Un sogno nel cassetto da più di trent’anni si è coronato con un grande successo dei Soul Peanuts 2.0 al Cotton Club.
La band, composta da undici elementi, ha entusiasmato il pubblico venerdì 4 novembre con ritmi jazz e soul anni ’70 e ’80 in una serata all’insegna del divertimento e del ballo.
La musica usciva dalle scale ripide di questo locale un po’ retrò nel Quartiere Trieste di Roma, sono arrivata a concerto appena iniziato e il ritmo che si udiva dall’esterno mi trascinava come un vortice giù nello scantinato dal gusto americano avvolgendomi come un abbraccio. All’interno gente che ballava spensierata, chic ed elegante, altri seduti ai tavolini seguivano il tempo con il piede o con le mani, coppie innamorate rapite dal ritmo. La band in fondo alla sala, in prima fila i fiati e i cantanti, più indietro la batteria, il basso e le tastiere sprigionavano energia e musica com’è raro poter ascoltare.
Lo spazio ridotto ma capiente ha contribuito all’effetto scenografico mentre il sax, la tromba e il trombone luccicanti nel loro splendore vibravano alle note di Anita Baker, George Benson, Kool&The Gang e degli Eart Wind & Fire.
Sulle pareti le immagini proiettate con i protagonisti dei brani musicali, foto vecchie e moderne che oltre ad aver arricchito il locale, stimolavano un altro senso: la vista, calando lo spettatore in un revival intenso e completo. L’idea geniale e azzeccatissima, unica nel suo genere, è stata sperimentata solo nella grande mela, al NUBLU (East Village) di New York anche se a Roma è stata più completa e selezionata. Il creatore e Visual Manager Luca Raviele con un lavoro accurato e preciso ha scelto circa 500 immagini da proiettare a tema, quasi un commento dei brani, creando un effetto in sintonia con quello che suonava la band. A completare il gruppo le tre voci (Giorgia Creatura, Chiara Violano e Alessandro Frosi), le cui donne eleganti, raffinate e sexy in prima fila impreziosivano l’atmosfera, mentre Michael Coal (il leader del gruppo) alla batteria ha entusiasmato il pubblico con un assolo del brano “Do I Do” di Stevie Wonder.
Michael Coal, aveva questo sogno da anni ma la decisione, maturata dentro di lui, ha preso forma solo quando ha trovato persone con una preparazione di alto livello per poter sostenere un repertorio così importante.
“Due anni fa ho deciso di provare, non mi sono fatto intimidire dalle disavventure che potevano intralciare il mio cammino, alcune persone sono entrate e altre sono uscite dal gruppo, adesso ho trovato musicisti stabili e il SOUND, il sapore e il colore giusti. Bisogna fare ancora molta sperimentazione, ma c’è intesa, feeling e una buona cultura musicale oltre alla passione e all’amore” dichiara Michael “Il nome di Soul Peanuts 2.0 l’ho scelto giocando con una canzone di Dizzy Gillespie Salt Peanuts degli anni ‘50 volendo ricordare il jazz e rhythm and blues.
Soul che vuol dire anima, è una parola che riguarda la musica afro- americana e racconta nelle sue note e nei testi tutte la vicende del popolo nero, il periodo di Martin Luther King a cavallo tra gli anni ’60-‘ 70 e le rivendicazioni dei diritti umani, la musica fatta dai neri e proposta dai neri.
Peanuts noccioline di Soul, pillole di anima, perché vogliamo esprimere i nostri sentimenti anche se non siamo afroamericani ma condividiamo lo stesso modo di veder il mondo e la vita e questo non dipende dal colore della pelle”
Alla fine del concerto abbiamo intervistato una delle vocalist, Giorgia Creatura, in arte Honey, che ha eseguito uno splendido assolo di Chaka Khan “I’m Every Woman”, le abbiamo chiesto della sua esperienza ventennale e del suo percorso artistico: “Ho iniziato a cantare da piccola Barbra Stresaind, Chaka Khan, Stevie Wonder e Diane Schuur la pianista statunitense non vedente. Poi negli anni ’90 ho studiato alla scuola di Toni Armetta il jazz e l’impostazione.
Il cantante deve essere un musicista, la tecnica è importante, ho basato il mio lavoro anche sul metodo americano VoiceCraft che si basa sullo studio dell’anatomia e su esercizi di movimento della laringe. La mia attrazione è tutta concentrata sul soul jazz, Anita Baker “Been so long” (ride e comincia a cantarne la melodia), l’importante in un gruppo è la sintonia, fidarsi uno dell’altro e non prevaricarsi mai. Abbiamo fatto poche prove ma molto professionali. È da tanto che volevo una band così grande perché così possiamo fare a turni i solisti e i coristi ognuno ha il suo spazio e può anche supportare gli altri ed è un ottimo esercizio che rende il lavoro ancora più stimolante”.
Gli altri elementi della band sono al basso David Pintaldi, alla chitarra elettrica Marco Ortame, al piano Diego Calcagno e un abilissimo percussionista Daniele Leucci che ha suonato recentemente con gli Chic a Piazza del popolo, Pietro Pellegrini il trombettista, Roberto Guadagno al sax ed Elisabetta Mattei giovane trombonista proveniente dalla scuola jazz dell’auditorium di Roma.
Durante il concerto c’è stato uno spazio per far risaltare tutti i musicisti con degli assoli e questo ha dato il ritmo e il coinvolgimento giusto al pubblico lasciando una voglia di bis insoddisfatta.
Sara Cacciarini