La festa del libro e la lettura si è conclusa con 23.000 presenze, un’affluenza così importante era inattesa. Uno degli ospiti più amati è stato Ian McEwan con il suo nuovo romanzo: “Nel guscio”.
Si tratta del suo 17esimo romanzo, Ian che dagli anni ‘80 soddisfa i suoi lettori, ha iniziato con due raccolte di racconti “Fra le lenzuola e altri racconti” e “Primo amore, ultimi riti” e due romanzi “Il giardino di cemento” e “Cortesie per gli ospiti”.
Quest’ultimi due, furono successi che fecero breccia nella sensibilità dei giovani lettori di allora. Libri molto diversi tra di loro, anche se uniti da temi simili, una sfida comune di altissimo livello: il tentativo di ottenere il massimo di attenzione e immedesimazione senza far cadere l’attenzione nel pubblico, cavalcando talvolta l’empatia e talvolta l’odio nei personaggi.
Con “Nel guscio” raggiunge l’estremo, un feto che vive una situazione amletica shakespeariana, deve decidere se nascere o non nascere, essere o non essere. Nella storia, il cui finale non è certo un mistero, il feto vive anche il triangolo amoroso tra sua madre, un’amante e un padre. Il bambino si trova in una posizione di totale libertà.
Il feto “sceglie” di nascere si preoccupa che potrebbe abitare al 13 piano di un condomino, con genitori più o meno violenti, in un paese più o meno evoluto. Il bambino ci dà la possibilità di vedere in modo fresco e puro alcuni aspetti della vita.
“Senz’altro il mio personaggio è il più giovane che abbia mai scritto, il feto origlia le migliori conversazioni dei genitori, non è responsabile ed ha un punto di vista interessante del sesso” dichiara Ian McEwan.
In particolare il brano di un rapporto sessuale da un “altro punto di vista” è stato letto in sala dal grande attore e interprete Fabrizio Gifuni con un’intensa passionalità, lasciando gli spettatori incuriositi e divertiti.
“Le emozioni” continua Ian “sono stati fisici il piccolino sente il battito cardiaco e i gorgoglii della madre, il feto sa sempre quali sono le reazioni anche le più nascoste”.
Dei bambini si parla poco nella letteratura dell’800, non c’era una rappresentazione esatta, venivano considerati come piccoli adulti, solo con Joyce abbiamo un bambino considerato come essere. Da quel punto l’idea è esplosa.
Ian McEwan durante la sua carriera ha scritto diversi generi di storie. Divertito durante la conferenza commenta alle domande dell’eccellente moderatore Marino Sinibaldi:
“Se c’è una cosa che so fare bene è non scrivere, mi piace quando finisco un romanzo che muoia, che i miei interessi cambino, vado in posti nuovi e la mia mente diventa diversa di un 3%. Quando poi mi rimetto a lavorare a un nuovo libro mi piace sentire come se fosse il mio primo libro, come se avessi di nuovo 22 anni. Scrivere è un piacere, ho parlato con tanti amici scrittori e siamo giunti alla conclusione:
come fanno a campare gli altri senza scrivere?”
Sara Cacciarini