Un viaggio tra territori, stili e produzioni Austriache, con l’Ambasciatore della sua viticoltura ospite nella sede romana dell’Onav.
Dopo la pausa estiva riprendono le degustazioni nella sede romana dell’Hotel Colombo. La prima in cartello, come sempre nello stile Onav, è un appuntamento capace di stuzzicare la curiosità degli amanti del vino. Il tema della serata sono i vini Austriaci, viticultura non sempre facile da trovare in assaggio ne di ampia disponibilità nelle enoteche romane e, per questo motivo di grande interesse. A presentarla Alessandro Brizi e Willi Klinger. Il Delegato di Onav Roma, insieme alla figura centrale per la promozione dei vini Austriaci nel mondo. I due hanno reso un quadro completo della viticultura di un paese sconosciuto alla massa degli amanti del vino, ma che ha tante prerogative che vale certamente la pena di approfondire.
Viticoltura sin dal 700 a.c.
Nella tradizione Austriaca il vino non è certamente una casualità. I primi segni della presenza della vite sono datati 700 a.c., periodo in cui i celti e gli illiri coltivavano la vite. A dimostrarlo i ritrovamenti di vinaccioli in una tomba celtica. Attività arcaiche a parte, la storia del vino Austriaco ricalca un po’ quella degli altri paesi Europei, con i Romani che introducono e sviluppano la coltivazione della vite nella loro espansione territoriale. I ritrovamenti lungo le sponde del Danubio confermano la storia, che pone l’Austria dei tempi all’interno della grande regione vitivinicola sviluppata dall’Impero Romano.
Un percorso condiviso con tutta l’Europa.
Nei secoli successivi le sorti dell’Austria sono simili a quelle degli altri paesi europei, che vedono la coltivazione della vite salvarsi grazie alla grande opera svolta nei centri monastici. In particolare sul territorio austriaco appartenenti agli ordini di Benedettini e Cistercensi. L’inizio dell’era moderna del vino in Austria si può datare 1860 anno di apertura della scuola di viticoltura e frutticoltura, fondata a nord di Vienna per volere del Barone August Wilhelm von Babo. Il movimento enoico subisce un brutto stop nel 1918 con la caduta della Monarchia Asburgica, quando il vigneto si riduce da 48 a 30.000 ettari. Oggi con gli attuali 46.500 ettari le prerogative di questa viticultura non sono certo quelle dei grandi numeri, ma bensì di dedicarsi esclusivamente alla qualità.
Diversità di clima e suolo assicurano vini di propria personalità.
Climaticamente l’Austria è composta da cinque zone principali: Il bacino del Danubio, il Weinviertel, il bacino Pannonico, la Stiria e il Bergland. All’interno di queste i diversi territori di produzione con le loro differenze, tra cui quelle del suolo, con lo gneiss roccia tipica austriaca, ma anche loess e sabbia, che riflettono la loro caratteristiche nell’identità dei vini. La viticoltura segue per l’85% c.a i principi della lotta integrata che mira a contrastare malattie e problematiche parassitarie, attraverso un uso particolarmente attento dei prodotti impiegati e delle loro modalità di utilizzo.
Il vigneto Austriaco è sviluppato anche sugli impervi terrazzamenti, che incorniciano splendidamente il paesaggio. Comprende 22 vitigni bianchi e 14 rossi tra internazionali e autoctoni, con questi ultimi che anche qui attirano sempre più l’attenzione, come vuole la tendenza generale del momento. L’impressione è quella di una viticultura che non si tara esclusivamente su parametri produttivi, ma che mira ad integrare i suoi aspetti culturali anche attraverso la ricerca degli abbinamenti con la cucina internazionale, capace di concedere più possibilità di espressione ai vini rispetto a quella locale. Da questo punto di vista le caratteristiche di delicatezza e sfumatura aromatica del bouquet, li vedono particolarmente adatti ad incontrare la cucina asiatica.
Tredici vini per esplorare la produzione Austriaca.
La selezione proposta composta di 13 vini, ha permesso di esplorare le potenzialità di questa viticoltura. L’approccio è stato con due spumanti, l’Österreichischer Sekt Brut Reserve di Schloss Gobelsburg e l’Österreichischer Sekt Brut Rosé di Bründlmayer, entrambi metodo classico. Il primo di fiori, cipria e note di delicata dolcezza, mentre il secondo al naso con note predominanti di lampone, seguite da sfumature tenui di fiore rosso essiccato. Entrambi di accattivante acidità che ne rende il sorso estremamente piacevole.
