È uscito in questi giorni Titivullus, il demone dei refusi, un saggio di Julio Ignacio González Montañés, edito da Graphe.it Edizioni. Il saggio si concentra sulla figura di Titivullus, demone che la tradizione medievale e moderna ha associato al refuso e alla ricerca dell’errore, sia nello scritto che nel parlato.
L’autore avanza una approfondita analisi della figura che appare principalmente nella letteratura e nell’arte nord europea. La lettura di questo opuscolo è scorrevole ed agevole. La struttura stessa del libro ricalca le varie “mansioni” che nel tempo sono state associate a Titivullus, facendo sempre riferimento ad opportune citazioni letterarie ed artistiche.
Quello che sorprende è l’approfondimento di una figura semi-sconosciuta ma ricca di fascino. Titivullus, infatti, è il demone incaricato di segnare in un foglio i refusi dei monaci. Egli è anche quello che appunta tutte le sincopi (o più in generale le omissioni) nel parlato durante una celebrazione religiosa. Annota i peccati degli uomini e i pettegolezzi delle donne. Nel tempo poi, sarà anche colui che confonderà i tipografi durante la preparazione della forma per la stampa. Insomma, Titivullus si evolve nel tempo.
Questa figura si plasma e si definisce in relazione a fenomeni della nostra lingua (e dello sviluppo della lingua dal latino all’italiano) e della storia medievale.
Chi parla veloce tende a saltare sillabe oppure a troncare le parole. In altri casi si verificano fenomeni di assimilazione e così via. Il nostro modo di parlare tende all‘economia e più si ha fretta, più questi casi si verificano. Ancora più interessante è notare come l’autore abbia calcato la mano sull’ambientazione di questo fenomeno. Infatti, sono i chierici quelli che più si caratterizzano per questo fenomeno, soprattutto per quelle funzioni fatte in suffragio dei defunti e per le quali è previsto un compenso.
Dall’altra parte abbiamo il caso di amanuensi che hanno difficoltà a decifrare i manoscritti o che commettono errori durante la scrittura. Parliamo di un fenomeno altamente noto e che è alla base della nascita della filologia.
Evidentemente le questioni sopra citate dovevano essere state sentite al punto da sviluppare la presenza di una figura che incarnasse queste caratteristiche. Non manca una certo qual biasimo moraleggiante, sopratutto dietro al primo caso studiato. È un po’ come se le colpe degli uomini venissero traslate su una figura demoniaca. Fenomeno indubbiamente interessante da un punto di vista antropologico e non solo. Non trovate?
Serena Vissani