Recensire un libro di Oriana Fallaci è un’azione semplice e al tempo stesso difficilissima. È semplice perché qualsiasi cosa lei abbia scritto è facile, quasi scontato, da consigliare, è un’impresa ardua perché trovare delle parole che possano, anche minimamente gareggiare con le sue, è praticamente impossibile. Perché Oriana, recentemente ricordata in una splendida serata all’Auditorium da una superba Maria Rosaria Omaggio, sapeva scrivere come pochi, sapeva incantare, astraendo il lettore da tutto e trascinandolo in quel mondo che lei ogni volta superbamente descriveva.
Di certo la Fallaci divideva i lettori, specialmente negli ultimi anni, con opere quali, ad esempio, La Forza della Ragione. Ma con Un Uomo, di certo, non ha mai diviso, ha semplicemente unito e lo ha fatto in un modo meraviglioso.
Difficile dire se sia il suo libro più bello, di sicuro è il suo più intimo, segreto, sentito ed amato, forse pari solo a Lettera a un bambino mai nato. Un Uomo è saggio, biografia, romanzo e anche dolcissima poesia. È la storia di Alexis Panagulis, il compagno per una stagione della Fallaci, della sua lotta contro la dittatura dei Colonnelli in Grecia, contro l’abitudine che “è la più infame delle malattie perché ci fa accettare qualsiasi disgrazia, qualsiasi dolore, qualsiasi morte”. È il racconto delle torture indicibili sofferte per mantenere fede ai propri ideali, della speranza di vedere un giorno una Grecia libera dal giogo di un odioso e violento regime ma anche la narrazione di una storia impossibile fra due personalità forti, indipendenti, segnate dalla vita ma anche alla ricerca dell’amore, nonostante le paure, le delusioni, i tradimenti, le bugie, le contraddizioni e le miserie della vita. Due anime che si trovarono quasi per caso, che si respinsero ma che rimasero intimamente legate dalla loro passione, dalla comune condivisone per certi ideali, dalla propria dignità finché Atropo, con lucide cesoie non tagliò per sempre il loro sottile e lunghissimo filo della vita.
Pubblicato per la prima volta nel 1979, per i tipi della Bur Rizzoli, a tre anni dalla tragica morte di Panagulis, Un Uomo, vincitore nello stesso anno in cui uscì del Premio Viareggio, ebbe subito uno straordinario successo, per la sua storia, per essere “un libro pieno di libri”, come la stessa Oriana amava ripetere. Un romanzo, come molti sostennero, di tipo ideologico, un romanzo sul potere e sull’antipotere, un romanzo moderno ma con gli stilemi della tragedia greca, un mare in cui Panagulis non poteva non nuotare, trascinandovi dentro le persone che amava, a partire dalla sua stessa compagna.
Eppure nell’intento della Fallaci Un Uomo doveva essere essenzialmente, come lei stessa affermò in un’intervista al settimanale Panorama:
“Un libro sulla solitudine dell’individuo che rifiuta d’essere catalogato, schematizzato, incasellato dalle mode, dalle ideologie, dalle società, dal Potere.Un libro sulla tragedia del poeta che non vuole essere e non è un uomo-massa, strumento di coloro che comandano, di coloro che promettono, di coloro che spaventano; siano essi a destra o a sinistra o al centro o all’estrema destra o all’estrema sinistra o all’estremo centro.”
Un libro idilliaco e al tempo stesso crudo e spietato, nelle cui pagine scorrono vita, passione e disperazione. Un atto d’amore, stupendamente riassumibile in quella dedica iniziale, in quel “Per Te”, il tragico lascito per un uomo che nonostante tutto sconvolse la vita di Oriana, un dono per un amore bruciato troppo in fretta, che, tuttavia, vive nell’eternità dei Greci, in quel prolungato ed urlato “Alekos zi, zi, zi”, (Alekos vive, vive, vive), che riecheggiò il giorno dei funerali, scortando fedelmente il feretro di un uomo che non voleva essere altro che un uomo e che divenne un eroe, un esempio, un modello e che sapeva benissimo che “l’eterno Potere non muore mai, che cade solo per risorgere, uguale a se stesso, diverso solo nella tinta”.
Un libro amaro, certo, un pugno allo stomaco, un grido muto che si frange contro le montagne immobili dell’arroganza, della superbia, del potere, un libro che è però anche un inno alla libertà, all’amore e alla vita, un libro da leggere e da rileggere, da sottolineare e da amare per sempre.
Maurizio Carvigno