In occasione del compleanno di Madonna venti sue canzoni che meriterebbero di essere molto più famose
La discografia di Madonna è disseminata di perle non troppo conosciute. Brani mai stati singoli, che godono del favore dei fan ma che per vari motivi non sono stati scelti in tal senso. A prescindere dalle ragioni, discografiche e non, di questa decisione ecco una selezione dei venti tra i più notevoli.
Indice
“Spanish Eyes” aka “Pray for Spanish Eyes”
Madonna torna musicalmente nei luoghi de “La Isla Bonita”, tanto da essere accompagnata dalla voce di colui che nel video tentava di sedurla suonando la chitarra sotto la sua finestra: Marcos Loya. Non ci troviamo più, però, dove il sole scalda la terra, non ci sono preoccupazioni e i ragazzi si amano: l’atmosfera è epica, la voce dolente, le parole disperatamente speranzose. È stato scritto che il brano rappresenti una metafora dell’epidemia di HIV e delle morti per AIDS ma a riguardo non c’è mai stata una conferma. Più verosimilmente lo scenario è quello di una guerra civile: il titolo porterebbe a pensare a quella spagnola, che condusse alla dittatura franchista. Una donna prega per la salvezza del suo uomo e la voce di Madonna non è mai stata più espressiva.
“Where Life Begin”
In quell’album tanto osannato alla sua uscita quanto apprezzato dal pubblico solo molto dopo che risponde al nome di “Erotica” trova spazio uno dei brani più sessualmente intelligenti di Madonna: un’ode al cunnilingus e, più in generale, al dare piacere a una donna. Il tutto condito da arguti giochi di parole scanditi dall’eccellente coproduzione di Andre Betts.
“Waiting”
Ancora una volta il duo Madonna/ Betts dà vita a una tra le gemme nascoste di “Erotica”: una donna trascurata e gelosa dichiara tutto il suo desiderio frustrato. Tra citazioni subliminali di “Sidewalk Talk” di Jellybean Benitez e “Each Time You Break My Heart” di Nick Kamen – entrambe da lei scritte e dove appare come corista – Madonna rivela un lato più fragile di sé, senza mai dipingersi come una vittima. Prova ne è la geniale chiusa «next time you want pussy, Just look in the mirror baby».
“Forbidden Love”
Ulteriore frutto della collaborazione con Babyface: forse meno commerciale di “Take A Bow”, sicuramente più sensuale, anche grazie alla coproduzione di Nellee Hooper. Inspiegabilmente, qualche anno dopo la cantante intitolerà allo stesso modo una canzone contenuta in “Confessions On A Dance Floor”: qui, però, siamo in un territorio elegantemente R&B. Il consiglio è di indossare un paio di cuffie e non perdere nemmeno uno dei sussurri con cui Babyface si intreccia nelle strofe all’invitante cantato di Madonna. La morale? «Rejection (Love without doubt) Is the greatest aphrodisiac».
“Sanctuary”
Canzone che, in qualche modo, anticipa le sonorità di “Ray Of Light”. È cofirmata da Anne Preven e Scott Cutler della band Ednaswap: per capirci, gli autori di quella “Torn” la cui fortuna verrà sancita dalla versione che ne farà Natalie Imbruglia. Tra gli autori appare anche Herbie Hancock per via del sample di “Watermelon Man”. Si apre con una citazione di “Vocalism”, poesia di Walt Whitman contenuta in “Leaves Of Grass”, opera che tornerà altre volte nel brano.
“Skin”
Tra le cose più sperimentali mai generate da Madonna insieme a quel genio di William Orbit, arricchita dal contributo di Marius de Vries e forte dello zampino di Patrick Leonard, “Skin” si caratterizza per un cantato languido steso su un tappeto di potente elettronica e sample etnici: un vero e proprio viaggio intorno al mondo della seduzione.
“To Have And Not To Hold”
Dichiaratamente ispirata a “Berimbau” di Astrud Gilberto, si può annoverare tra le canzoni più belle e meno famose all’interno di quel capolavoro che è “Ray Of Light”: un’amara riflessione sulla responsabilità di chi ama non ricambiato. Il ritornello è intramezzato dal sussurro «abahu purusakaram» quinto tra i versi del tradizionale “Ashtanga Yoga Opening Chant” che si riferisce al riunire in maniera armoniosa la natura divina e quella animale, entrambe presenti nell’uomo.
“Mer Girl”
Pochissimi strumenti per questa spettrale riflessione: a partire dal trauma infantile per la scomparsa della propria madre, Madonna ripercorre in maniera fantasmagorica le tappe della propria crescita interiore con dei picchi poetici assolutamente inaspettati. Arrivando a contemplare la propria morte confrontandola con il cadavere in decomposizione di colei che l’ha generata.
“Time Stood Still”
Sulla carta “Sai Che C’è Di Nuovo? (The Next Best Thing)” aveva tutti i numeri, compreso Rupert Everett, per essere un’eccellente commedia alla “Il Matrimonio Del Mio Migliore Amico”. Il risultato, invece, è abbastanza terribile. Di buono, però, oltre alla notevole cover di “American Pie” c’è questo gioiello di ballata: un testo dolceamaro sulla fine di una storia in cui si è molto amato incontra felicemente il tipico sound di William Orbit. E le lezioni di canto per prepararsi a “Evita” non daranno mai un frutto migliore.
“Paradise (Not for Me)”
Prima collaborazione tra la Ciccone e Mirwais Ahmadzaï, è un assaggio dell’innovativo sound con cui la cantante decide di salutare il nuovo millennio. Un po’ ispirandosi a Jane Birkin, un po’ giocando con Edith Piaf, Madonna continua a indagare dentro di sé immergendosi in uno degli arrangiamenti più arditi e migliori della sua intera discografia.
