La manifestazione di Cucina & Vini alla sua seconda edizione è già un appuntamento da non perdere per tutti gli amanti del Vitigno marchigiano.
Cambia la sede ma non i contenuti. Quest’anno la festa del verdicchio è andata in scena a Roma nelle sale dell’Hotel Excelsior in Via Veneto. Nessuno sciopero dei mezzi è riuscito ad arginare quanti non hanno voluto perdersi l’occasione. Non capita ogni giorno di vedere tutte assieme produzioni riconosciute unanimemente tra le migliori del Verdicchio.
Entrambe le denominazioni dei Castelli di Jesi e di Matelica erano ben rappresentate, permettendo uno sguardo d’insieme difficile e raramente possibile in altre circostanze. L’occasione si è dimostrata utile anche per fare il punto della situazione per quanto riguarda il lavoro che si sta svolgendo sul territorio. Per i fortunati che hanno potuto assistervi, preziosissimo è stato il seminario a cui hanno presenziato molte delle Aziende in degustazione.
L’effetto del tempo sul Verdicchio in una grande degustazione
L‘obiettivo era quello di mostrare gli effetti evolutivi del tempo sul Verdicchio, per dimostrarne le potenzialità ed esplorare il livello qualitativo che il vitigno è in grado di esprimere se si ha la pazienza di aspettarlo. Ogni Azienda ha proposto uno dei suoi vini, di tipologia Riserva, oppure Classico Superiore o Classico Riserva.
Produzioni di punta, ottenute dalla prima selezione di uve e presentate in due millesimi distanti qualche anno tra loro. Prima dell’assaggio le testimonianze di produttori ed enologi hanno disegnato la personalità dei loro vini, descrivendo il modo in cui i propri vigneti si integrano col territorio e di come affrontano le differenze climatiche.
Tremila ettari vitati circa, di cui la denominazione Matelica occupa appena il dieci per cento. Un territorio in cui la valle attraversata dall’Esino, i rilievi montuosi e collinari insieme al mare regalano una varietà di microclimi diversi. Basta pensare che la vendemmia tra i due territori può differire anche di venticinque giorni.
Fattori che giocano un ruolo fondamentale nel regalare ai vini una propria personalità definita. Al lavoro della natura si aggiunge la mano dell’uomo. La scelta che i produttori fanno per l’invecchiamento dei loro vini li rende unici.
Ogni vino percorre la sua strada verso la propria identità
E’ proprio questo che la degustazione ha maggiormente evidenziato. La capacità del Verdicchio di attraversare l’invecchiamento come difficilmente avviene nel mondo dei vini bianchi. Se all’inizio pur con le opportune differenze, i vini mostrano alcune caratteristiche comuni, già a distanza di qualche anno si presentano stravolti nel loro profilo gusto olfattivo. Ognuno di loro intraprende una sua personalità definita che varia in complessità dai sentori di miele fino agli idrocarburi .
Grandi vini che giustificano il sacrificio dei produttori, nel tenerli in cantina per tempi più prolungati prima di metterli in commercio. Vigna Novali 2008 di Moncaro, La Posta 2010 di Casaleta, S.Maria D’Arco 2009 di Ceci, Mirum 2010 La Monacesca, Utopia 2008 di Montecappone dimostrano ampiamente il concetto, anche se Salmagina 2004 di Zaccagnini lo incide definitivamente nella memoria gustativa.
Tra i banchi d’assaggio in degustazione libera invece, ampio spazio alle annate più giovani con Garofoli, Pievalta, Finocchi, i sempre meravigliosi vini di Bucci, il Misco della Tenuta di Tavignano, Velenosi, Col di Corte e il metodo classico di Broccanera. Circa sessanta etichette complessive distribuite nelle due denominazioni. Tra Matelica e i Castelli di Jesi, una battaglia qualitativa che però vede solamente vincitori.
Bruno Fulco