Lo spirito magico del valzer di Strauss
È stata veramente una serata magica quella del 7 gennaio, quando è andato in scena all’Auditorium Parco della Musica il II atto de “Il Pipistrello” di Johann Strauss in forma di concerto.
Il concerto è iniziato con la sua celebre ouverture (che riporta alla scanzonata infanzia trascorsa in compagnia di Tom e Jerry) con l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia in forma smagliante diretta dal maestro spagnolo Gustavo Cimeno in perfetto stile viennese.
Immaginiamo ballerini e ballerine abbracciati in valzer morbidi e sinuosi, abiti eleganti e colorati per le donne, frak per gli uomini, pochi minuti per calare lo spettatore nell’atmosfera, far sentire i profumi dell’epoca.
Neri Marcorè, la voce narrante, introduce il concerto:
“Come sapete il Pipistrello, oltre ad essere un chirottero cordato placentato e un eroe di Gotham City, è anche il titolo di un’operetta di Strauss dall’intreccio piuttosto complicato. E’ una storia ricca di sorprese, intrecci e travestimenti: alla fine del 1800 a Vienna in una festa del Principe Orlofsky, tra i numerosi ospiti c’è il Marchese Von Eseinstein, vittima di uno scherzo che il notaio Falke ha ordito verso di lui, poiché tempo prima lo aveva lasciato alla fine di una festa in strada vestito da Pipistrello. La moglie Rosalinde ha visto il marito uscire di casa per andare a scontare in carcere la colpa di aver schiaffeggiato un pubblico ufficiale. Credendolo in carcere si reca alla festa, ma non è l’unico intruso. C’è anche Olga la cameriera che, non avendo un abito ne ruba uno alla sua padrona Rosalinde, avete capito? A me risulta tutto piuttosto complicato ma vi accompagnerò passo passo lungo quest’operetta”.
In realtà Rosalinde ha un amante, Alfred, il quale prende il posto del marito per non rovinare la loro reputazione.
Il secondo atto:
è una festa, dove s’inneggia alla gioia di vivere. Il Principe Orlofsky, in attesa di mangiare, invita i protagonisti a cantare delle arie scelte a piacimento in tutto il repertorio classico, gli ospiti non se lo fanno ripetere due volte: ognuno è pronto a esibirsi esibendo il brano preferito, magari il proprio cavallo di battaglia.
Inizia Eiseinstein con Rossini, Figaro “largo al factotum della città” dal Barbiere di Siviglia, tiene la scena benissimo, le sue movenze esperte incantano e lo rendono affascinante e accattivante; poi è la volta della moglie Rosalinde con un’aria di Puccini, il “Valzer di Musetta” da La Bohème; Falke con “Scintille, diamant” da Les Contes d’Hoffmann di Offenbach; Orlosky il padrone di casa “Du sollst der kaiser meiner seele sein” da Die Favorite di Robert Stolz, l’imperatore dell’anima; e in ultima Adele che interpreta una finta attrice di nome Olga con l’ambizione di diventare un’attrice e si esibisce con una strepitosa bambola meccanica, bravissima, nella recitazione, con quel vestito “rubato” alla padrona, di un rosa brillante mentre interpreta in maniera trasgressiva con una mimica e un’intonazione perfetta, Les Oiseaux dans la charmille di Jacque Offenbach.
Anche l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha avuto la sua soddisfazione con la Spanischer Marsch e la Polka Unter Donner und Blitz di Johann Strauss.

Falke che ha organizzato la beffa ha chiamato anche Adele per partecipare alla festa e proprio lui svelerà l’inganno nel III atto, ma si concluderà in un brindisi con lo Champagne e tante risate.
Il cast è stato assolutamente all’altezza: Markus Werba è stato un Eisentstein dotato da una voce non magari bellissima ma di un grande simpatia e carisma scenico. Memorabile il duetto con la finta dama ungherese (sua moglie Rosalinde) in “Dieser Anstad”, Silvana Dussmann, un’attrice simpatica ed estroversa ma vocalmente non è parsa così efficace.
Molto brave erano Sofia Fomina come Adele e Michaela Selinger nel ruolo di Orlovsky mentre la voce più importante del cast era quella di Jochen Kupfer come Falke. Molto efficace anche Massimo Simeoli come Frank, il direttore delle carceri.
Neri Marcorè ha retto lo spettacolo, raccontandone segreti e misteri, con garbo e simpatia, scherzava con il maestro, giocava con i cantanti, un’interprete vivo e appassionato. Il coro (diretto dal maestro Ciro Visco) e l’orchestra sono stati, a dir poco, eccezionali.
Questo è lo spirito del Capodanno che è arrivato fino a noi dalla Vienna ottocentesca, con leggerezza e allegria.
Sara Cacciarini e Marco Rossi