“Gone”
Breve ballata capace di cucire insieme classiche atmosfere folk e visionarie soluzioni elettroniche, “Gone” ha in più il pregio di un testo che andrebbe ripetuto come un mantra quando si chiude una storia d’amore: analisi disincantata, assunzione di responsabilità, presa di coscienza del bisogno di andar via prima di compromettere definitivamente la propria essenza. Perché nessun legame può permettersi un prezzo così alto.
“Easy Ride”
A chiudere il controverso “American Life” c’è una straordinaria ballata in cui Madonna, vulnerabile nella sua sincerità come non capitava dai tempi di “Like A Prayer”, rivela paure e desideri. Gli archi, arrangiati e diretti da Michel Colombier, sono eccellenti ma è quando arriva Mirwais Ahmadzaï a calcare la mano sul finale che “Easy Ride” finisce dritta nell’iperuranio delle più belle canzoni dell’artista italoamericana.
“Isaac”
Anche quando Madonna non cerca la polemica, eccola arrivare puntualmente: fin dalla pubblicazione del titolo, questa canzone è stata oggetto di accese speculazioni. Un gruppo di rabbini, infatti, senza averla mai sentita riteneva trattasse di Isaac Luria Ashkenazi: celebre e rinomato kabbalista del XVI secolo. In realtà il titolo è un omaggio a uno dei suoi insegnanti di kabbala dell’epoca: Yitzhak Sinwani. La cui splendida voce farà sì che Madonna non si limiti a registrarlo e, di fatto, dedicargli un brano in “Confessions On A Dance Floor” ma lo vorrà a duettare con sé dal vivo nel fortunatissimo “Confessions Tour”.
“Like It Or Not”
Vero e proprio manifesto del “Madonna Pensiero”: dal paragone ad altre celebri e discusse figure femminili al rivendicare il proprio diritto ad autodeterminarsi, senza mai chiedere scusa per chi si è. La si ami o la si odi, la Ciccone non arretrerà di un passo. Il tutto dichiarato con un ritmo irresistibile.
“Devil Wouldn’t Recognize You”
Brano scritto insieme al cognato Joe Henry – la cui firma è presente in brani come “Don’t Tell Me”, “Jump” e, in seguito, “Falling Free” – di cui si inizia a vociferare sin dal 2004 e il cui debutto è a un passo dal tenersi all’interno della scaletta del “Re-Invention Tour”: purtroppo, invece, verrà pubblicato all’interno di “Hard Candy” affidando la sua costesura e coproduzione al duo Timbaland/Timberlake. Questo rischia di relegarla musicalmente a una sorta di “Cry Me A River” II ma “Devil Wouldn’t Recognize You” ha parole e melodie così belle da sfuggire a una simile insidia. Risultato, a ragione, tra le canzoni preferite da Madonna stessa.
“Love Spent”
William Orbit cofirma e coproduce uno dei pochi brani salvabili da quell’accozzaglia di tentativi di seguire le ultime tendenze musicali che è “MDNA”, arrivando persino a giocare citando con fare quasi iconoclastico una hit come “Hung Up”. Pubblicata in una più ispirata versione acustica all’interno della deluxe edition per iTunes Store, “Love Spent” è una dura invettiva contro l’ormai ex marito Guy Ritchie.
“Falling Free”
Ancora William Orbit, ancora Joe Henry, ancora Guy Ritchie a chiudere la regular edition di “MDNA”: Madonna alla chitarra per una tra le canzoni melodicamente più riuscite della sua carriera. Ascesa e rovina di una storia d’amore dove immagini divine e caratteristiche personali si incrociano per poi perdersi al termine di un rapporto la cui fine è inevitabilmente sancita dallo smettere di porsi domande.
“Beautiful Killer”
Relegata alla deluxe edition di “MDNA” questa perfetta canzone pop è quanto di meno trito Madonna sia riuscita a produrre insieme a Martin Solveig. Lontana dalle citazioni pedisseque di “Hello”, al contrario di “Give Me All Your Luvin” o “Turn Up The Radio”, “Beautiful Killer” gioca con la fascinazione di Madonna per il cinema francese e, in particolare, con l’attore Alain Delon. E non è difficile vedere nel riferimento alla pistola, che compare anche altrove nella produzione della Ciccone dell’epoca, un riferimento alla filmografia e all’immaginario cinematografico dell’ex marito.
“HeartBreakCity”
Per la prima volta nella sua discografia Madonna si dichiara pentita di una relazione intrapresa: per farlo opta per una classica ballata pop, arricchita da un cantato convincente e da un robusto coro. Pare tratti la fine della relazione con il ballerino Brahim Zaibat, cosa possibilissima visto il tono sdegnoso e un po’ altero che pervade l’intera composizione.
“Messiah”
Ancora una volta una tra le canzoni migliori dell’album, in questo caso il confusionario “Rebel Heart”, finisce relegata alla deluxe edition dopo esser stata a lungo teaserata sui social. Qui, però, c’è da gridare all’eresia perché “Messiah” ha tutte le carte in regola per essere un ottimo singolo: archi in gran spolvero diretti da Abel Korzeniowski, un arrangiamento classico ma contemporaneo, un cantato a metà tra la preghiera e la formula magica. Peccato che, a furia di seguire le mode invece di dettarle come un tempo, Madonna pare aver smarrito se stessa anche musicalmente.
Cristian Pandolfino
Credits: © Pascal Mannaerts / www.parcheminsdailleurs.com