La Città dell’altra economia ha ospitato ancora una volta i V.A.N. una delle realtà più attive nel mondo delle vinificazioni naturali.
Appuntamento ormai consueto ed atteso dai moltissimi appassionati votati alla viticultura naturale. Non sono poi molte le degustazioni in calendario dedicate a questa tipologia di vini, ragion per cui l’evento ottiene ogni anno un consenso sempre più allargato.
Un appuntamento atteso tutto l’anno.
Ma le motivazioni del successo di V.A.N. Vignaioli Artigianali Naturali a Roma, sono dovute anche al fatto che ogni anno gli estimatori di questi vini sono in aumento. Un mondo in continua evoluzione in cui l’appuntamento che si svolge presso la città dell’Altra Economia a Testaccio, rappresenta qualcosa di più che una semplice degustazione.
Il V.A.N. è l’evento centrale di un dibattito che travalica gli spazi dell’ex mattatoio per spostarsi nelle enoteche romane. Molte di queste infatti, durante la settimana che precede l’evento organizzano degustazioni a tema. Micro appuntamenti con la presenza dei produttori per meglio approfondire i temi della vinificazione artigianale e naturale. Del resto questa è forse la discussione più grande intorno al mondo del vino negli ultimi anni, capace di animare gli enoappassionati addirittura più delle questioni sulla mineralità.
Due giorni per fare ilpunto sullo stato dell’arte dei vini naturali.
Per questo motivo V.A.N. si presenta anche come un osservatorio da cui misurare gli sviluppi, le tendenze e la crescita nel corso degli anni, per quanto riguarda vini e vinificatori dediti al naturale. C’è da dire sicuramente che molti progressi sono stati fatti dagli esordi della vinificazione in naturale. Si è passanti da estremismi a volte fini a se stessi ad una cultura vera e propria che supera la staticità delle etichettature.
L’esigenza del valore ha superato quella delle etichette.
Attualmente chi si appassiona a questa tipologia di vini, lo fa certamente per i valori di qualità e contenuti. Sia dal punto di vista delle produzioni, che delle esperienze intrinsecamente legate al mondo contadino tradizionale che questi vini rappresentano. Chi cerca un vino naturale oggi non cerca più una definizione o un’etichetta per differenziarsi, ma un prodotto capace di soddisfare il proprio palato attraverso percorsi gustativi, differenti e alternativi a quelli delle grandi produzioni.
Un protocollo chiaro per impegnarsi verso il consumatore.
Sono anche i produttori stessi ad aver abbandonato la crociata del sottolineare a tutti i costi la menzione “Naturale”. Una bandiera che vista la qualità raggiunta in molti casi, non serve più a giustificare gli eventuali aspetti negativi dei loro vini. I V.A.N. come sottolineano nel loro manifesto, aderiscono ad un protocollo che garantisce il consumatore: “i nostri vini sono ottenuti da uve da agricoltura biologica o biodinamica anche autocertificata, raccolte manualmente, prodotti unicamente da fermentazioni spontanee (senza lieviti o batteri aggiunti) con un contenuto in solforosa totale all’imbottigliamento di max 40 mg/l, indipendentemente dal tenore di zuccheri residui. Vini ottenuti senza l’aggiunta di alcun additivo o coadiuvante enologico in vinificazione, maturazione e affinamento e senza trattamenti fisici brutali e in filtrazione tangenziale, pastorizzazione, criovinificazione o termovinificazione, filtrazione sterilizzante, ecc.”.
Valore aggiunto dell’evento è stata come sempre la possibilità dell’acquisto direttamente in loco e dal produttore. Comprare un vino dalle mani di chi lo ha fatto e dopo che te lo ha spiegato, non è la stessa cosa di prendere una bottiglia dallo scaffale. Si crea un rapporto diretto che ricalca quello arcaico con il contadino, in essere fino all’avvento dei moderni sistemi di commercio. Cosa non da poco per un appassionato.
Tra i banchi d’assaggio una grandissima varietà.
