Per molti motivi erano in tanti ad attendere la mostra mercato della FIVI e nessuno è rimasto deluso dalla due giorni che ha fatto il pieno di presenze.
Nell’affollato calendario delle degustazioni in programma a Roma nel mese di maggio, la vera festa è stata quella della FIVI. L’Associazione, ha presentato il suo evento presso il Salone delle Fontane all’Eur nel fine settimana appena trascorso. Massiccia la risposta del pubblico, ma su questo non c’era il benché minimo dubbio.
Il motivo di tanto successo, è dovuto al fatto che a differenza della maggior parte degli eventi che vedono il vino come protagonista, quello della FIVI si profila come una mostra mercato. L’Acronimo sta per Associazione Italiana Vignaioli Indipendenti e raccoglie circa 1000 soci accomunati tra loro dalla filiera produttiva. Ognuno coltiva e vinifica in proprio le sue uve curandone personalmente la vendita.
A tutela del consumatore la garanzia di un protocollo preciso.
E’ un rapporto diretto di responsabilità tra chi produce e chi consuma, la garanzia che il vignaiolo FIVI focalizza il suo lavoro sulla tutela ed il rispetto del territorio di appartenenza. Non sono solo belle parole ma il frutto di un protocollo ben preciso. Fare domanda di adesione all’Associazione non basta, prima di essere accettati bisogna dimostrare attraverso le vendemmie, quindi in maniera reale, il rispetto di rigorosi requisiti.
Tra i motivi del successo non solo l’acquisto diretto.
Per questo motivo, ovunque la FIVI svolga una manifestazione si può scommettere in anticipo nella sua sicura riuscita. Poter acquistare direttamente dal produttore non è cosa da poco. Si abbattono tutti i passaggi commerciali che di solito gravano sul costo di una bottiglia. In aggiunta c’è il piacere non indifferente di farsi raccontare il vino da chi lo ha partorito, prima nella sua mente e poi attraverso il lavoro quotidiano.
A spasso tra le sale il pubblico si aggirava con il carrello della spesa come in un normale super market. Al posto degli scaffali la moltitudine dei banchi d’assaggio, dietro ai quali gli oltre duecento produttori hanno parlato con grande disponibilità delle loro creature. Non è stato difficile intuire che l’interesse primario era quello di sponsorizzare il proprio territorio, ed in questo senso le bottiglie si sono prestate come veicolo di comunicazione. Giunti da tutta Italia hanno fornito un quadro generale della nostra viticultura e del valore dei suoi contenuti.
Oltre al vino in se, anche l’occasione per scoprire il loro mondo, leggere tra le righe cosa anima il loro lavoro e come si approcciano alla natura. Un’occasione per appassionarsi ancor di più al mondo dell’enologia e per raccogliere seri indizi sulla dimensione culturale che ha il vino nel nostro paese. La manifestazione ha lasciato agli appassionati diverse possibilità di approccio. Oltre alle vantaggiose condizioni d’acquisto, ci si è potuti dedicare ad approfondire la conoscenza di vitigni difficilmente reperibili nei nostri abituali canali commerciali.
Uno sguardo d’insieme su tutto il vigneto italiano.
Ad esempio la Nosiola unico vitigno bianco del Trentino, vinificato da Azienda agricola Pisoni, con il produttore a rappresentarla. Parlare con lui per sapere in quali occasioni viene impiegato, è come scoprire un po’ del vivere locale. Oppure il Bianchello del Metauro, varietà Marchigiana vinificata da Azienda Cignano, il cui conduttore ha spiegato anche i riferimenti grafici presenti in etichetta sul San Leone e legati al territorio.
Il Pinot Nero vinificato in bianco da Tenuta Belvedere dell’Oltrepò Pavese, dai profumi delicati e di impatto non impegnativo, creato appositamente per i momenti di convivialità. Fare un salto in Liguria con Vis Amoris parlando dell’autoctono Pigato e della viticultura locale, su un territorio impegnativo da lavorare ma che sa anche regalare soddisfazioni.
Tantissimi i vitigni rappresentati.
O una puntata in Piemonte, per scoprire vitigni come il Grignolino che era presente con l’Azienda Montariolo. Un vino soffocato dalla presenza ingombrante di parenti più blasonati, ma comunque apprezzato nella cultura popolare e in risalita di consensi. Luigi Veronelli lo definiva “anarchico e individualista”, mentre per Mario Soldati era “il più delicato dei vini Piemontesi” inadatto al fenomeno del consumismo di massa.
E’ stata anche l’occasione per incontrare persone che del vino hanno fatto la loro scelta di vita, piantando tutto per reinventarsi vignaioli. Come la famiglia Gonzales che a Todi ha creato la realtà di Heart of Italy , in cui si produce vino e olio e dove è anche possibile soggiornare. Tanti vini, tutti rappresentativi di diverse realtà.
Ognuno preziosissimo per costruire il proprio percorso enologico e restituire al vino la sua valenza culturale troppo spesso ignorata. Ma l’evento della FIVI per due giorni è stato soprattutto una sorta di paese dei balocchi, dedicato a tutti quelli che a vario titolo ruotano attorno al mondo del vino. Che si tratti di esperti, neofiti, commercianti, ristoratori e appassionati poco importa.
Bruno Fulco