Una lettura che ci riporta tra i banchi di scuola. Una lettura che ci riporta al Sacro Romano Impero e Carlo Magno.
Sacro Romano Impero, Storia di un millennio europeo: mille pagine corredate da illustrazioni, mappe, alberi genealogici, glossario e tabelle edito da “Il saggiatore” e redatte da Peter H. Wilson insegnante di Storia della guerra all’Università di Oxford.
Se vi concedete a questa lettura armatevi di evidenziatore e matita. Non badate al tempo: volerà e non sarà mai abbastanza. Godetevi il piacere della sottolineatura e riassaporate la storia del Sacro Romano Impero, il cuore dell’esperienza europea.
Conoscere la storia è uno degli strumenti più importanti e come tale ne dobbiamo far buon uso. Comprendere il nostro passato dall’Alto Medioevo al XIX secolo.
Il manuale si apre descrivendo le circostanze in cui l’impero fu costituito. Un accordo tra Carlo Magno e il papato che effettuava il principio secondo cui la cristianità era un ordine unico sottoposto all’amministrazione legata dell’imperatore e del papa. Ne segue una minuziosa analisi della nomenclatura Sacro Romano Impero. Elementi chiave per comprendere un millennio così complesso.
Si arriva alle pagine incentrate sulla dimensione religiosa e si vola allo studio tra i divari degli stati sovrani distinti tra loro che proclamavano la loro supremazia.
Ne seguirà un attento studio geografico poiché il Sacro Romano Impero non aveva un nucleo stabile e le popolazioni erano assai differenti tra loro. Da qui la necessità di leggere e comprendere lo sviluppo dell’intera compagine geopolitica. L’impero non ebbe mai né una capitale fissa né una lingua comune. La sua identità fu sempre multipla e stratificata. Ogni nazione rappresentava un nucleo autonomo.
La peculiarità di quest’opera è comprendere il Sacro Romano impero da Carlo Magno a Carlo Il Calvo per macro tematiche. Difatti la narrazione storica si propone “come una costellazione, sapientemente ricollega i punti focali”.
E adesso tutti tranquilli: nessuna interrogazione. Solo il piacere di riassaporare l’importanza della storia.
Mi piace più la recensione che il libro stesso.
Non nego che al momento del suo acquisto sia stato mosso dal “sacro” istinto di possedere un’opera di un migliaio di pagine che, come promesso in controcopertina, ambiva ad essere “una storia definitiva del Sacro Romano Impero”, prodotta con “erudizione prodigiosa”, per giunta scritta da un docente dell’Università di Oxford.
Alla prima rapidissima occhiata la bibliografia conteneva un nutrito numero di autori, molti dei quali d’area germanica, cosa che ammantava il testo di una certa scientificità.
Ce n’era abbastanza per avere la bava alla bocca.
Purtroppo la lingua di fuori, con cui avevo aggredito la lettura, si è progressivamente ritirata nella bocca, lasciando spazio alla delusione ed al sudore di una fatica che mi ha costretto ad innumerevoli note che, a rotta di collo, ho sparso sulle pagine del libro.
A dire il vero avevo inizialmente pensato che il motivo della frustrazione fosse causato dalla traduttrice, Giulia Poerio, quindi ho cercato di reperire il testo in inglese che invece ha confermato il buon lavoro di trasferimento del testo in italiano. Mi scuso con la Signora Poerio del cattivo pensiero.
Fattto sta che sin dall’inizio si palesa un certo preconcetto suffragato da un elevato numero di errori, che per il vero si fanno meno frequenti nella prosecuzione dell’opera, e numerose contraddizioni, senza parlare delle afasie che artatamente (almeno all’apparenza) spostano il filo delle considerazioni verso le opinioni dell’autore.
Quanto detto non avrebbe senso se non l’accompagnassi con esempi.
L’introduzione comincia a pagina 67 ed il primo capitolo a pagina 85, ma già a pagina 86 crolla l’erudizione prodigiosa: “i vittoriosi goti, nel 476 sotto la guida d’Odoacre, deposero l’ultimo imperatore d’Occidente”.
In Italia un errore del genere è da matita blu, è arcinoto che Odoacre guidò eruli, brugi e sciri, mentre dai goti di Teodorico fu deposto e ucciso.
Per quanto riguarda le palesi contraddizioni basta andare poco più in là a pagina 92, dove Eginardo è inattendibile, mentre a pagina 95 improvvisamente credibile.
Tra le due pagine menzionate esiste un riferimento a papa Gelasio, che messo lì, senza data (l’afasia di cui sopra), sembra riferirsi al periodo carolingio o giù di lì, invece Gelasio è del V secolo e la potestas cui fa riferimento è quella dell’imperatore romano.
Si potrebbe continuare, ma bastano le prime dieci pagine a far comprendere come l’opera presti il fianco ad una lettura critica appena sufficiente, minandone le basi, perché, benché io sia un appassionato di storia, non posso certo dire di possedere quella “erudizione prodigiosa” di cui è onorato l’autore.
La mia opinione, al termine di una lettura delusa, sconsiglierebbe appassionati e, tanto più, professionisti, tuttavia ha il merito dell’errore, quello di far riflettere verso un’opinione diversa da quella dell’autore o, in casi limite, del tutto opposta. Altro merito è quello di rendere necessario un approfondimento continuo sulle tante informazioni che l’autore cerca di propinare, così da rendere, paradossalmente, il fruitore assai più preparato dello scrittore.
Un lavoro più prolungato, una redazione più attenta e una presentazione più umile e meno preconcettuale ne avrebbe fatto un’opera migliore, ma tant’è, in fondo basta una storia non definitiva per aprire la strada ad altre opere più profonde, umili, corrette, comprensibili, rilevanti ed erudite