I Diversi Vignaioli Irpini presentano a Roma il loro lavoro

I Diversi Vignaioli Irpini presentano a Roma il loro lavoro

Alla soglia dei sei anni dalla costituzione il consorzio di promozione dei Diversi Vignaioli Irpini presenta i suoi vini nati dal rispetto del territorio

L’Irpinia è oggi senza dubbio tra i territori più interessanti del panorama vinicolo Italiano. Quello che esprime in qualità non lascia dubbio sulle sue potenzialità. Le peculiarità di questa terra fortemente vocata alla viticultura sono rimaste occultate fino a qualche tempo fa. I motivi strutturali purtroppo sono gli stessi che accomunano tutto il sud del paese.

L’Irpinia costituisce la quasi totalità della provincia di Avellino e all’interno di questo territorio la ricchezza del suolo riesce a dare vini estremamente diversi tra loro. Purtroppo l’omologazione imposta nel tempo dalle scorciatoie commerciali, non ha valorizzato a dovere il territorio negando l’eccellenza ai suoi vini. Però negli ultimi anni, la consapevolezza del valore inespresso della loro viticultura ha messo in azione diversi produttori.

Tra le nuove leve diverse sono le forme associative che hanno lo scopo di promuovere i vini locali.  Nascono In questo contesto  i Diversi Vignaioli Irpini, consorzio che ha superato ormai i cinque anni di vita. Antico Castello, Cantina Bambinuto, Cantine Lonardo, Guastaferro, Le Ormere, Luigi Tecce, Tenuta Sarno 1860, Villa Diamante. Sono queste le anime del  sodalizio. Persone spesso provenienti da altri percorsi professionali, chi rilevando il piccolo vigneto di famiglia chi intraprendendo un nuovo progetto. Tutti comunque per amore e per salvaguardare l’identità del loro territorio.

vignaioli irpiniCome specifica il presidente del consorzio Francesco Romano, al centro del progetto c’è la volontà di rappresentare la diversità del vino sul territorio. Mantenerne il tratto autentico evidenziato dalle loro piccole realtà produttive, che consentono la vinificazione in proprio per perseguire la qualità. L’incontro romano con i Diversi Vignaioli Irpini, ha dato modo agli addetti ai lavori di conoscere meglio il loro lavoro. Ad introdurli Monica Coluccia attenta osservatrice delle cose enoiche Irpine, che ha guidato anche la degustazione.

Ogni produttore ha potuto spiegare un suo vino e la filosofia produttiva che lo accompagna. Tutte produzioni contenute, che non cercano nel numero di bottiglie la loro ragion d’essere. D’altronde le sole 100mila bottiglie prodotte per un totale di 35 ettari vitati, sottolineano con forza la ricerca della qualità. Tre i vini protagonisti Fiano, Greco di Tufo e Taurasi, rappresentati in otto bottiglie dal carattere diverso. Insieme hanno restituito un affresco integrale di questa viticultura per troppo tempo appiattita su modelli tendenti ad incontrare il mercato.

E’ così che il Fiano di Avellino 2015 Tenuta Sarno 1860 e il suo omologo Vigna della Congregazione 2015 di Villa Diamante, liberati dai tipici sentori esagerati di frutta tropicale hanno scoperto la loro vera natura. Nel primo l’impronta floreale lascia spazio agli agrumi e alle erbe aromatiche, con accenni di frutta acidula. Nell’altro il fiore è più selvatico, l’agrume si fa amaro e sfuma in erbe di campo. Entrambi sono di sorso pieno e gustoso, finale lungo e corredati da piacevole sapidità. All’assaggio il pensiero va alla castrazione gustativa che questo vitigno, non valorizzato a dovere, ha dovuto subire per lunghi anni.

vignaioli irpiniIl Greco di Tufo era presente nelle fattezze di Le Ormere 2015 e Cantina Bambinuto 2014. Vitigno di impatto più deciso rispetto al Fiano, ma che il lavoro dei produttori ha saputo avviare sul sentiero dell’eleganza. Frutta a polpa bianca e pesca, ma sempre senza esagerare nell’esuberanza olfattiva. Poi gli agrumi e gli accenni speziati. Nella versione di Cantina Bambinuto il sorso esplode di gusto più di quanto il naso prometta.

Infine il Taurasi, grande rosso Irpino ottenuto da uve Aglianico, che il disciplinare vuole presenti almeno per l’85%. Vitigno apparentemente ostico, ma che se trattato in maniera sapiente regala vini straordinari. Tra tutti è quello che le logiche di mercato hanno più penalizzato, non rispettando i tempi necessari al vitigno. Messo in commercio spesso troppo presto, ha finito per essere tra i meno compresi. Specialmente tra quanti non sono proprio addentro alle cose del vino.  Il tempo è un elemento necessario per il Taurasi, così come l’uso del legno, che ogni produttore utilizza a suo modo scegliendo tempi e formati.

I Diversi Vignaioli Irpini hanno presentato il Taurasi in quattro espressioni. Il primo a sfilare in degustazione è Antico Castello 2012, dal frutto ancora vivo e ben presente su tutto. Sorso pieno che dà allegria al palato e promette grandi cose in invecchiamento, anche se già godibile da ora. A seguire Luigi Tecce 2012, forse il più pronto del lotto. Il frutto cede una quota al balsamico in una complessità arricchita da spezie, accenni lievi di fiori viola e scorza d’arancio. In bocca il gusto è pieno e il tannino armonico. Sicuramente è quello che fa pensare a cosa sarebbe l’aglianico oggi se lo sviluppo del suo potenziale fosse iniziato prima, come per i suoi più blasonati cugini del centro e del nord.

Il Coste 2011 di Cantine Lonardo scalpita sulla strada dell’invecchiamento, lasciando per ora un frutto godibile e un tannino piacevole ma ancora da levigare. Chiude il Guastaferro Primum Riserva 2007, da vigneti di oltre duecento anni. Qui il lavoro del tempo ha già prodotto la sua complessità olfattiva in cui oltre al frutto e alle spezie, si rintracciano i profumi del legno e le memorie olfattive dei campi. La sua grande acidità gli permette ancora una lunga permanenza in cantina che gli consentirà di diventare un grande vino. Il territorio, qui vulcanico, aggiunge una nota fumè cosi come a tutti gli altri vini regala qualcosa di se.

Un’impronta minerale comune a tutti i vini ma con sfumature diverse, anche se la scienza ufficiale sembra non essere più d’accordo nel classificare così questi sentori. Alla fine della degustazione appare chiaro che gli obiettivi del consorzio dei Diversi Vignaioli Irpini per ora sono stati raggiunti. Ognuno di loro sfugge allo stereotipo e rifiuta l’omologazione. Ed è proprio l’assenza di un filo logico tra di loro la grande forza di questi vini.

Bruno Fulco

Iscritto all’Ordine dei Giornalisti e diplomato presso l’Associazione Italiana Sommelier, da sempre appassionato di enogastronomia come veicolo di scambio e collegamento tra le diverse culture. Viaggiatore entusiasta specie nelle realtà asiatiche e mediorientali. La fotografia completa il bouquet delle passioni irrinunciabili con particolare attenzione al reportage. Ricerca ostinatamente il modo di fondere questi elementi in un unico elemento comunicativo.

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