Uno spettacolo che fa rivivere il grande cantautore genovese: la magia dei testi e della musica di Faber trovano in Marcorè un ottimo interprete, capace di coinvolgere il pubblico e toccare tutte le corde delle emozioni.
Il Teatro Celebrazioni di Bologna è quasi pieno quando sul palcoscenico salgono Neri Marcorè, i musicisti dello GnuQuartet, le coriste, il percussionista Simone Talone e il chitarrista Domenico Mariorenzi.
Come una specie di sorriso, lo spettacolo che è finalmente arrivato anche nel capoluogo emiliano il 16 novembre, regala una serata di fortissime emozioni al pubblico in sala. La gente applaude, canta e porta il ritmo di una scaletta insolita. Mancano alcuni “grandi classici”, infatti, per lasciare spazio a pezzi appena meno conosciuti, seppure altrettanto ricchi, a livello musicale e di significato.
Rimini, per esempio: un legame geografico con la felliniana provincia romagnola. Ci si sposta a Bologna, poi, il giorno della Strage del 2 agosto, a cui si ispira una delle strofe di Se ti tagliassero a pezzetti. Con il supporto di una formidabile squadra di musicisti e l’arrangiamento di Stefano Cabrera, Marcorè si muove agilmente nel repertorio di Fabrizio De André. Le sue doti emergono anche quando si cimenta con il dialetto genovese: Crêuza de mä è forse uno dei pezzi più riusciti della serata, o meglio, è una vera perla che impreziosisce le due ore circa di performance.
La straordinaria produzione di Fabrizio De Andrè ha come denominatore comune il non essere mai banale, mai scontata. Forse anche grazie alla capacità del cantautore di fare qualcosa che oggi non è molto di moda: mettersi nei panni degli altri. Senza mai giudicare, senza mai puntare il dito.
È ciò che accade in Bocca di rosa, per esempio, uno dei pezzi più famosi presenti in scaletta, in un’esecuzione affidata alle due coriste Flavia Barbacetto e Angelica Dettori. La tolleranza, la diversità, vera o presunta, la discriminazione, sono però anche i presupposti di un capolavoro come Khorakhanè (A forza di essere vento), preceduto da un momento di riflessione. Marcoré sottolinea infatti l’importanza di riscoprire il cantautore genovese in questi “tempi bui”, in un momento storico di estrema chiusura mentale, per molti, di egoismi e prevaricazione.
E certo ne avrebbe da dire, Faber, se fosse ancora qui a regalarci le sue canzoni. Probabilmente, troverebbe ancora una volta le parole giuste, sempre, però, con la consapevolezza e l’umiltà di non “raccogliere in bocca il punto di vista di Dio”.
Nello spettacolo prodotto da Mauro Diazzi, Nerì Marcoré, già acclamato come attore di fiction e di teatro, veste perfettamente il ruolo di interprete. Fa passare il messaggio e la bellezza dei pezzi di De André senza tradirli. Operazione purtroppo difficile, data la grandezza del personaggio, ma possibile anche grazie alla bravura dello GnuQuartet: Stefano Cabrera al violoncello, Roberto Izzo al violino, Raffaele Rebaudengo alla viola e Francesca Rapetti al flauto.
E anche l’attesa del bus al freddo di via Saragozza diventa un piacere, in una serata come questa. Nessuno è impaziente, nessuno è nervoso. Tutti ripensano allo spettacolo, canticchiano Il Pescatore, il pezzo di chiusura, e salgono sul 20 con una specie di sorriso. È la magia della musica, che, per fortuna, ogni tanto entra nelle nostre giornate. Attraverso le parole e le note di quelli che ne hanno scritto la storia, tocca l’anima e il cuore nel profondo.
Erica Di Cillo
Come una specie di sorriso. Neri Marcorè canta Fabrizio De Andrè