Tik Tok è il social sotto accusa del momento: dopo la morte di una bambina di soli dieci anni per una presunta sfida estrema lanciata sul web, si cerca ancora di fare chiarezza. Nello stesso periodo il Garante per la protezione dei dati personali, in ottemperanza a una normativa europea, ha disposto nei confronti del social il blocco immediato dell’uso dei dati degli utenti per i quali non sia stata accertata con sicurezza l’età anagrafica.
Noi di CulturaMente siamo andati ad intervistare una specialista del settore: Laura Perrini, psicologa e psicoterapeuta, si occupa proprio di bullismo e cyberbullismo.
Dal 2001 la Perrini ha una lunga esperienza con disturbi dovuti alle dipendenze, disturbi d’ansia e attacchi di panico, disturbi ossessivo-compulsivi, disturbi dell’umore, disagio relazionale, problemi di coppia, disagio lavorativo e mobbing, perizie psicologiche su casi di abuso su minori, separazioni, danni psicologici, affido dei minori.
Ha lavorato per circa 10 anni con i detenuti tossicodipendenti prima in carcere e poi in comunità, con minori con grave disagio sociale e il suo interesse attuale è incentrato proprio sui pericoli del web per gli adolescenti.
Dottoressa, cosa pensa di quello che è accaduto alla bimba di Palermo e alla demonizzazione dei social?
Credo che purtroppo l’errore che si sta facendo oggi è quello di criminalizzare Tik Tok mentre bisognerebbe riflettere sull’educazione ai devices che viene data dai genitori e dalla scuola. Oggi i ragazzi e i bambini sono nativi digitali, come è di moda definire la loro familiarità con l’informatica, ma devono essere comunque guidati ed educati.
Come dice la stessa parola e-ducere devono essere condotti a conoscere e a saper prevenire contrastando i pericoli che la rete nasconde.
L’opinione pubblica sta colpevolizzando la presunta assenza dei genitori. Quanto la responsabilità familiare pesa su questa tragica vicenda?
Credo sia inappropriato colpevolizzare i genitori della piccola tacciandoli di mancata vigilanza. Può esserci stata una leggerezza d’insieme ma ritengo che le cose che andrebbero messe in evidenza siano l’importanza sociale che viene data all’apparire e il fatto che per misurare il valore di una persona si utilizza il successo che ha nei social, i like che riesce ad ottenere, le mode che lancia… Un mondo fatto di nulla, di aria, che evapora prima di aver riempito una stanza, dove tutto ciò che davvero conta, in primis l’essere, viene relegato a inutile mentre viene idolatrato l’apparire.
I giovani di oggi non vengono educati alle emozioni, non hanno il controllo degli impulsi perché sono abituati all’immediatezza della risposta: tutto e subito. Per questo non riescono a tollerare le frustrazioni, non comprendono che la loro bellezza sta nella loro testa, nella loro intelligenza, nel loro modo di essere. Nella purezza della loro anima e nella bellezza delle loro ambizioni e sogni.
Cosa direbbe a questa famiglia in un momento così terribile della loro esistenza?
Io li ringrazierei poichè da una disgrazia che ha distrutto la loro vita, oltre che quella della piccola, hanno saputo dare a tutti l’insegnamento che l’amore riesce ad essere forte e a sbocciare anche nel gelo dell’anima donando gli organi della loro figliola che hanno restituito la vita ad altri.
Esiste nel web frequentato dai giovani un modo di “giocare” sano come alternativa a queste aberrazioni?
Per contrastare questo fenomeno è nata in Italia la prima arte marziale digitale: lo Zanshin tech che fonde gli insegnamenti tradizionali delle arti marziali orientali (non violenza, rispetto dell’altro, serena concentrazione, disciplina) con conoscenze tecnologiche tratte dal mondo della cyber security.
Lo Zanshin tech è una tecnica che può essere utilizzata dagli 11 anni in su e insegna a difendersi da fenomeni come cyberbullismo, adescamento ed altre aggressioni digitali. Si tratta di un percorso lungo, svolto in genere un’ora e mezza a settimana in un luogo dotato delle attrezzature necessarie per questa pratica (computer, tavoli, sedie).
Attraverso l’analisi di casi reali e la loro dissezione nelle singole tecniche di attacco utilizzate dall’aggressore, gli allievi imparano a riconoscere i meccanismi interni del cyberbullismo, dell’adescamento e di molte altre aggressioni digitali come le truffe online o il cyberstalking.
La pratica dello Zanshin Tech prevede inoltre molti approfondimenti sulle tecnologie sia hardware (computer, cellulari, tablet, ecc) sia software (programmi da utilizzare per tutelarsi, funzionamento dei singoli social network, ecc) in modo da saper usare le tecnologie prima e meglio di chi può farci del male.
Nei livelli successivi al primo lo Zanshin Tech diventa Peer Education: gli allievi imparano ad insegnare ai più giovani e a collaborare coi maestri più grandi, responsabilizzandosi ed imparando da un lato a prendersi cura dei più piccoli, dall’altro ad insegnare ai grandi le tecnologie che potrebbero non conoscere.
Veramente interessante. Questa tecnica può essere insegnata da professionisti del settore?
Ho studiato come insegnante Zanshin tech e, oltre a svolgere la libera professione occupandomi dal benessere dell’anima e della mente, collaboro nella gestione dei corsi, ad oggi online ovviamente. Questi incontri insegnano questa disciplina per addestrare i giovani e anche i meno giovani a diventare guerrieri digitali, liberando le loro energie in maniera costruttiva.
Quindi la risposta è trovare un linguaggio che possa essere compreso e condiviso dai giovani, avvicinandoci alle loro modalità comunicative?
Sì, cerchiamo di arginare questi fenomeni devastanti che ingombrano la rete e cerchiamo di insegnare, attraverso le loro modalità i valori e le regole. In questo caso le arti marziali insegnano che possiamo trovare la forza in noi stessi e che abbiamo tutti gli strumenti e le capacità per essere, e non solo per apparire.
Antonella Rizzo