Alla Scoperta dei Vini Polacchi

All’Istituto Polacco di Roma l’incontro con i Produttori di vino ha dato modo a tutti gli enoappassionati di conoscere questa realtà.

La viticultura dei paesi dell’Est non è spesso menzionata e per molti è addirittura una sorpresa scoprirne la presenza in alcuni paesi. La Polonia è una di queste realtà e osservarla più da vicino è stato possibile grazie all’incontro con l’Associazione dei Viticoltori della Piccola Polonia (Stowarzyszenie Winiarzy Malopolskich).

La serata presso la sede dell’Istituto Polacco di Roma si è svolta nell’ambito di “Corso Polonia”, una serie di incontri culturali in programma nel mese di giugno in collaborazione con l’Ente Nazionale Polacco per il Turismo. In questo lembo d’Europa la pratica della coltura della vite ha origini lontane nel tempo risalenti intorno al X secolo, favorita dalla nobiltà locale che nei propri territori contribuì allo sviluppo dei primi vigneti.

Il suo massimo splendore si individua tra XIII e XIV secolo. Nel tormentato medioevo europeo, seguì il lento declino in cui la viticultura resistette al riparo di abbazie e conventi, coltivata dai monaci per via della funzione liturgica del vino. Le vicissitudini storiche hanno fatto poi in modo che queste tradizioni si perdessero nel tempo relegate alla dimensione locale, fino al completo decadimento nel XVIII secolo.

Sull’esempio Tedesco della Mosella già agli esordi della pratica vitivinicola, furono individuate le sponde del fiume Vistola come ideali per la coltivazione della vite. Ancora oggi tra le zone più vocate c’è il tratto del fiume che scorre tra Cracovia e Danzica. Attraversando le guerre e alcuni blandi tentativi governativi, la ripresa vera e propria del settore è iniziata nel 2011. L’apertura da parte delle istituzioni su permessi e regolamenti ha attirato anche l’interesse di operatori esteri. Come l’americano Mike Whitney titolare della Cantina Adoria Vineyards, che produce  Pinot Nero, Chardonnay e Riesling.

Una realtà in rapida crescita che raccoglie sempre più appassionati nel paese

Oggi pur rimando una nicchia produttiva nel panorama mondiale del vino la Polonia è una realtà in pieno sviluppo, con incrementi del 5-6% annui tra i più alti d’europa. Gli ettari vitati ad oggi sono poche centinaia, ma tutto lascia prevedere un aumento importante di tutta la filiera produttiva nei prossimi anni. In linea anche i dati comunicati da Gazeta Wyborcza che evidenziano l’aumento dei consumi con 107 milioni di litri di vino, rispetto agli 87 del 2010, con un consumo pro capite intorno ai 5,5 litri, rispetto ai 3 del 2013.

Tra gli operatori più attivi di questo giovane movimento enoico sicuramente c’è l’Associazione dei Viticoltori della Piccola Polonia (Stowarzyszenie Winiarzy Malopolskich). Unione che al momento conta dieci viticultori e che ha incrementato il vigneto dai 5,5 ettari del 2009 ai 23 attualmente coltivati. Durante l’incontro alcuni di loro in rappresentanza del gruppo, hanno tenuto ad evidenziare come ormai verso i dieci anni di attività l’era pionieristica sia ormai alle spalle.

Dopo una prima fase di esperienza ora la strada appare tracciata

Un periodo importante durante il quale è stato necessario interpretare il territorio, facendo tesoro di quello che rimane delle memorie storiche e gettando uno sguardo al futuro. Parallelamente si è lavorato anche a livello culturale creando eventi come l’annuale Festa del Vino. Vista la latitudine molto importante è stata la scelta dei vitigni. Le temperature hanno suggerito quelle varietà che in altre zone del mondo hanno già dimostrato un ottimo adattamento al freddo.

I vitigni più coltivati sono il Riesling, lo Chardonnay, il Gewurtztraminer, il Rulander, il Sylvaner, oltre al Seyval bianco, la Bianca, il Moscato di Odessa e il Rondo. La pratica di questi anni ha anche suggerito al gruppo che ci sono le basi per lavorare su vitigni non innestati sulla vite americana, consuetudine europea per prevenire il rischio della fillossera. Una scelta che dovrebbe riflettersi in positivo sulla qualità dei vini, assicurata anche dai disciplinari di produzione e normativo, che il gruppo si è dato sul modello degli altri paesi europei.

Le difficoltà più grandi per il loro lavoro sono sicuramente le temperature e i lunghi inverni che ostacolano la piena maturazione delle uve, compensata in parte con la pratica dello zuccheraggio consentita anche in altre realtà. Questo però influenza l’acidità ed è quindi la freschezza del vino quella che sembra mancare un pò. E forse la strada su cui lavorare per migliorare la piacevolezza di questi vini passa da qui. L’assaggio al netto delle temperature di servizio non ottimali, ha rivelato vini da bere giovani, dai toni prevalentemente fruttati, mai aggressivi e di buona persistenza gustativa.

La gradazione alcolica non sarà mai il loro cavallo di battaglia ma è una peculiarità che sembra essere sempre più apprezzata, almeno da alcune tipologie di consumatori. La Cantina Widok ha presentato Repossia un Riesling e Tollia un Gewurztraminer, che rispetto ai suoi parenti di altre viticulture rinuncia all’estrema esuberanza olfattiva rendendosi più delicato e molto piacevole. Una buona impressione generale hanno destato i vini delle Cantine Skarpa Dobrska e Oblassy Księżerisult risultando decisamente gradevoli.

A rappresentare i rossi Cantina Maja, con un Pinot Nero che al momento esprime note di piccola frutta rossa e accenni di cioccolato. Uno dei produttori presentandosi ha detto “portare i nostri vini in Italia è stato come portare la legna nel bosco”, un’affermazione che rivela la grande passione di un gruppo di viticultori che varrà la pena reincontrare in futuro per misurare nel tempo i risultati del loro lavoro.

Bruno Fulco

Iscritto all’Ordine dei Giornalisti e diplomato presso l’Associazione Italiana Sommelier, da sempre appassionato di enogastronomia come veicolo di scambio e collegamento tra le diverse culture. Viaggiatore entusiasta specie nelle realtà asiatiche e mediorientali. La fotografia completa il bouquet delle passioni irrinunciabili con particolare attenzione al reportage. Ricerca ostinatamente il modo di fondere questi elementi in un unico elemento comunicativo.

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