I 5 svantaggi dell’esistenza di gruppi dedicati ai libri
Proseguo la mia analisi di un fenomeno sul quale si può dissertare a lungo e in modo interdisciplinare: il contributo culturale dei gruppi e delle pagine dedicate alla letteratura su Facebook.
Mi limito esprimermi in merito in modo decisamente compendiario, per accendere un fuoco di interesse che possa svilupparsi in confronto intellettuale, come ci si auspica sempre avvenga sui social.
In questo articolo, dunque, il secondo di un ciclo di riflessioni a tema, mi soffermerò sugli svantaggi che la piattaforma virtuale apporta alla diffusione della letteratura.
- I gruppi di lettura coinvolgono persone che altrimenti non avrebbero modo di incontrarsi e comunicare: come sottolineò Umberto Eco, non saranno solo i migliori ad avere voce, ma chiunque potrà salire sul trono e pontificare;
- La passione è contagiosa, si sa, ma lo è anche la polemica.Anche se sterile e nutrita di offese gratuite, soprattutto se ci si può nascondere dietro uno schermo;
- Facebook consente di conoscere anche libri editi da piccole casi editrici o autopubblicati i quali, talvolta, sono, però, carenti nell’editing e non sono prodotti validi per la presenza di numerosi refusi, di errori grammaticali e sintattici e di poca coerenza o consistenza nella trama.
- La possibilità democratica di avere voce ed esprimere un parere personale porta a comprendere in tempo reale le reazioni che suscita un libro, tuttavia talvolta esse non sono frutto di una attenta riflessione.Alcuni commentano un libro senza averlo letto, elogiandolo o denigrandolo semplicemente sulla base della simpatia che provano per l’autore.
- Scrittori e lettori possono avere un dialogo che, privando i primi di “sacralità” e attribuendo ai secondi un ruolo attivo assai tangibile, crea le premesse per uno scambio immediato. Può succedere che il confronto che deriva non sia affatto costruttivo, ma volto alla polemica e alla creazione di “fazioni”, fino a perdersi del tutto la finalità letteraria.
Al termine dell’elenco, propongo, tuttavia, 3 soluzioni, perché Facebook mi piace e ne vedo il potenziale o dedicherei ad altro le energie che vi investo.
Uso la parola “educazione” non perché si tratti di una serie di norme che deve essere impartita dall’alto, ma perché è un modus vivendi et operandi che si deve apprendere e introiettare per partecipare in modo proficuo ad un gruppo, sia esso virtuale che reale.
- Educazione al libero pensiero
Anche nella vita reale non sono sempre i più competenti ad avere seguito: al libero pensiero bisogna educare. Ossia bisogna insegnare gli strumenti per distinguere un’opinione sensata da una senza fondamento e per comprendere in modo autonomo quali libri siano meritevoli e quali no.
- Educazione al confronto rispettoso
Non ci si impone con un linguaggio volgare né con un atteggiamento verbalmente violento: per comunicare, ossia per dare senso alle proprie parole ed essere accolti dall’altro, si deve essere corretti pur mantenendo la propria onestà intellettuale. Si può, e si deve, esprimere dissenso senza rinunciare alla buona educazione e ci si può appassionare in un dibattito senza trascendere.
I gruppi di lettura sono gestiti da amministratori ai quali spetta l’onere di garantire un clima rispettoso ed educato. Chi non si sente adatto o non ha il tempo per seguire i dibattiti più accesi, non dovrebbe accettare l’incarico.
- Educazione alla ricerca della qualità
Gli autori scrupolosi e i piccoli editori seri dovrebbero offrire un estratto dei propri libri, da leggere gratuitamente prima di completare l’acquisto. In generale, prima di pubblicare un libro è buona norma curarne la stesura, per rispetto dei fruitori.
Il lettore attento, inoltre, non acquista un libro semplicemente perché suggerito da un post su un social, nel caso lo faccia deve essere consapevole di correre un rischio: potrebbe incappare in un testo pessimo o, invece, scoprire un talento nascosto.
Emma Fenu