Quattro chiacchiere sui vini Italiani: Il Montepulciano d’Abruzzo

Simbolo dell’enologia di un’intera regione il Montepulciano d’Abruzzo sembra fatto apposta per sposare al meglio la tradizione gastronomica locale.

Conosciuto come vino degli Aprutzi sin dai tempi di Annibale, il celebre genio militare che pare ne fosse grande estimatore. Sembra ne facesse uso anche in una sorta di enoterapia per curare uomini e cavalli dalla scabbia. Almeno secondo le testimonianze riportate dal greco Polibio.

Il Montepulciano d’Abruzzo è il frutto della sua terra e nulla ha a che fare con la località Toscana. La confusione iniziale deriva infatti dai rapporti intrattenuti dall’Abruzzo con questa regione, al fine di apprendere le tecniche enologiche. Successive analisi certificarono che il vitigno del vino Nobile di Montepulciano, è in realtà una varietà di Sangiovese.

Il primo ad intravedere le potenzialità del vitigno abruzzese è ancora una volta un politico del Regno d’Italia. Fattore abbastanza ricorrente nella storia dell’enologia italiana. Stavolta gli onori toccano all’Onorevole Giuseppe Devincenzi che a fine carriera si dedica allo sviluppo di questo vino.  Nella sua Tenuta Mazzarosa-Devincenzi ottiene le prime affermazioni significative e di grande impulso per tutta l’enologia Abruzzese.

Il Montepulciano d’Abruzzo, per le sue capacità di donare struttura e colore, fu però per lungo tempo destinato principalmente all’assemblaggio con altri vini. Solo in seguito i produttori puntarono decisamente sul potenziale di queste uve iniziando un percorso di crescita verso la qualità.

Il grande lavoro dei produttori si riscontra nei risultati conseguiti

La Doc istituita nel 1968 arriva a premiarne gli sforzi. Oggi il Montepulciano d’Abruzzo è uno dei vini Italiani più amati dal grande pubblico, in pianta stabile tra i primi posti delle classifiche di vendita nella grande distribuzione. Popolarità che  nel 2003 porta ai vini prodotti nelle provincia di Teramo e denominati Colline Teramane, il riconoscimento della Docg.

Fiore all’occhiello per tutti gli abruzzesi viene vissuto come elemento identitario e presenza del vivere quotidiano. Il comune di Orsogna lo utilizza addirittura come spartitraffico, piantandone filari tra le corsie lungo la strada principale del paese.

Viene vinificato nelle provincie di Chieti, L’Aquila, Pescara e Teramo. L’impiego di Montepulciano d’Abruzzo deve essere minimo l’85% ed è concesso un piccolo saldo di altri vitigni a bacca rossa. L’impiego del legno è obbligatorio soltanto per la riserva. Tra i produttori Valentini e Masciarelli sono le istituzioni, ma anche Cataldi Madonna, Emidio Pepe, Dino Illuminati, Fattoria La Valentina, Torre dei Beati, sono tra quelli che riescono ad esprimere questo vitigno sui massimi livelli.

Morbido e potente il Montepulciano d’Abruzzo si presta a grandi possibilità di abbinamento

Vino di struttura, una morbida potenza che si rivela già dall’intensità del colore. Dai tannini non aggressivi, si esprime sulle note della frutta rossa dalla prugna alla ciliegia. La componente floreale ha i toni dei fiori rossi secchi impreziosita da note speziate, mentre l’invecchiamento sviluppa sentori che lo impreziosiscono in finezza e complessità.

L’abbinamento richiede piatti di adeguata struttura anche relativamente all’invecchiamento del vino. Dai primi ai differenti condimenti di carne, ragù di cinghiale compreso, a tutta la pasta ripiena e alle lasagne. Con la carne trova il suo miglior connubio, grande col capretto e l’agnello, specialmente se marinato alle erbe aromatiche.

Spalla ideale per gli arrosticini di pecora con cui forma la coppia enogastronomica più famosa d’Abruzzo. Oltre alla griglia è ottimo sugli arrosti anche ripieni e con abbinamenti di verdure, sugli spezzatini e le carni in umido, la cacciagione e i piatti con funghi porcini, oltre che con i formaggi stagionati.

Un vino che riceve l’apprezzamento di numerosi chef, da Niko Romito a Nicola Portinari. William Zonfa lo impiega nella realizzazione del suo Manzetto brasato al Montepulciano con polentina arrosto, che nella lunga cottura arricchisce il gusto delle carni con i sapori sprigionati dal vino.

Bruno Fulco

Iscritto all’Ordine dei Giornalisti e diplomato presso l’Associazione Italiana Sommelier, da sempre appassionato di enogastronomia come veicolo di scambio e collegamento tra le diverse culture. Viaggiatore entusiasta specie nelle realtà asiatiche e mediorientali. La fotografia completa il bouquet delle passioni irrinunciabili con particolare attenzione al reportage. Ricerca ostinatamente il modo di fondere questi elementi in un unico elemento comunicativo.

COMMENTA QUESTA DOSE DI CULTURA

Lascia un commento!
Inserisci il tuo nome qui