Nella messe di libri su Moro in questo quarantennale, Il Segreto di Antonio Ferrari, pur essendo un romanzo, risulta una delle letture più utili per comprendere quei drammatici fatti.
«Eccomi qui, trentacinque anni dopo, con i capelli bianchi ma l’intatto desiderio di condividere con i lettori (in primo luogo i giovani, che di quegli anni sanno poco o niente, ma anche i “diversamente giovani” che invece ricordano tutto) una storia che oggi non fa più scandalo…»
La storia che nel 1981 non si poteva scrivere, oggi si può raccontare. A farlo è una grande firma del Corriere della Sera, Antonio Ferrari, con il romanzo Il Segreto edito da Chiarelettere.
Un intreccio di spie internazionali, servizi segreti, donne fatali, spietati assassini, poliziotti corrotti, probi magistrati ed efferati brigatisti. Ma anche giovani comunisti, disillusi dal partito e incantati dalla violenta grammatica delle Br e subdoli maître à penser, il tutto sullo sfondo di quello che fu il nostro 11 settembre, il delitto di Aldo Moro.
Scritto con l’inchiostro di un grande scrittore e quello di un superbo giornalista, che fu costretto a girare con la scorta per le sue inchieste sul terrorismo, Il Segreto è innanzitutto una storia affascinante. Un libro che squarcia polverosi veli che il tempo aveva fatto cadere per offuscare la verità.
Che tutta la vicenda Moro, a partire dalla strage di via Fani, sia stata legata a un fitto sottobosco di misteri, mai del tutto svelati, è inconfutabile. Decine di libri sono stati scritti e altri lo saranno, ma Il Segreto si inserisce di diritto nel solco di quel tentativo di fare luce su quello che Leonardo Sciascia definì L’Affaire Moro.
Questo libro è sì un romanzo ma, come dice lo stesso autore, «combacia con la realtà».
Il merito di Antonio Ferrari è di aver raccontato attraverso una prosa scorrevole, avvincente, una prosa degna dei migliori autori del genere noir, una delle pagine più indimenticabili nostra storia, vero e proprio spartiacque; perché è indubitabile che esista un prima e un dopo via Fani.
Ferrari, come saggiamente detto da Sergio Romano, è «un guastafeste della memoria.»
Leggendo il bel libro di Antonio Ferrari non possono non ritornare alla memoria le parole di un grande del secolo scorso: Pier Paolo Pasolini.
«Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero.»
Maurizio Carvigno