Poetessa legge poetessa: Anne Carson traduttrice di Saffo

[CulturaMente compie 7 anni! Questo articolo fa parte delle uscite "Le magnifiche 7 (penne)", un omaggio degli ex spacciatori di cultura per festeggiare insieme agli attuali spacciatori questo importante compleanno.]

Se ci chiedessero di menzionare una e una sola poetessa dell’antichità, la risposta sarebbe probabilmente unanime: Saffo di Lesbo. Mentre altre poetesse, per un motivo o per un altro, sono cadute nell’oblio o sono comunque meno conosciute al largo pubblico, per Saffo sembra essersi avverato quello che si legge in uno dei suoi frammenti: “qualcuno si ricorderà di noi”. Non a caso, il frammento dà il titolo al corto teatrale della nostra Alessia Pizzi, dedicato proprio alla fama (o non fama) delle poetesse antiche.

Saffo non ha mai smesso di affascinarci, per i motivi più svariati. Il come e il perché lo ha spiegato recentemente il Prof. Camillo Neri (Alma Mater Studiorum – Bologna), uno dei massimi esperti di Saffo (è uscita di recente la sua monumentale edizione commentata di Saffo – De Gruyter, 2021). Nell’introduzione alla sua edizione ridotta (ed economica) di Saffo curata con Federico Cinti (Rusconi 2017), Neri spiega come la sua figura abbia vissuto una sorta di biforcazione. Da un lato, lo studio dei frammenti superstiti della poetessa, con tutti gli interrogativi che ci lasciano; dall’altro, le metamorfosi che il suo profilo ha subito nei secoli, da parte dei suoi detrattori ma anche (e forse soprattutto) di che ne ha fatto un modello femminile e omoerotico.

Copertine delle edizioni di Saffo di Neri (2021) e Neri-Cinti (2017).

Fra le varie espressioni di questo interesse per Saffo ci sono naturalmente le molte traduzioni in diverse lingue che la sua opera ha conosciuto. Una delle più interessanti di questo secolo è quella inglese di Anne Carson, poetessa lei stessa (If Not, Winter,New York 2002).

Anne Carson: profilo di poetessa sfuggente

Ma chi è Anne Carson? Canadese, nata a Toronto nel 1950, Carson rifugge le etichette. Ha studiato lingue e letterature classiche, disciplina che ha insegnato per molti anni in diverse università del Nord America. Nel frattempo ha pubblicato contributi scientifici, saggi, traduzioni. Nonostante il suo incredibile successo e i molti premi e riconoscimenti ricevuti, tiene un profilo basso, come racconta Sam Anderson un ritratto della poetessa apparso sul New York Times nel 2017.  “Anne Carson wasborn in Canada and teachesancientGreek for a living” è la biografia lapidaria sulle quarte di copertina di molti suoi libri – senza alcuna foto d’accompagnamento.

Il mondo classico pervade la poesia e più in generale l’opera di Carson, com’è evidente da Autobiography of Red: A Novel in Verse (1998, ispirato alla Gerioneide del poeta greco Stesicoro) o daAntigonick (2012), una originale rielaborazione dell’Antigone di Sofocle. Ma Saffo occupa forse uno spazio privilegiato. Eros the Bittersweet, titolo del saggio del 1986 che rielabora la tesi di dottorato di Carson (Odi et Amo Ergo Sum), è uno studio del desiderio nella letteratura greca che parte proprio da Saffo.

If Not, Winter: Carson traduttrice di Saffo

If Not, Winter è il titolo che Carson dà alla sua traduzione dei frammenti di Saffo apparsa nel 2002. La frase è tratta da un verso del Fr. 22 di Saffo ed è rappresentativa dell’effetto poetico offerto dalla raccolta. Come i classicisti ben sanno, buona parte della poesia di Saffo ci è stata tramandata da papiri che, pur essendo sopravvissuti per duemila anni o giù di lì, si trovano in condizioni abbastanza disastrose. Il risultato è che i resti della poesia che leggiamo di Saffo sono spesso pieni di lacune e misteri irrisolti – il che, però, è anche parte (involontaria) del fascinoche la sua poesia esercita su noi moderni.

