Twitter Hack: la sofisticata psicologia che rende ricchi

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Avrete certamente sentito parlare del più grande attacco mai portato su un social media (nella fattispecie Twitter) datato 16 luglio 2020. Qualora così non fosse, ecco una piccola sinossi della truffa online (forse) del secolo per poi imparare, grazie alla psicologia, come difendersi dalle truffe online.

Gli account twitter di Barack Obama, Joe Biden, Kanye West e Kim Kardashian ma anche di marchi come Apple e Uber sono stati compromessi e sulle loro pagine è comparso il seguente messaggio “Raddoppierò tutti i bitcoin che saranno inviati a questo indirizzo. Se mi mandate 1.000 dollari io ve ne restituirò 2.000. Ma solo entro i prossimi 30 minuti”.

Inutile dire che dietro questi messaggi si nascondesse una truffa, che è riuscita a fruttare ai truffatori circa 120 mila dollari prima che Twitter intervenisse.

Come difendersi dalle truffe online come quella di Twitter?

Siamo portati a pensare che chi è caduto nella truffa sia una persona poco intelligente o sprovveduta, in realtà chiunque può cadere in trappole come queste. Esse infatti sono molto più raffinate di quanto non appaia e sfruttano il tipico modo di ragionare degli esseri umani (i.e., quello che ci ha permesso di arrivare ad essere la specie dominante di questo pianeta).
Vediamo nel dettaglio alcune delle leve psicologiche usate da fake news e truffe come questa in modo tale da sviluppare i nostri anticorpi virtuali e quindi sapere come difendersi dalle truffe online.

  1. Il web è una fonte affidabile di informazioni (Lewandowsky, Ecker, Seifert, Schwarz, & Cook, 2012).
    Le persone che utilizzano i nuovi media per informarsi tendono a ritenere più credibili le informazioni reperite sul web. Quindi usare il web per orchestrare una truffa non solo permette di raggiungere più persone con minore sforzo ma sfrutta anche il potenziale di credibilità che questi mezzi hanno.
  2. Il tempo per verificare la notizia è poco (Lewandowsky, Ecker, Seifert, Schwarz, & Cook, 2012).
    Non è un caso che i truffatori abbiano lasciato una finestra di soli 30 minuti per agire. In pochi minuti non è facile reperire tutta l’informazione necessaria ad un ragionamento critico e ponderato. Quando il tempo a disposizione è poco e l’informazione parziale ricorriamo a un tipo di ragionamento euristico (i.e., veloce) che è proprio ciò che i truffatori vogliono che sia utilizzato poiché più prono a bias (i.e., sbagliare).
  3. Le informazioni contrastanti sono irreperibili (Del Vicario et al., 2016).
    In condizioni normali i social media e motori di ricerca come Google già hanno difficoltà nel porre gli individui davanti ad informazioni non in linea con il loro pensiero (si vedano Echo Chamber Effect e Filter Bubble).  Davanti ad un attacco rapido le possibilità di farlo si azzerano anche solo per impossibilità tecnica di aggiornare l’informazione e questo ci induce ancora di più a basarci sul nostro pensiero “rapido”.

  4. La storia è coerente con i miei valori (Lewandowsky, Ecker, Seifert, Schwarz, & Cook, 2012).
    Ogni fake news che si rispetti dice qualcosa di coloro che la prendono per vera, quantomeno di come vorrebbero fosse il loro mondo. La truffa accaduta su Twitter strizza l’occhio alla convinzione che chi ha di più sia più generoso con chi ha di meno.
  5. I VIP e i marchi sono fonti credibili.
    Non è un caso che le aziende investano molti soldi in testimonial e influencers. La reputazione infatti influenza in maniera non banale la presa di decisione delle persone (Duradoni, Gronchi, G., Bocchi, & Guazzini, 2020). Essa diventa infatti una sorta di lubrificante per persuadere le persone. Pertanto, anche in questo caso, i VIP non sono stati scelti solo perché hanno molti follower (e quindi persone da potenzialmente truffare), ma anche per il loro potenziale persuasivo.

Questa ovviamente non è una lista esaustiva di tutti gli effetti coinvolti, ma meglio non esagerare con il dosaggio per stavolta.

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Fonti:

Lewandowsky, S., Ecker, U. K., Seifert, C. M., Schwarz, N., & Cook, J. (2012). Misinformation and its correction: Continued influence and successful debiasing. Psychological science in the public interest13(3), 106-131.

Del Vicario, M., Bessi, A., Zollo, F., Petroni, F., Scala, A., Caldarelli, G., … & Quattrociocchi, W. (2016). The spreading of misinformation online. Proceedings of the National Academy of Sciences113(3), 554-559.

Duradoni, M., Gronchi, G., Bocchi, L., & Guazzini, A. (2020). Reputation matters the most: The reputation inertia effect. Human Behavior and Emerging Technologies2(1), 71-81.

Docente di "Psicologia dei Gruppi e delle Relazioni Sociali" e membro del Virtual Human Dynamics Laboratory (VirtHuLab), presso l'Università degli Studi di Firenze.

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