Edward J. Watts, professore di storia all’università della California (San Diego), disegna l’interessante ritratto di una delle figure femminili più famose dell’antichità.
Se ad un certo punto nel vostro libro di filosofia sbucasse una donna, che shock sarebbe? Nella compagnia di Eraclito e Plotino e, nella fattispecie, in quella del mondo greco antico non c’era spazio per il genio femminile. Non è un caso se, a parte Saffo, le notizie sulle donne di quei tempi si evincono solo da lapidi tutte uguali (brava moglie, brava figlia, brava madre) e il motivo è molto semplice: le donne non avevano accesso alla sfera pubblica.
Ipazia, quindi, è un’eccezione, anche se purtroppo non ci restano testimonianze dirette su di lei. Sicuramente fu una donna colta e influente, uccisa brutalmente dai sostenitori di Cirillo, vescovo di Alessandria d’Egitto, secondo i quali aveva stregato Oreste, praefectus augustalis della città, affinché non si riconciliasse col vescovo. Perché le donne solitamente fanno questo: stregano gli uomini. È impossibile che siano davvero in grado di fare qualcosa di buono, soprattutto quando arrivano al potere.
Ma che potere poteva avere una filosofa, per di più donna, ad Alessandria?
Parecchio, a dire il vero. Ai quei tempi fare i filosofi era un vero e proprio mestiere: molti di loro credevano di avere il compito di migliorare lo Stato. E Ipazia rientra perfettamente in questo quadro: in un momento storico di forti scontri, primo su tutti quello tra cristiani e pagani, la filosofa diventa una voce pubblica potente specialmente negli affari politici.
Ipazia nella Storia
Negli ultimi 2000 anni studiosi, poeti, scrittori e persino registi l’hanno idolatrata e biasimata, dipingendola come una strega, un’icona femminista e persino una martire. Per comprendere l’ultima attribuzione basti pensare al suo omicidio: una folla di cirilliani la aggredì, le strappò i vestiti sfregiandola con frammenti di ceramica, le strappò gli occhi e trascinò il suo corpo per le strade di Alessandria, per poi bruciarne i resti. E alla fine la sua morte atroce ha interessato gli studiosi più della sua vita.
Ma chi fu davvero Ipazia? Sicuramente fu una donna che ebbe la facoltà di accedere a spazi solitamente riservati agli uomini.
La sua scuola era conosciutissima ed era frequentata da uomini, sia pagani che cristiani: il platonismo proposto da Ipazia, infatti, era perfetto per entrambi grazie all’idea di poter unire lo studio filosofico al divino. La sua filosofia era prettamente contemplativa e proponeva la matematica al servizio della filosofia, superando gli insegnamenti del padre Teone, che da maestro si trasformò presto in collega.
In vita Ipazia fu senza dubbio una figura di sintesi: per questo motivo la sua voce ebbe una tale risonanza nella megalopoli di Alessandria, una città dai mille volti.
In meno di duecento pagine possiamo delineare con maggiore chiarezza un profilo storico ancora sfocato nelle nostre menti e ripercorrere la storia di una grande donna senza pregiudizi, comprendendo a fondo tutti i contrasti dell’epoca senza addormentarci sul libro.
Il testo di Watts è scritto in un inglese semplice e veloce, ma soprattutto non lascia nulla all’immaginazione. Al suo interno troverete una ricostruzione puntuale. Attualmente il libro è stato pubblicato dalla Oxford University Press, una delle case editrici più all’avanguardia in fatto di studi di genere. Speriamo di averlo presto tradotto anche in italiano.
Alessia Pizzi
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