Nel cuore della regina: “Cleopatra. Divina donna d’Inferno”

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Nel cuore della regina: “Cleopatra. Divina donna d’Inferno”

Vi racconto della mia morte affinché possiate capire che la gloria di una regina è misera cosa rispetto all’Amore

Parlare di un figura storica del calibro di Cleopatra VII Thea Philopatore è compito tanto piacevole quanto complesso. Questo non solo perché l’ultima regina dei Tolomei ha rappresentato un unicum nella storia del potere femminile, ma anche perché nel tempo la sua biografia è stata vittima sia di elogi sia di speculazioni, che ne hanno appesantito il profilo storico senza mai intaccarne la popolarità: risale giusto a un anno fa la mostra a lei dedicata presso il Chiostro del Bramante “Cleopatra. Roma e l’incantesimo dell’Egitto”, con cui la regina ha conquistato l’Urbe ancora una volta.
Cleopatra, tuttavia, non è solo un personaggio di spicco per le vicende romane, ma anche nel percorso dell’emancipazione femminile ante litteram.
È proprio nei regni ellenistici, infatti, che si consolida la presenza delle donne a corte, a partire dalle forti regine macedoni della famiglia di Alessandro Magno: per definizione, proprio con la morte del grande condottiero inizia quell’età che vede sparire Atene sotto la luce di Alessandria d’Egitto, un’epoca ricca di aperture per le donne, la cui fine coinciderà con il suicidio della regina. Se la drammatica uscita di scena non ha intaccato però la memoria positiva che alcuni estimatori, tra cui Plutarco, hanno scolpito nelle pietre dei secoli, la propaganda filoaugustea ai tempi delle guerre civili romane ha lasciato ai posteri l’infelice eredità di regina meretrix, epiteto poco lusinghiero che riecheggerà fino al quinto canto dell’Inferno dantesco.
Il peccato della lussuriosa Cleopatra, secondo un’opinione piuttosto retrograda, fu quello di allacciare delle relazioni sentimentali alquanto opportunistiche con due delle figure più rilevanti della storia occidentale: Giulio Cesare e Marco Antonio. Da questa “colpa originale” parte Antonella Rizzo con l’antitetico titolo di Cleopatra. Divina donna d’Inferno (Fusibilia Libri), per dare nuovamente voce, e in una veste del tutto inedita, allo spirito di donna che arrivò a sedurre persino il genio shakespeariano.

Sono Regina della mia disperazione, del mio dramma. Ma avanzo fiera incontrando il nuovo giorno: con gli occhi di brace

 
L’opera vede protagonista il prosimetro, forma letteraria che rimanda sempre all’illustre produzione dantesca, ovvero quel connubio tra prosa e poesia, dove l’una completa l’altra: “un genere elegante e desueto” – racconta la Rizzo – “che impreziosisce il contesto.”

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L’autrice si immedesima profondamente nell’anima della regina, fino al suo midollo di donna, presentandone, da un lato, il peso di un grande potere, dall’altro, le declinazioni squisitamente femminili, dalla passione amorosa alle corde materne. Così si legge nell’introduzione: “Alla sua straordinaria complessità si rivolge la mia spontanea lettura del suo vissuto, a quella dicotomia intelletto-cuore di cui si tenta invano la separazione come garanzia di controllo delle azioni umane; augurandomi che si esaurisca l’immagine di una Donna protagonista minore di un morboso connubio sesso e potere.”

Molto risalto è dato all’attenzione per la cura del corpo, che nei secoli ha reso Cleopatra non solo un’icona di stile e un archetipo di femminilità, ma anche l’ipotetica madre di un trattato di cosmetica. Fortissimo nel testo il richiamo della dea Iside, che in età ellenistica veniva spesso identificata con Afrodite e indossata come maschera divina dalle stesse regine: quello che viene proposto da Cleopatra e dalle sue ave alle donne coeve è un nuovo role model, secondo cui la donna è potente, dominatrice, consapevole e, di conseguenza, secondo molte fonti conservatrici, spregevole.

L’autrice tira fuori con il suo lavoro un’immagine depurata dalla incrostazioni della storia, dando risalto all’essenza femminile di una grande personalità: un animo impetuoso – sconvolto dal grande amore per Giulio Cesare – che identifica il love affair con Marco Antonio come il frutto di una rassegnata seconda scelta. Impressionante è il linguaggio di piuma, prezioso e delicato allo stesso tempo, che non è mai fardello durante il viaggio nei seducenti panni di Cleopatra. Quest’opera, per suggestioni, si avvicina molto alla Cassandra di Christa Wolf, testo in cui l’epica si colora di psicologia femminile. A differenza della Wolf, però, la Rizzo è più diretta e meno contorta nel periodare: contraddistingue la sua penna un non so che di sacro, che capovolge il lettore in uno spazio senza tempo.

 Lascio che la Morte, amica adorata, suoni trionfante lo strumento della vittoria e consegni quella verità ai miseri di spirito. Ora.

 
 
Alessia Pizzi
Alessia Pizzi
Laurea in Filologia Classica con specializzazione in studi di genere a Oxford, Giornalista Pubblicista, Consulente di Digital Marketing, ma soprattutto fondatrice di CulturaMente: sito nato per passione condivisa con una squadra meravigliosa che cresce (e mi fa crescere) ogni giorno!

1 Commento

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