Il grande maestro Daniel Barenboim il 21 novembre 2016 ha letteralmente incantato il pubblico di Santa Cecilia con un concerto che rimarrà nella storia.
La sera del 21 novembre 2016 rimarrà nella mente di molti, perché un grande evento è un grande evento. All’Auditorium Parco della Musica, nella Sala Santa Cecilia, si è esibito in un recital pianistico il grandissimo Daniel Barenboim.
Artista provetto (il grande Wilhelm Furtwängler parlò nel 1954 dell’undicenne Daniel Barenboim come di “un fenomeno“) e dal carattere particolare, si è imposto per la sua capacità di trasmettere al pubblico il grande rispetto verso la musica, ad esempio vietando fotografie troppo fastidiose durante l’esecuzione.
Al di là delle imperfezioni ed imprecisioni che ci potrebbero essere state (cosa normalissima in un’esecuzione dal vivo) il settantaquattrenne maestro argentino ha saputo dare delle emozioni che non potrò mai dimenticare. La serata è iniziata con un omaggio a Franz Schubert, grande compositore austriaco morto trentunenne per la sifilide, con la sua Sonata in la minore D537, un piccolo gioiello ricco di finezze e dotato di musica ipnotica, mentre più riflessiva e più lunga era la Sonata in la maggiore D959; un brano di più ampie proporzioni, con un finale in minore che ricordava l’imminente morte del compositore.
Daniel Barenboim, in questi due brani, si è trasformato in Schubert, ce lo ha fatto vedere e sentire.
Nella seconda parte della serata il pianista si è trasformato in fuoco puro, attraverso la complessità ritmica della Prima Ballata in sol minore di Fryderyk Chopin, altro grande compositore franco-polacco e maestro ottocentesco del pianoforte, mentre torna di nuovo riflessivo in Funèrailles n. 7 (Funerali n.7), da “Harmonies poétiques et religieuses“, (letteralmente “Armonie poetiche e religiose“), scritto in memoria del Conte Batthyany da Franz Liszt, compositore ungherese e suocero del grande Richard Wagner, il grande rivoluzionario della tecnica pianistica nell’ottocento, autore di brani immortali come la Rapsodia Ungherese n.2, immortalata seppur con varianti in uno degli episodi di Tom e Jerry; compositore talmente rivoluzionario che sembra facesse scrivere sui programmi di sala “il concerto sono io“.
La serata si è conclusa con l’incandescente Mephisto-Valzer n. 1 S514 (Valzer di Mefistofele) sempre di Liszt, dove Daniel Barenboim ha lasciato tutti senza parole per la capacità di tirar fuori il senso di questa pagina infuocata.
Un grande talento, salutato da un applauso mai visto all’Auditorium, tanto da dover tornare varie volte sulla scena, senza, ahimè, concedere alcun bis.
Ma a lui tutto è concesso!
Marco Rossi
(Foto Musacchio & Ianniello – Facebook Accademia Nazionale di Santa Cecilia)