Due eventi lontani (ma non troppo), uno molto noto, l’altro forse un po’ meno, intrecciano i destini di una dea nuda e un cavallo dagli attributi troppo sporgenti. Cosa c’entra la Venere Capitolina col Cavallo Morente di Messina? E’ la solita barzelletta (tragicomica) all’italiana.
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Trovate le differenze! |
«I geni del cerimoniale che hanno inscatolato quattro statue, peraltro velate, del museo Capitolino sono i degni eredi di un certo modo di essere italiani: senza dignità»
Con questa frase lapidaria il giornalista Massimo Gramellini ha infiammato gli animi di molti italiani, già personalmente sconvolti dalla notizia della copertura dei nudi ai Musei Capitolini. La censura delle statue sarebbe un omaggio per l’arrivo in Campidoglio del presidente iraniano Hassan Rohani, un segno di “rispetto” nei confronti di una cultura che, diciamo così, non vive la nudità troppo a cuor leggero.
Io in prima persona sono rimasta scandalizzata, e ho iniziato a pensare che forse l’Italia, portatrice di una storia impareggiabile, è stata talmente tanto calpestata e dominata dal cosiddetto piè straniero, che forse ha dimenticato la valenza della propria cultura. Cultura che, peraltro, rende il nostro piccolo Stivale, famoso in tutto il mondo.
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La Venere Capitolina e il Cavallo Morente |
Coprire tali nudi artistici, frutto di un genio che è sopravvissuto a secoli di storia, è un’iniziativa, tra l’altro, di cui nessuno vuole prendersi la responsabilità. Dal ministro Franceschini che definisce lui e il presidente del Consiglio Renzi ignari del provvedimento, alla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, che suggerisce invece di chiedere le risposte a Palazzo Chigi.
Mentre il giallo continua, mi piacerebbe sottoporre alla vostra attenzione un fatto relativo al 2013, verificatosi a Catania: durante una processione dei devoti alla Madonna del Carmine il cavallo di Piazza Umberto, realizzato da Francesco Messina di Linguaglossa, è stato coperto. O meglio, sono stati coperti i suoi attributi da “stallone” e poi tutta l’opera con dei drappi, realizzando un altare perfetto.
Politici e devoti, culture diverse da “rispettare” e statue “profane” da coprire. C’è differenza tra questi gesti? E’ un’iniziativa così strana quella presa dai vertici dello Stato o è solo il riflesso di una forma mentis che non vogliamo vedere?
E dunque, se l’analogia continua e i nostri politici hanno bisogno di oscurare alcuni ridicoli tabù tanto quanto i più integerrimi cattolici, dobbiamo forse guardare Hassan Rohani come figura celeste da venerare, che arriva nel nostro Paese con un “dono” di 17 miliardi?
Il messaggio a questo punto non sembra più tanto oscuro: donne, prepariamoci a portare il velo. Quello mette d’accordo tutti, basta che copre.
Alessia Pizzi