Una mattina ti svegli e non hai più 18 anni, e neanche 23, e neanche 27, e se è per questo neanche 30. Io non so voi, ma dopo aver compiuto 30 anni ho tolto la mia data di nascita dai social: non posso più affrontare la notifica che mi ricorda che l’età avanza inesorabilmente. Si vede però che ovviamente i miei dati, come i vostri, sono stati salvati e archiviati forever and ever and ever.
Quindi ogni volta che sono sull’internet un certo algoritmo continua a ripropormi pubblicità di prodotti che una come me, nata nei lontani anni ’80, dovrebbe usare: il dispositivo medico per capire quando sono nei miei giorni fertili, perché a una certa età è “normale” che una donna debba sfornare uno o più figli; il siero antirughe che rimpolpa, perché è sottinteso che una donna arrivata a una certa età non abbia più il viso fresco; il gel anticellulite, per avere delle cosce e dei glutei liscissimi; la tinta per capelli con effetto naturale and so on.
Ho comprato un album fotografico. Avete presente gli album in cui si inseriscono le foto dei figli? C’è la sezione dedicata al primo mese, al primo dentino, al primo anno, alla prima cacca, al primo rigurgito. Ecco io ne ho creato uno personalizzato per tenere sotto controllo la storia della mia decadenza: la prima ruga, il primo capello bianco, il primo chilo in più, il primo centimetro quadrato di pelle a buccia di arancia, il primo pelo bianco ribelle che si allunga su per il viso manco fossi una befana. Non è vero, questo album non esiste, non ho stampato delle foto, ma tutte quelle prime volte sono ben impresse nella memoria, nonostante dopo i 30 anche quella abbia cominciato a vacillare.
Ho pensato di non poter ingannare internet e i suoi algoritmi, ma la gente forse sì.
Ad esempio una volta sono andata a fare una lezione in Università come collaboratore esterno. Convinta di poter sembrare più giovane mi sono vestita come una teenager: t-shirt, jeans, scarpe da ginnastica di tela e zainetto dello stesso materiale. Entro nel bar e il tizio lì al bancone mi fa: “Cosa prende signora?”. “Un caffè per favore (ma signora a chi? Come ti permetti? Maleducato, ignorante e cafone). Grazie”. Epic Fail. Fatal Error. Game Over. That’s all folks.
Anzi no, non è tutto. Contrariamente a quanto si crede non è mai stata approvata in Italia una legge che abbia abolito ufficialmente il termine signorina. Quindi se il tizio mi ha dato della signora è perché sembro una signora. Ma io non sono una signora, una con tutte stelle nella vita… D’altronde se mi chiamano ragazza mi fa un po’ male il cuore, perché è una bugia.
Una volta mi sono quasi commossa. Ero a Edimburgo per il Fringe Festival e all’ingresso di un club mi hanno fermata, per chiedermi il documento di identità. Volevano esser certi che fossi maggiorenne. Mi sono venuti gli occhi lucidi e la pelle a cappone.
Si dice che una volta Anna Magnani abbia chiesto al suo truccatore di lasciarle tutte le rughe, perché ci ha messo una vita a farsele venire. Io amo Anna Magnani e le sue rughe sono bellissime, ma le mie no.