A gennaio il mondo degli studenti vivrà una novità significativa: una webseries interamente realizzata da studenti.
Parliamo di Branding Love, una sitcom composta da 7 episodi di 10 minuti ciascuno, con la collaborazione dalla Sapienza, il famoso primo ateneo romano, e realizzata interamente da studenti del corso di arte, scienza e spettacolo. Branding Love è la storia di quattro studenti di economia (Luca, Treccani, Chimbo e Alessio) che si trovano casualmente davanti all’impresa di dover realizzare una campagna marketing per la loro università, la quale varrà loro come tirocinio ma, nel caso non riuscissero a portarla a termine, gli verrà impedito di laurearsi dal professor Cardinali, la mente del progetto. In ogni episodio le teorie di marketing si fondono agli insegnamenti per la vita sentimentale dei protagonisti.
Per celebrare l’arrivo di questa speciale sitcom abbiamo intervistato non una, ma ben due persone legate al progetto. Alessandro Marzullo, creatore e showrunner della serie, e Camilla Crisciotti, del team di registi e disegnatrice degli storyboard dei vari episodi.
Partiamo dalle cose ovvie: come è nata l’idea di Branding Love? E soprattutto, con quali intenzioni e quali obiettivi?
Alessandro. L’idea di fare una serie nasce da una piccola apertura del team di comunicazione della Sapienza, su cui ci siamo tuffati allargandola, facendola diventare voragine. Eravamo un team di qualche persona che ha messo su una writers room sperimentale dentro l’università, quella che poi è diventata Flickmates Studio, che ha prodotto la serie. Non avevamo soldi, mezzi o conoscenze per farci produrre qualcosa. Le sitcom si basano soprattutto sulla scrittura, con la quale siamo riusciti a creare un prodotto sostenibile anche nelle nostre condizioni. Dovevamo ambientare il tutto nel contesto studentesco, allora abbiamo deciso di non mettere affatto esami, che qualcun altro ha già fatto bene in passato. La scelta di parlare di branding è una provocazione se contestualizzata in Italia, ancor di più se proviene dall’università pubblica. Poi ci abbiamo buttato l’amore accanto perché accresce la provocazione e questo contrasto fa comunque ridere. I nostri obiettivi erano e sono talmente tanti che non potrei riassumerli in questa intervista. Posso dirti che dal punto di vista produttivo è stato un successo, data l’approvazione della Sapienza, fatto storico, e l’investimento di tantissime persone fisiche e giuridiche, tra cui aziende di grosso calibro internazionali, anche in fase di progetto. Colgo l’occasione per fare i complimenti a Nicholas Fiorentino, Giorgia Russo, Valerio Chicca e Giulio Rossi, che sono stati con me i creatori della serie e hanno permesso tutto questo.
Camilla. L’intenzione più stimolante è stata quella di poter fare qualcosa con un gruppo di coetanei, qualcosa di veramente concreto nato interamente da noi ragazzi, un’opportunità per fare vera pratica dopo aver studiato. La Sapienza ci ha dato la possibilità di girare nei luoghi della facoltà, e siamo riusciti a fare tutto da soli con poco aiuto esterno: ci siamo divisi in vari dipartimenti, chi per la regia, chi per la sceneggiatura, poi la produzione, la fotografia, i social, e l’aspetto importante della scenografia immaginando fin da subito di voler creare un set molto stilizzato da finto set di una sitcom classica. E l’obiettivo va oltre la fine delle riprese stesse: abbiamo creato per ogni personaggio un profilo social, facebook e instagram, incoraggiando ogni attore a fare cose simili al personaggio che interpreta per pubblicarle e condividerle.
Come avete trovato i vari attori? Avete cercato i vari interpreti in base ai personaggi in mente, oppure i vari personaggi sono stati modellati sulle caratteristiche del cast?
Alessandro. Quando scrivevo le stesure delle puntate con il team di sceneggiatori, io che sono lo showrunner, avevo già in mente a chi affidare i ruoli chiave. Mi sono confrontato coi colleghi e ci siamo trovati d’accordo. Solo un ruolo è stato cambiato in corsa, quello di Chimbo. Non è semplice fare un cast per una serie senza budget, con 17 giorni di riprese, dove 6 personaggi sono protagonisti di tutte le puntate. Stimoli e fiducia sono il requisito fondamentale in casi come questo. In realtà non conoscevo personalmente gli attori, nel senso che non eravamo affatto amici, ma conoscenti, di cui ho sempre avuto stima. Tutti hanno stili diversi e storie di formazione diverse, il che a mio avviso ha permesso di creare un buon mix di energie sul set. Tra i ruoli chiave Cuoricino è stato l’ultimo ad essere assegnato, dato che non riuscivamo a trovare un’attrice adatta, allora abbiamo ridotto la parte. Avremmo voluto più personaggi femminili, ma le ragazze attrici in Italia si mettono davvero poco in gioco, stanno troppo a piangere e a giocare di fare le star di Hollywood. Poi dal nulla è arrivata Maristella Burchietti che ha sconvolto i nostri piani e ha effettivamente dato tanto al personaggio, che già dal nome si presenta come didascalico (volutamente). Tutti gli attori ci hanno dato tantissimo, già nei mesi di prove ci hanno dato conferma che sceglierli è stato azzeccato. Ricordo inoltre che Riccardo Giacomini (Treccani) ha lavorato con me successivamente a Looped Love, prodotto da Leblon communication, short film con Diane Fleri che ho presentato al festival di Roma lo scorso novembre. Lavoro spesso con il suo trio comico Due e mezzo, di cui fa parte Matteo Montaperto (Chimbo). Poi lo dirà il pubblico guardando la serie se il cast funziona o meno, questo sarà l’unico banco di prova che conta davvero.
