano cure e vaccini, i governi introducono misure sempre più restrittive per cercare di ridurre il contagio del Covid 19. Eppure non sembra ancora abbastanza.
A cosa serve allora la letteratura? A cosa serve la Divina Commedia adesso?
A dare speranza. Le opere letterarie ci danno la consapevolezza di non essere soli, che qualcuno a distanza di secoli e a chilometri da noi ha provato lo stesso terribile smarrimento e lo ha superato. Tutto questo ci spinge a lottare, a non abbandonarci alla paura di fronte alle fiere, perché prima o poi, ce lo assicura Dante, torneremo a riveder le stelle (e non solo dai balconi di casa).
Inferno Dantesco, XXVI, interpretato da Francesco Fario
Francesca Papa
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