“Social Mum”, quello che le mamme non dicono
La doverosa premessa che deve precede la mia recensione di Social Mum è che io non sono madre.
Potrebbe sembrare una banalità, ma si rivela un’indicazione preziosa quando si sta per commentare un libro squisitamente diaristico che racchiude i pensieri di una mamma moderna, una di quelle donne che oggi si trova a dover lottare con un adolescente social.
Alle mamme degli anni 2000, infatti, si deve riconoscere la “sventura” di dover educare ragazzi che si trovano quotidianamente a contatto con tutto il mondo attraverso il web. Roba che fino a 10-20 anni fa la preoccupazione maggiore era da chi fosse composta la comitiva.
L’accesso al mondo con un clic, corroborato da tutti social network possibili, rende i teenagers ancora più complessi da comprendere, soprattutto perché spesso basano la loro esistenza su situazioni mai affrontate dai genitori, come le accese diatribe su Facebook o la popolarità su Instagram.
Cosa fa una mamma social allora? Nel caso di Giulia La Face, sono certa che sua esperienza come psicologa le dia una marcia in più. Questo lo dico perché ho trovato nelle sue parole molte chiavi di lettura profonde, che non trovo solitamente nelle altre madri.
Non aspettatevi però un noioso saggio psicologico!
Il libro è assolutamente esilarante: meno di 200 pagine ricche di comiche realtà, almeno per chi ha a che fare tutti i giorni con un adolescente.
Il linguaggio è spigliato e divertente: i genitori dell’Adolescente sono una Mater e un Pater, che con epiteti ricchi di auctoritas richiamano senz’altro la gravità dei ruoli, suscitando facilmente molta ilarità nel lettore. Tuttavia, il testo riesce scatenare anche svariate riflessioni, è per questo che si rende estremamente fruibile.
Lo consiglierei alle mamme per sentirsi più leggere e ai papà per comprendere di più le proprie compagne, dato che l’educazione dei figli è spesso motivo di discussione nelle coppie.
I figli, d’altra parte, dovrebbero leggerlo per avvicinarsi alla mente dei propri genitori, con cui spesso si creano delle incomprensioni terribili.
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Infine, dovrebbe leggere questo libro chi non ha ancora figli, come me: almeno nel mio caso si sono sviluppate una serie di considerazioni (soprattutto perché sono stata e sono ancora una Social Sister…), ma una in particolare: la mamma è anche una donna.
Non che lo ignorassi ovviamente, ma Giulia me lo fa presente con forza, regalandomi la possibilità di sognare una maternità che non mi privi della mia essenza femminile.
Non è un mistero, infatti, che le “nostre antenate”, come ricorda bene l’autrice, abbiano fatto della maternità un caposaldo della propria esistenza. Ora che la donna può anche studiare e dedicarsi alla carriera spesso nutre una forte paura nei confronti dell’indissolubile legame con un’altra creatura, perché lo percepisce come una privazione della propria libertà e identità. Penso che questo testo possa dunque rasserenare numerose anime e per tanti differenti motivi, ma soprattutto possa essere una ricca testimonianza di un’esperienza nuova, che corre su due binari diversi: quello di donna che fa la mamma social e quello di una figlia che deve crescere confrontandosi con un mondo che i suoi genitori non hanno sperimentato di persona.
Se questo da un lato potrebbe generare una crepa profondissima nello scontro generazionale, dall’altro può consentire, laddove ci sia buona disposizione d’animo, un’incredibile occasione di scambio e quindi di crescita, tanto per l’adulto quanto per il teenager. Ed è quello che Giulia ci racconta con un’innata delicatezza e una rara profondità.
Alessia Pizzi