Il ritratto inedito di un Dante fanciullo curioso raccontato da Gianni Vacchelli
Dal Dante che campeggia sulla moneta dei due euro, alle tante varianti del Sommo Poeta in salsa pop cui siamo ormai assuefatti (basta citare l’Inferno di Dan Brown), gli ultimi anni non sono stati certo avari quanto a iconografia dantesca.
Un successo del brand Dante che ha tra le sue ragioni un’idea in fondo tradizionale ma ancora di grande attualità: quella di Dante come ‘padre’ e origine imprescindibile della nostra civiltà. Abbiamo così il Dante padre della lingua e della letteratura italiana, ovviamente. Ma anche il Dante politico e padre della patria, che a seconda dello spirito del tempo può ritrovarsi a indossare l’abito risorgimentale, quello fascista o persino sovranista, come notato da Christian Raimo nel recente Contro l’identità italiana. Un padre tanto onnipresente, verrebbe da dire, quanto diventato in alcuni casi vuoto, per l’uso spesso troppo strumentale o banalizzante che si fa della sua figura.
Eppure, l’opera dantesca avrebbe molto da insegnarci proprio sul concetto di paternità e la relazione padre-figlio, a partire da quello smarrimento archetipico in una “selva oscura”, tanto “selvaggia e aspra e forte” da far perdere la “speranza de l’altezza”. Un’immagine che, non a caso, più che un padre, ci presenta un Dante per molti versi bambino, alla ricerca di una guida morale e con un destino tutto da costruire.
Tre incontri per riscoprire la figura di Dante Alighieri
È sulla base di questa constatazione che Gianni Vacchelli, docente e scrittore con all’attivo diversi libri sull’Alighieri (tra cui l’ultimo Dante e i bambini, Lemma Press, 2019) ha proposto, in un ciclo di conferenze tenutesi presso la chiesa di San Carlo al Lazzaretto a Milano, una rilettura dell’opera dantesca all’insegna del binomio puer–senex.
Un itinerario affascinante in tre puntate (3, 10 e 24 ottobre 2019) organizzato dalla Fondazione “Il Lazzaretto” che ha avuto il merito di offrire, con intelligenza e in una forma accessibile anche al grande pubblico, il ritratto inedito di un Dante fanciullo curioso e “continuamente stupito di quello che avviene a un uomo grandissimo”, come scriveva Umberto Saba. Ma allo stesso tempo anche grande vecchio, che porta a compimento il suo percorso esistenziale attraverso l’incontro con una serie di padri esemplari.
Foto di Silvia Gottardi, Fondazione Il Lazzaretto Foto di Silvia Gottardi, Fondazione Il Lazzaretto Foto di Silvia Gottardi, Fondazione Il Lazzaretto
Come ricordato da Vacchelli nell’ultimo incontro della serie “Dante l’adulto bambino”, l’importanza della relazione padre-figlio o adulto-bambino è prima di tutto un dato culturale. Dante si muove, infatti, in un universo come quello medievale in cui il parricidio simbolico non è contemplato, così che i conti con la figura paterna, volente o nolente, vanno fatti.
La relazione padre-figlio nella Divina Commedia
All’assenza nella Commedia del vero padre di Dante, Alighiero di Bellincione (le poche fonti a disposizione lasciano intendere che fosse usuraio, da cui forse la sua esclusione), sopperisce allora una nutrita serie di padri esemplari, nel bene e nel male.
Dal padre-guida Virgilio, autore di un poema come l’Eneide che è anche un trattato sulla paternità nel mondo latino (basti pensare alla relazione tra Anchise ed Enea). All’anti-padre Ugolino dell’Inferno XXXIII, i cui silenzi nei confronti dei figli prostrati dalla fame preludono al destino orribile che li attenderà. Fino all’incontro, nel trittico di canti XV, XVI e XVII del Paradiso, con la figura di Cacciaguida, trisavolo di Dante e crociato, ma soprattutto “padre santo” prescelto come termine di confronto ma anche specchio legittimante del proprio destino. Sarà infatti Cacciaguida a comunicare a Dante il futuro di esilio che lo attende, così come a confermarlo in quella missione poetica che l’avrebbe poi consegnato alla posterità. Quel “grido” come “vento” – ossia la Commedia – che percuotendo le “alte cime” si rivolge non a caso anche ai potenti (e spesso cattivi) padri e maestri.
In questa inesausta ricerca di un padre come polo necessario della costruzione di sé, il ciclo di Vacchelli sembra indicarci, allora, un lato della ‘paternità’ di Dante adulto e bambino allo stesso tempo, che l’individualismo a base di selfie e soddisfacimento immediato in cui siamo immersi ci porta troppo spesso a dimenticare, ma al quale forse sarebbe utile tornare a guardare con attenzione. Pena il restare intrappolati in un mondo di bambini incapaci di essere adulti e senza direzione.
Un nuovo appuntamento dedicato a Dante
Al tema di Dante adulto-bambino Gianni Vacchelli dedicherà un’altra conferenza dal titolo “Perché Dante è un bambino che invecchia felice?” sabato 9 novembre 2019 alle ore 19.00, nel quadro del Festival della Peste! (7-10 novembre 2019) organizzato dalla Fondazione “Il Lazzaretto”.
Francesco Bonelli
Foto di Silvia Gottardi, per gentile concessione della Fondazione “Il Lazzaretto”