Nell’escursione tra i banchi d’assaggio tante cose interessanti, tante storie di produzioni, territori, clima e tradizioni popolari. Molti vini buoni e altrettanti in grado di alimentare discussioni infinite sul concetto di qualità o meno. Molti campioni assoluti, che non hanno bisogno di etichette per aumentare il loro valore. È il caso di ‘Nzemmula di Bruno Ferrara Sardo, da Nerello Mascalese e Nerello Mantellato. Tra le migliori espressioni in assoluto della viticultura etnea.
Come anche quelle di Mario Gatta con i suoi metodo classico eccezionali. Frutto di una lavorazione che si ribella alle scadenze del tempo, per divienire uno stile di vita nei 10 anni di affinamento sulle fecce fini del suo Era, di grande finezza ed eleganza. Caratteristiche che tra gli spumanti ritroviamo anche nella verticalità dei metodo classico di Cherubini. Viticoltore del Bresciano al confine con il territorio della Franciacorta, che con i suoi “dosaggio zero” duella con questi ultimi senza indietreggiare di un solo passo.
L’Italia rappresentata da nord a sud.
Tanti prodotti diversi tra loro ma uniti dal filo dell’autenticità, come quelli del Piemontese Saccoletto che vinifica gli autoctoni del Monferrato. I suoi vini di anno in anno sviluppano il loro carattere anche in maniera diversa, ma sempre aderenti ad uno stile senza fronzoli votato all’essenzialità e alla pienezza del sorso. Ottima espressione del Monferrato anche quella di Vinicea con la Barbera e gli altri autoctoni. Tra questi anche il Grignolino vitigno in risalita di consensi negli ultimi anni.
Tenuta Belvedere invece tiene sempre alta la bandiera dell’Oltrepò Pavese, territorio mai abbastanza considerato. Compito che per la Calabria è assolto egregiamente da Lucà con i suoi Marasà. Taglio di Nerello Calabrese e Gaglioppo per il rosso, Mantonico e Guardavalle per il bianco.
Anche Spagna e Slovenia hanno partecipato all’evento.
Dall’estero oltre ai vini Sloveni di Vina Čotar, quasi un oggetto di culto per gli appassionati del genere naturale, da registrare il grande interesse destato dal banco che ospitava le aziende Spagnole. Tra i vini iberici alcune perle come il Colleita n°5 bianco, prodotto da piccoli vigneti autoctoni o lo strepitoso Rosso Vinos Ambiz, dell’Azienda omonima.
Di questa anche l’Alba Bianco da vitigno Albillo Real, ottenuto attraverso vinificazione in anfora. Etichetta stupenda certamente la più bella di tutte. Un vino per cui in molti casi si utilizzano bottiglie riciclate e, tappi che provengono da una piantagione sostenibile di sughero in provincia di Salamanca. Insomma una vera e propria icona rappresentativa degli albori della viticultura naturale. Coerente anche nel gusto però, capace di dividere nettamente chi lo assaggia e di provocare interminabili discussioni sulla filosofia di questo genere di produzioni.
La viticoltura del Lazio che avanza a grandi passi.
Tornando tra i confini nazionali ottimi i vini Molisani di Vinica con la Tintilia sugli scudi, come anche quelli di Raína in Umbria, in particolar modo i rossi. Il Lazio merita un discorso a parte, perché il fermento del mondo enoico a tutto tondo negli ultimi anni, sta producendo ottimi vini in generale che si distinguono anche per questa tipologia. Ne sono esempio chiaro i produttori in pista già da un po’, come Ribelà , oppure il duo Riccardi Reale, specialisti del Cesanese in quel di Olevano Romano.
Anche il nuovo che avanza però non è da meno, come testimonia Marco Colicchio con la sua Malvasia Puntinata. Oppure l’Azienda D.S. Bio con i suoi vini tra cui Arcaro ottenuto da vitigno Maturano. Un autoctono del frusinate allevato ancora con l’antico sistema della vite ad alberata maritata all’ulivo.
La sensazione che si respira alla fine di questa due giorni, è che l’utilizzo del termine “naturale” serva sempre meno a costruire barriere tra gli appassionati, mentre lentamente concorra a costruire un ponte condiviso verso la qualità.
Bruno Fulco