Camilla. Abbiamo fatto molte prove prima di girare, e abbiamo lasciato la possibilità agli attori di fare molta improvvisazione per farli entrare bene nei personaggi. Tutti i cinque protagonisti erano già abbastanza caratterizzati in fase di scrittura, ognuno particolare a modo suo, soprattutto Luca che doveva sembrare il classico protagonista da sitcom. Ma alcuni elementi sono nati proprio con gli attori: proprio Luca ha spesso le mani in tasca, e questa cosa è nata da chi lo interpreta, mentre Mia è cambiata in corso d’opera grazie alle caratteristiche della sua attrice.
Leggo cinque nomi tra i registi e cinque nomi tra gli sceneggiatori: come è stato lavorare in un team ed amalgamare le idee di tutti?
Camilla. Dietro c’è una produzione molto lunga, partita nel dicembre 2016 quando abbiamo iniziato a parlare della serie, con le prime riunioni in cui ognuno liberamente poteva proporre cosa fare per aiutare il progetto, io stessa mi sono dedicata alla regia dopo aver fatto anche un provino per recitare. Ci siamo sempre confrontati su tutto, per decidere le varie inquadrature fatte durante le riprese abbiamo prima preparato shootling list e io ho curato gli storyboard con oltre 300 disegni. Abbiamo girato in tempi brevi, gli interni in una settimana, gli esterni in due settimane, dovevamo sempre sapere già come fare col minor numero di inquadrature possibili. Tutto questo è possibile solo con un forte lavoro di squadra.
Alessandro. È stato bellissimo. Che non significa facile o tutto rose e fiori. Lavorare in 20 per un anno, quasi tutti alla prima esperienza, tutti ragazzi italiani cresciuti con il concetto dell autore: è stato necessario ridimensionarsi sin da subito per poter arrivare in fondo. L’80% di noi l’ha fatto e ancora oggi stiamo raccogliendo i frutti con Branding Love, ma poi con una crescita professionale che attualmente ci ha portato a lavorare su progetti più grandi di una web serie. In realtà sui nuovi progetti abbiamo già allargato la famiglia, crescere, sotto tutti i punti di vista, è la cosa che ci interessa di più. In questo senso Branding Love è stato il nostro minimo prodotto fattibile e devo dire che come minimo, sta raggiungendo livelli elevati. Concludo dicendo che solo in team, col rispetto dei ruoli, si fanno le cose grandi ed è questo il discorso che portiamo avanti con Flickmates Studio. Per questo ringrazio tutti i ragazzi di Branding Love, che mi hanno permesso di condividere e portare avanti questa filosofia di lavoro e di accrescere questa cultura professionale.
Chi approccia la realizzazione di una web series ha sicuramente un immaginario ben presente. Ci sono citazioni o influenze particolari in Branding Love?
Alessandro. Branding Love è pop. Qualsiasi influenza che non compromettesse i limiti di autocensura che ci siamo imposti, dato il contesto pubblico universitario in cui la serie è ambientata e distribuita, sono stati inseriti senza nessun timore di peccato di non originalità, anzi, ci abbiamo scherzato su e abbiamo rincarato la dose ogni volta che è stato possibile. Vi basterà vederla per rendervene conto. Ci sono tante decisioni forti, dalla scenografia, ai costumi, dal tono generale della serie alle singole battute e le risate fuori campo, insomma, Branding Love è un mondo con le sue regole, che non passerà di certo inosservato, nel bene o nel male.
Camilla. L’influenza è quella delle sitcom americane più conosciute e amate. Prima di girare abbiamo riguardato tutti gli episodi di How I Met Your Mother, ci sembrava l’esempio migliore, ed è servito anche Sing Street per avere in mente il percorso di conquista di una ragazza.
Branding Love è la prima serie ufficiale dell’università Sapienza, quindi in conclusione chiedo: il ruolo dell’università in questo progetto quale è stato? E soprattutto, cosa significa per te l’esperienza universitaria?
Camilla. Naturalmente la Sapienza è stata importantissima, non solo per la possibilità data di girare in facoltà, ma soprattutto perché ci ha incoraggiato nel progetto, ci ha aiutato nella ricerca delle locations, nella pubblicità del merchandising, nella distribuzione del risultato finale attraverso i canali social. L’esperienza quindi non può che essere significativa e positiva, abbiamo creato un bel gruppo di lavoro e la possibilità di poter partire da qui, andare avanti ed affrontare nuovi progetti.
Alessandro. La Sapienza è la ragione per cui è nata Branding Love. È stata pensata per lei e realizzata con e da i suoi studenti. Le istituzioni poi le fanno le persone e se hai gli studenti giusti e professori giusti si possono creare questi prodotti incredibili come mai visto prima nella storia. È l’ateneo più grande d’Europa, più di duecentomila iscritti. Li dentro si può fare di tutto, basta solo unire le forze. Quindi, che ruolo ha avuto la Sapienza nella serie? La Sapienza siamo noi, gli studenti, i professori, chi la vive, questo è tutto.
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Ringraziamo Alessandro e Camilla per la loro disponibilità, e vi vediamo appuntamento al più presto con Branding Love. Ecco dove seguirla:
facebook: https://www.facebook.com/brandinglovee/
twitter: https://twitter.com/brandinglovee
instagram: https://www.instagram.com/branding.love/
youtube: https://www.youtube.com/channel/UCGlgC4wJYpXFVvsChmvPs8A/videos
campagna crowdfunding: https://www.produzionidalbasso.com/project/branding-love/
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Emanuele D’Aniello