Roan Johnson nella selva oscura

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In occasione di Libri Come 2017 il regista racconta il suo nuovo libro sulla “terribilità” della vita.

C’è stato un tempo dove vivere significava interpretare alcuni ruoli. Buon cristiano, buon lavoratore, buon coniuge, buon genitore. Ma questo è il secolo della libertà, in ogni ambito. E’ il secolo della vetrina pubblicitaria sui social networks, del “tutto è possibile” con un click.

Di fronte a questi spazi aperti, senza dubbio meno angusti delle antiche cristallizzazioni sociali e mentali, le persone si leccano i baffi e si sfregano i palmi delle mani, consapevoli di non avere più confini. E “Confini” è proprio il titolo dell’ottava edizione di Libri Come, evento letterario che si svolge ogni anno presso l’Auditorium di Roma.

In questa prospettiva, dove l’orizzonte non è che un’altra meta da conquistare e non più da sognare, dove la vita incerta rincorre un modello di perfezione impossibile da perseguire, si inserisce perfettamente il romanzo di Roan Johnson, recentemente pubblicato per i tipi della Mondadori. Un romanzo dove la debolezza umana è raccontata con bonarietà, come è giusto che sia.

Roan, che lo scorso anno ha partecipato al Festival di Venezia con Piuma, si presenta così nella veste di scrittore, quella in cui – a sua detta – si sente più libero di esprimersi.

Dovessi ritrovarmi in una selva oscura” è il titolo del libro autobiografico basato su un momento cruciale della sua vita, quello in cui ha smesso di raggiungere l’orgasmo a causa di fortissimi dolori alla testa. L’autore racconta questa esperienza riportando ogni dettaglio, mettendosi a nudo nel senso più vero del termine, come sottolinea anche Giuseppe Fantasia durante la presentazione. E di Dantesco il testo non ha solo il richiamo del titolo, ma anche quella forza delle immagini – evocate da parole ben scelte – per rappresentare la realtà.

Basta leggere le prime pagine per capire che sono figlie di Roan: profonde e divertenti allo stesso tempo, intrise della simpatica concretezza – di matrice squisitamente toscana – che caratterizza sempre i suoi lavori. A chi era presente all’Auditorium le ha lette lui personalmente, con la sua incalzante vivacità.

Ansia, paura, depressione vengono descritte con semplicità, che non vuol dire banalità. Si tratta di sentimenti che dominano la società contemporanea proprio perché l’assenza di limiti lascia palesare nell’animo umano – un po’ smarrito – problematiche prima inesistenti. E’ legittimo farsi prendere dal panico, come è legittimo avere la necessità di raccontarsi. Un po’ per se stessi e un po’ per gli altri.

[dt_quote type=”pullquote” layout=”right” font_size=”big” animation=”none” size=”1″]E l’ironia è tutta qui: a vent’anni avevo paura di vivere, adesso mi è venuta paura di morire[/dt_quote]

Quando Roan dice che lo sceneggiatore, anche nel momento più terribile della sua vita, pensa sempre a come ricavarne una buona “scena”, rivela una grande verità sull’estro degli artisti. Quella irriducibile necessità di raccontare la vita, e non solo per una questione narcisistica, ma anche per la una sorta di condivisione. Sono un po’ delle cavie questi scrittori, che vivono da umani, ma a differenza degli altri devono raccontare la vita a tutti. Senza filtri. Sia quando è bella sia quando è brutta. Sono un po’ dei medici, senza troppe diagnosi, ma con molte cure. Una su tutte, forse, è proprio l’assenza di risposte.

Per questo Roan non sa che finale dare alla sua storia, mentre scrive il suo romanzo seduto sul divano, con la tastiera wireless, per non vedere le parole che digita freneticamente. Perché non ha scritto questo libro per offrire un finale. Forse lo ha fatto per lasciare un messaggio che dal suo flusso di coscienza si dipani fino a raggiungere ciascun lettore, ciascun essere umano.

Alessia Pizzi

Alessia Pizzi
Laurea in Filologia Classica con specializzazione in studi di genere a Oxford, Giornalista Pubblicista, Consulente di Digital Marketing, ma soprattutto fondatrice di CulturaMente: sito nato per passione condivisa con una squadra meravigliosa che cresce (e mi fa crescere) ogni giorno!

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