[Visualizza un papiro con versi di Saffo (P.Köln XI 429, III secolo a.C., recante frammenti del ‘Tithonuspoem’ = Fr. 58]

Carson sfrutta deliberatamente questa mutilazione del testo antico. I filologi classici utilizzano le parentesi quadre per indicare le lacune materiali nel testo dovute alla frammentarietà dei papiri. Carson, come dichiara nell’introduzione al volume, ritiene che le parentesi implichino uno spazio libero che apre all’immaginazione (bracketsimply a free space of imaginal adventure, p. XI).

Così recita ad esempio il Fr. 43 nella versione di Carson:


]beautiful he

]stirs up still things

]exhaustion the mind

]settles down

]but come O beloveds

]for day is near

Il volume, poi, oltre alle caratteristiche del testo antico, sfrutta anche la disposizione del testo in modo artistico. Il Fr. 51, che è di un solo rigo nell’originale greco, è reso così:

Foto di Davide Massimo

L’impaginazione viene sfruttata in questo caso per rendere il dilemma del cuore diviso fra due pensieri. Sfogliando tutto il volume, poi, si nota come lo spazio bianco prevalga in realtà sul testo stampato (nel caso di frammenti di una sola parola o poco più, il resto della pagina viene lasciato in bianco). Questa scelta, che sarebbe bizzarra o fuori luogo per una edizione ‘tradizionale’ e specialistica della poetessa, è invece un elemento molto potente della versione di Carson. Ci ricorda quello che sappiamo di Saffo è davvero poco, ma che allo stesso tempo dà spazio all’immaginazione del lettore, libera di proseguire laddove spesso lo studioso deve fermarsi.

Lontani da Lesbo?

L’aspetto forse più celebre del personaggio Saffo, ossia il desiderio e l’elemento omoerotico, passa in secondo piano nella versione di Carson. Come dichiara lei stessa nell’introduzione: “Controversie sulla sua etica personale e il suo stile di vita hanno impegnato a lungo molti nella storia degli studi di Saffo. Pare che abbia conosciuto e amato le donne così profondamente quanto amava la musica. Possiamo lasciare qui la questione?” (p. xi)

Come ha sottolineato la classicista e traduttrice Emily Wilson in un pezzo su alcune pubblicazioni su Saffo nella London Review of Books (2004), Carson sembra mettere in secondo piano talvolta l’elemento omoerotico. Prende a esempio la traduzione del Fr. 31, la cosiddetta ‘Ode della gelosia’ in cui la persona loquens descrive l’obnubilamento dei sensi e il disagio fisico creato dalla vista della persona oggetto del desiderio che conversa con un uomo. Nell’originale grecole parole hanno una connotazione di genere, mentre Carson opta per una traduzione ‘impersonale’e che addirittura si disfa dei marcatori di persona come pronomi o aggettivi possessivi:

tongue breaks and thin
fireis racing under skin
and in eyes no sight and drumming
fillsears

La resa è ben diversa dalla consueta “la mia lingua si spezza” o “la lingua mi si spezza”, più fedele all’originale greco. Questa scelta incontrerà certamente delle critiche, ma non è un inganno: è una scelte deliberata che vuole porre l’attenzione su altri elementi poetici. E quella operata da Carson, in fondo, è un’altra delle mille metamorfosi che ha subito Saffo nei secoli. Una metamorfosi dalle mille sfaccettature, in questo caso, che passa fra le mani di una classicista che coniuga una conoscenza profonda del testo di Saffo all’originalità del proprio mondo poetico.

Fr. 22 nell’edizione di Carson (foto di Davide Massimo).

Nota: i numeri dei frammenti di Saffo si riferiscono, secondo una prassi comune, a quelli dell’edizione di Eva-Maria Voigt, Sappho et AlcaeusFragmenta (Amsterdam, 1971).

Davide Massimo

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Sono nato e cresciuto a Roma, dove ho conseguito presso La Sapienza-Università di Roma una laurea triennale in “Lettere Classiche” e una laurea magistrale in “Filologia, Letterature e Storia del mondo antico”. La mia più grande passione sono i libri e la letteratura di ogni epoca e paese (non solo classica), le biblioteche, i manoscritti, i libri antichi e rari. Ho studiato teoria musicale e pianoforte per diversi anni. Tra le mie altre passioni ci sono i viaggi, la fotografia e il cinema.

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