Il Veltliner domina la scena dei bianchi.
È poi la volta del Veltliner, vitigno principale e più rappresentativo per i bianchi Austriaci, qui presente in tre versioni. La prima è quella di Ott Bernhard, il Wagram Reserve Rosenberg 2015, fiori gialli e note di agrume candito, ai quali si aggiungono sensazioni di miele che aumentano in bocca, rendendolo piacevolmente morbido nonostante l’acidità. Il Niederösterreich Reserve Reisenthal Roter Veltliner 2017 di Mantlerhof, più complesso del precedente, che aggiunge al bouquet note floreali e venature balsamiche dai toni verdi. In bocca è rispondente, allungandosi in piacevole persistenza. Chiude il gruppo Kremstal Klassik Hoher Rain 2016 di Geyerhof, anch’esso dotato di buona complessità. Frutta matura estiva e agrumi delicati, erbe aromatiche e medicinali. Gusto di grande freschezza, equilibrio e pulizia.
Il Riesling punto di contatto con la cultura germanica.
È poi giunto il turno dei Riesling, con due vini rivelatori delle affinità culturali con la vicina Germania, che attraverso questo vitigno esprime il massimo della sua viticoltura. Il Kremstal Reserve Riesling 2017 di Nigl, è balsamico con toni di erbe aromatiche, verdi e sentori di agrume, gioca piacevolmente in bocca sui contrasti di acidità e sapidità. Il Wachau Smaragd Kellerberg Riesling 2016 di F. X. Pichler invece ha espresso la sua eleganza sui toni della frutta a polpa bianca e tropicale, ma che sembra promettere grandi cose nell’invecchiamento. L’ultimo dei bianchi presentati è stato un Sauvignon Blanc, il Südsteiermark Ried Steinriegl 2015 di Wohlmuth da cui emerge la tipicità del vitigno nelle note della foglia del pomodoro, a cui si aggiungono le note fruttate e quelle di erbe aromatiche. In bocca regala un sorso pieno e gustoso non difettando in persistenza.
La discreta presenza dei vini rossi.
Quindi il turni dei vini rossi, comprimari rispetto a quelli ottenuti da bacca bianca ma non per questo privi di interesse. Il primo ad essere servito è stato il Wagram Reserve Pinot Noir “P” 2015 di Fritsch Karl, dove il frutto rosso introduce erbe medicinali e spezie. In bocca l’acidità accompagna un tannino piacevole in un contesto di grande equilibrio. Ottima la persistenza allungata su una piacevole nota amaricante. Il bicchiere è stato poi occupato dal Burgenland Reserve Schwarz-rot Zweigelt 2015 di Johann Schwarz, dove il frutto si fa corposo e golosamente piacevole, accompagnandosi a sentori di spezie e liquirizia. Ultimo dei rossi il Burgenland Reserve Blaufränkisch 2015 di Moric, che aggiunge all’impianto olfattivo del precedente lievi note di terra e bosco. Il tannino qui è una presenza delicata, che partecipa all’equilibrio e alla persistenza finale.
Vini dolci di qualità assoluta.
A completare questo quadro d’insieme della viticoltura Austriaca non potevano mancare i vini dolci, rappresentati da due etichette ed entrambi di grande qualità. Il primo è il Burgenland Cuvée Beerenauslese 2016 di Weinlaubenhof Kracher, elegante e di grande complessità con sentori di fiori bianchi, miele, scorza di agrumi, spezie, frutta secca ed altro ancora, in un bicchiere che muta continuamente il suo profilo olfattivo. Ancor più complesso il Burgenland Ruster Ausbruch di Feiler-Artinger che nella giostra degli aromi include note delicate di frutto bianco, aspetti balsamici, note di muschio, miele e zenzero.
La considerazione finale dopo l’assaggio dei vini e naturale ed istintiva. Chi si aspettava di trovare una viticoltura fortemente influenzata da quella tedesca o alsaziana, sarà forse rimasto deluso. La Scelta Austriaca invece è stata quella di seguire la propria identità, senza imbrigliarsi in modelli o cliché da seguire. Il risultato è quello di una viticultura di più ampio respiro, che riesce a sintetizzare gli aspetti principali della viticultura della vecchia Europa di cui geograficamente occupa anche il cuore.
Bruno Fulco