#MusicaRivista si fa psichedelica grazie a Funkadelic e Herbie Hancock

Maggot Brain
Cover di Maggot Brain.

La rubrica di questo mese presenta gli album di due artisti che hanno segnato generazioni di artisti grazie al loro sound rivoluzionario ed evocativo, Maggot Brain e Head Hunters.

Ci troviamo agli inizi degli anni ’70. I moti giovanili rivoluzionari che qualche anno prima imperversavano per le strade si erano da poco placati, la cultura hippie era ormai radicata. La morte di Jimi Hendrix e Janis Joplin nello stesso anno rischiava di lasciare un grosso vuoto. Fortunatamente non è stato così. L’enorme onda “pop” (e già, al tempo quella era tutta musica pop!) continuava a propagarsi e influenzare gli artisti più diversi. Tra le innumerevoli perle dell’epoca, però, ho scelto di presentarne due particolarmente preziose: Maggot Brain dei Funkadelic e Head Hunters di Herbie Hancock.

Maggot Brain (1971) – Funkadelic

Questo è uno di quei classici album che non si può fare a meno di ascoltare a ripetizione, consumando vinile o cd che sia. Maggot Brain è semplicemente un miracolo del funk psichedelico, misto a rock e soul.

 A renderlo così speciale è la carica emotiva, l’energia che riesce a infondere nell’ascoltatore. Il suono pieno, ricco passa dalle orecchie al cervello dandoci un assaggio dei gloriosi anni musicali nei quali è nato.

Dall’organico dei Funkadelic, che dopo l’album ha subito grossi cambiamenti, spiccano il leader George Clinton e il lead guitarist Eddie Hazel. Delle sette tracce, invece, a lasciare il segno più evidente sono la title track “Maggot Brain”, una lunga session strumentale, e “Super Stupid”, una canzone vibrante che ha come protagonista un drogato.

Tra i vari artisti ispiratisi al sound e alla psichedelia dell’album c’è addirittura John Frusciante, che nel suo The Empyrean apre con “Before the Beginning”, una sorta di riproposizione di Maggot Brain.

Head Hunters (1973) – Herbie Hancock

Head Hunters
Cover di Head Hunters.

Head Hunters si colloca in uno scenario differente da quello di Maggot Brain. L’album, l’undicesimo di Hancock, è infatti visto come la “svolta jazz” dell’artista. Il pianista di Chicago decise nel ’74 di costruire un super ensemble di musicisti per dar vita ad una sperimentazione Funk-jazz. La scelta si è rivelata non solo vincente ma leggendaria!

A dominare durante tutto l’LP sono ovviamente i synth di Hancock che sono capaci di dare ritmo e al contempo colore alle tracce. Il lavoro di arricchimento del suono degli altri componenti della band rende il tutto raffinato e mind blowing. Alle percussioni abbiamo Harvey Mason, al basso Paul Jackson e Bennie Maupin, che come Hancock si era affermato grazie a Miles Davis.

La track più famosa e incisiva delle quattro appartenenti a Head Hunters è sicuramente la prima, “Chameleon”. È una sessione di quindici minuti circa, durante la quale ai synth di Hancock, che fanno da linea guida, si avviluppano progressivamente tutti gli altri strumenti. Il risultato è una canzone di rara qualità che fonde alla perfezione il funk al jazz.

#MusicaRivista vi dà appuntamento al prossimo mese! Il precedente articolo è disponibile qui.

Gianclaudio Celia

@Gian_Celia

Musicista e fotografo. Ha una insana passione per la musica live.

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