L’Anna Bolena di Gaetano Donizetti c’impone di riflettere sulla difficoltà di essere donna
Sono sicuro che l’allora trentatreenne Gaetano Donizetti ed il suo librettista Felice Romani, durante la composizione dell’Anna Bolena nel lontano 1830, avessero capito quanto questo personaggio era e sarebbe stato attuale nel futuro.
Anna Bolena lotta per essere donna. La triste storia romanzata della sfortunata regina inglese, moglie del perfido Enrico VIII, è ancora attuale. Vuole amare, essere rispettata, cerca il suo essere donna, ma troverà solo la morte. In questi periodi, dove la donna viene spesso maltrattata, serve conoscere queste storie, ed è interessante che il Teatro dell’Opera di Roma abbia deciso di creare una nuova produzione di quest’opera, andata in scena nel teatro capitolino solo nel 1977 e nel 1979.
Quant’è difficile amare…..
La corte inglese sta vivendo un momento di crisi. Enrico VIII non ama più Anna Bolena, ma nel suo cuore vi è un’altra donna. Si tratta di Giovanna Seymour, ancella della regina, divisa tra l’amore per il re ed il rispetto e l’amicizia che deve alla sua signora. Anna è disperata, dolente, chiusa nel suo dolore. Si confida con Giovanna, non sapendo che ella sia la favorita del re. Intanto, nel giardino del castello di Windsor, Lord Rochefort, fratello di Anna Bolena, incontra Sir Riccardo Percy, in esilio per ordine di Enrico VIII da dopo le nozze con Anna Bolena. Egli rientra in quanto è stato perdonato dal re. Percy vuole riconquistare l’amore di Anna, perduto per mettersi con il re. Al primo incontro la passione riesplode.
In un secondo incontro, Anna rifiuta di legarsi sentimentalmente di nuovo a Percy, in quanto sua regina. Al momento in cui il giovane estrae la spada per suicidarsi, il paggio Smeton, che partecipa a questa scena in quanto segretamente innamorato della signora, interviene per salvare la sua regina da quello che pensa sia un omicidio. Il rumore richiama tutta la folla e soprattutto Enrico VIII. Il re accusa Anna Bolena di adulterio, accusa tra l’altro avvalorata anche dal ritratto della regina che Smeton custodiva e lascia incautamente cadere. Il perdono di Percy era parte di un piano ordito dal re, che Giovanna Seymour tenta di scongiurare, per riavvicinare Anna a Percy per poterla ripudiare. Anna, Percy e Smeton vengono arrestati.
Anna si chiude sempre di più nel suo dolore. Giovanna, lacerata dai conflitti, confessa di essere lei la nuova favorita del re. Hervey, fido del re, fa credere a tutti che Smeton, pensando di poter salvare la sua amata, ha confessato l’adulterio. Anna va incontro al suo triste destino, perdona la nuova coppia e muore tra le braccia delle sue damigelle, mentre Smeton, Percy e Rochefort, considerato complice della sorella, sono condotti al patibolo.
……. ma anche essere donna

Tutto è estremamente attuale. Anna Bolena rappresenta qualsiasi donna che non riesce ad essere rispettata in quanto tale, rappresenta tutte quelle donne vittime della sopraffazione degli uomini. La musica di Gaetano Donizetti crea quest’aspetto cupo, dominato dalla morte incombente, elemento sottolineato perfettamente dalla direzione di Riccardo Frizza, che ha presentato l’opera nell’edizione integrale, e dall’Orchestra e dal Coro del Teatro dell’Opera di Roma, dando anche risalto all’aspetto baldanzoso quando serviva, soprattutto nel finale primo Ah, segnata è la mia sorte.
Maria Agresta, al suo debutto con Anna Bolena, ha centrato in pieno l’obiettivo. La sua creatura, forte ma debole alle stesso tempo, è una donna che vuole semplicemente amare, essere felice, in una parola “vivere”. La giovane soprano salernitana ha fornito una prova in crescendo (a parte una nota incidentata nella cabaletta finale Coppia iniqua), arrivando alla vetta del suo personaggio, cioè la famosa aria Al dolce guidami castel natio, con un’interpretazione che rimarrà nel nostro memoria per anni.
Carmela Remigio come Giovanna Seymour era la sua perfetta controparte. Rappresentava in maniera ideale una donna innamorata ma anche lacerata dai sensi di colpa, sconvolta dalla brutalità del trattamento rivolto ad un’altra donna. L’acme della sua prova è stato il bellissimo duetto tra Anna e Giovanna Sul suo capo aggravi un Dio, in cui Giovanna confessa le sua colpa.
Alex Esposito è stato un Enrico VIII cinico, calcolatore, egoista, perfido e calcolatore, così come René Barbera aveva nella voce il timbro giovanile perfetto per il ruolo di Percy. Si tratta di uno dei ruoli più difficili da cantare, è pieno di acuti (scritto per Giovanni Battista Rubini, una delle voci più acute della sua epoca), e Barbera ha affrontato tutto con spavalderia, soprattutto la terribile cabaletta Nel veder la tua costanza.
Molto belle le voci di Martina Belli come Smeton, Nicola Pamio come Hervey e Andrii Ganchuk come Lord Rochefort.
Incursioni metafisiche
La regia di Andrea De Rosa, coadiuvata dalle scene di Luigi Ferrigno e Sergio Tramonti, dai costumi di Ursula Patzak e dalle luci di Enrico Bagnoli, poneva l’accento sul dramma interiore della protagonista, scavandone a fondo la personalità. Le stesse prigioni, posizionate nel centro delle scene, adeguatamente piccole, creavano un effetto claustrofobico. Il continuo salire e scendere da esse delle due protagoniste nel secondo atto era però, ad onor del vero, un effetto alla lunga fastidioso.
La parte della regia che destava maggiori perplessità era la caratterizzazione di Giovanna Seymour. Vederla ilare all’inizio con il re e partecipare con lo stesso alla morte dei protagonisti, e quindi anche di Anna Bolena, non rendeva bene l’aspetto principale di questo personaggio, cioè il rimorso ed il fatto che lei tenta di scongiurare la scellerata fine.
Resta però sempre Donizetti, il suo genio ed il dramma di essere donne.
Marco Rossi
(Nella foto di copertina si vede Maria Agresta (Anna Bolena) in carcere)
(Foto di Yasuko Kageyama – Anna Bolena – Teatro dell’Opera di Roma Stagione 2018/2019)
(Recensione della prima andata in scena il 20 febbraio 2019)