Houllebecq, lo scrittore-profeta: la provocazione e il caso mediatico

serotonina libro

Siamo nell’era in cui tutto è veloce ed immediato, perfino la felicità, magari con l’aiuto di qualche sostanza chimica. O forse no, non è tutto così semplice. Michel Houellebecq parla di questo e molto altro nel suo ultimo romanzo, “Serotonina” (La nave di Teseo, pp. 332, traduzione di Vincenzo Vega).

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Michel Houellebecq è un autore che si associa facilmente a casi mediatici. Ogni nuova uscita porta con sé curiosità, consapevolezza verso un’opera che – piaccia o non piaccia – sarà molto probabilmente rilevante nello scenario letterario e, ovviamente, polemiche e discussioni, date anche dalle capacità visionarie di un personaggio estremamente particolare. Talmente particolare che spesso gli viene attribuita quasi un’aurea profetica, dovuta alla – tragica – coincidenza tra l’uscita di Sottomissione, romanzo distopico che trattava la tematica della conversione religiosa, e l’attentato alla sede parigina di Charlie Hebdo, nel gennaio del 2015.

Ma le polemiche e la curiosità non fermano lo scrittore d’oltralpe, che ha coronato il suo ultimo successo con 90.000 copie vendute di Serotonina entro i primi tre giorni dalla sua pubblicazione.

Anche in questo caso l’aura di profeta e di precursore dei tempi avvolge Houellebecq, di cui è stato detto che sia stato anche predetto, proprio con Serotonina, quella che sarebbe poi diventata la rivolta dei gilet gialli. In realtà, però, se si guarda bene Serotonina non troviamo davvero profezie, ma in compenso scopriamo un romanzo ricchissimo di attimi di riflessione.

Di chimica felicità, sesso e vita che scorre

Il romanzo si apre su una Parigi soffocante. Una delle prime cose che scopriamo del protagononista e narratore in prima persona, Florent-Claude Labrouste, è che ha quarant’anni, è un ingegnere agrario ed ex funzionario statale presso il Ministero dell’Agricoltura francese. E che non sopporta il proprio nome. Cinico, profondamente disilluso, intimamente solo: il ritratto di Florent-Claude è apparentemente implacabile. Soffocato da una donna che non ama, inizia a prendere il Captorix, meravigliosa pastiglia che dovrebbe garantirgli la felicità, al prezzo di un piccolo, insignificante effetto collaterale: la perdita della libido, l’impotenza.

Proprio l’impossibilità di godere dei piaceri della vita presente – il protagonista arriva anche a trascurare il suo corpo fin quasi ai limiti dell’accettabilità sociale – lo portano a rifugiarsi nelle pieghe, più o meno dolorose, del suo passato. Un passato che, naturalmente, ha il volto di alcune figure femminili. Di tre donne, in particolare: Katy, Claire e infine Camille, emblema del grande amore perduto.

L’attualità si scontra con l’amore, le problematiche sociali con la morte.

Forse Houllebecq è reazionario, scandaloso, ampiamente discusso. Ma una cosa non è sicuramente: banale, come ha dimostrato ancora una volta.

Giulia Porzionato

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