Lo scorso 15 marzo si è tenuta all’Auditorium Parco della Musica, l’esecuzione delle Variazioni Goldberg di Bach eseguite dalla giovane pianista ventitreenne Beatrice Rana.
Beatrice entra nella Sala Petrassi con un lungo abito rosso dai colori sfumati, ha una compostezza elegante e raffinata.
Statuaria durante la performance, con le mani, ognuna autonoma, e una concentrazione intima, come se assistessimo ad un’esecuzione privata. Il gioco di mani, poi una sola, poi subentra la seconda quasi a volerla prevaricare con un gioco armonico-melodico incantano la platea.
Le variazioni Goldberg richiedono notevoli capacità esecutive, completamente rispettate, mantenere tanto tempo un’esecuzione con un ritmo così intenso denota un’ottima preparazione anche se a volte la concentrazione crea poca empatia. Come dichiara Beatrice:
[dt_quote type=”blockquote” font_size=”big” animation=”none” background=”plain”]“E’ un’avventura di estremo impegno sotto il profilo della concentrazione, non è possibile lasciarsi andare a un calo nemmeno per un minuto durante tutti i settantacinque minuti. Sul piano fisico ho dovuto subito abituarmi a contrastare il mal di schiena. Le Variazioni non sono musica esclusivamente pianistica, si tratta di musica assoluta, che passa soltanto per le mani e che richiede un atteggiamento disumano matematico”.[/dt_quote]
Le Variazioni Goldberg BWV 988 devono il loro titolo a un aneddoto contenuto nella prima biografia di Johann Sebastian Bach, pubblicata nel 1802 da Johann Nikolaus Forkel (1749-1818).
[dt_quote type=”pullquote” layout=”right” font_size=”big” animation=”none” size=”1″]«Il Conte soffriva sovente d’insonnia, e Goldberg, che viveva in casa sua, doveva distrarlo, in simili occasioni, durante le ore notturne, suonando per lui in una stanza attigua alla sua. Una volta il Conte disse a Bach che gli sarebbe molto piaciuto avere da lui alcuni pezzi da far suonare al suo Goldberg, che fossero insieme delicati e spiritosi, così da poter distrarre le sue notti insonni. Bach concluse che il miglior modo per accontentare questo desiderio fosse scrivere delle Variazioni, un genere che fino allora non aveva considerato con molto favore per via dell’armonia di base, sempre uguale. Sotto le sue mani, anche queste Variazioni divennero modelli assoluti dell’arte, come tutte le sue opere di quest’epoca. Il Conte prese a chiamarle, da allora, le ‘sue’ Variazioni. Non si stancò mai di ascoltarle e, per lungo tempo, quando gli capitava una notte insonne, chiamava: “Caro Goldberg, suonami un po’ le mie Variazioni”. Mai Bach fu ricompensato tanto per un’opera come in questo caso: il Conte gli diede in dono un calice pieno di 100 Luigi d’oro. Ma tale opera d’arte non sarebbe stata pagata adeguatamente nemmeno se il premio fosse stato mille volte più grande»[/dt_quote]
La complessità delle Variazioni mi ha portato a doverle far sedimentare dentro di me. Sono difficili al primo ascolto, ma poi non ti stanchi mai. La musica è sfuggente e imprendibile, e qui sta il suo fascino: oltre al rigore matematico, è rigogliosa (come un’opera di Gaudì) e dà pieno godimento durante l’ascolto.
Non si riesce a cantare questa musica (a parte l’aria iniziale) creata per clavicembalo. Nell’interpretazione è necessario far sentire le diverse voci in modo chiaro e indipendente, a questo scopo l’esecutore aumenta o diminuisce il volume di questa o quella voce per metterla in evidenza, Beatrice è riuscita perfettamente nell’intento incantando tutto il pubblico della Sala Petrassi con un soffio di Variazioni Goldberg.
Sara Cacciarini