Un viaggio nelle fasi della vita dell’uomo in compagnia del grande Tiziano. Un infuso d’arte con finale a sorpresa. Grazie a delle nuvole rivelatrici! Sole, caldo e subito dopo acquazzoni. Nemmeno dal cielo si capisce bene che tempo farà. E nel dipinto di oggi il meteo sarà proprio questo, ma non certo per un caso. Curiosi? Allora venite con me.
Dopo Eliogabalo, l’infuso d’arte di oggi è nientemeno che “Le tre età dell’uomo” di Tiziano, dipinto nel 1512 e oggi visibile alla National Gallery of Scotland di Edimburgo. Una rappresentazione bucolica e idilliaca della vita umana che però nasconde molto di più.
Potete visionare il quadro qui.
Di cosa parla l’opera?
Questa volta non c’è nessuna storia da raccontare. I personaggi sono divisi in gruppi e sembrano completamente scollegati. Non si degnano di uno sguardo e gli unici a interagire sono i due giovani.
Ma partiamo dall’inizio: l’infanzia. Il tenero inizio della vita dell’uomo è ben simboleggiato da due putti cicciottelli impegnati, si fa per dire, in un riposino pomeridiano. Su di loro veglia un angioletto della stessa età che per ingannare l’attesa prova ad arrampicarsi su un tronco. Una scalata che è molto più di un gioco. Il piccolo rappresenta infatti la voglia di crescita tipica dell’infanzia, la fretta di diventare grandi per essere come i due ragazzi lì accanto. Nonostante questo Il colore dominante è comunque il bianco: simbolo di candore ed ingenuità. Tutto nella norma.
Analisi
Sulla sinistra vediamo i due putti decisamente cresciuti. Lei è una splendida ninfa e lui un bel ragazzo dai capelli scuri. La ragazza, vestita sontuosamente ma con la camicia in sensuale disordine, sembra proprio una cortigiana. Sta per portare alla bocca il doppio flauto tipico della classicità e dell’idillio pastorale ma lui la ferma con una sguardo. Non è certo la musica quello che cercano in questo momento quei due, fidatevi. Le bocche dischiuse e uno sguardo ardente non lasciano dubbi e basta un’occhiata all’equivoca posizione dei flauti per averne la conferma.
Meno male che i bambini lì accanto dormono. Non c’è che dire, Tiziano ci offre un’immagine del primo amore decisamente moderna e autentica. Il sentimento dolcemente trascinante dell’amore si unisce alla scoperta della sessualità.Anche i colori rimandano a questa esplosione di passioni: rosso sanguigno per l’abito della ninfa e bruno per il corpo del giovane uomo.
Vero per il 1512 come per il 2017, l’uomo non è affatto cambiato.
A proposito di uomo, sullo sfondo ce n’è un altro. Quasi lo avevamo dimenticato per come è lontano e fuso nel paesaggio. E’ molto anziano e solo, e decisamente non è felice. Sta guardando due teschi con aria tristemente pensosa , li osserva e li rigira tra le mani. Nei suoi lunghi anni di vista ha acquistato molta saggezza, eppure c’è una domanda che lo tormenta. Qual è il destino dell’uomo? Cosa lo attende dopo l’inevitabile morte? Tutte risposte che i due teschi non possono dargli.
Nemmeno la chiesa sullo sfondo sembra essergli di conforto. Lontana e sfumata non viene nemmeno presa in considerazione, tanto più che sia sull’edificio che sull’uomo si allungano le nubi tipiche del tempo incerto. Chiare ma con delle venature scure che non danno la certezza di una giornata serena. Pronte a far piovere proprio quando meno ce lo aspettiamo. Anche in questo caso Tiziano usa i colori per rivelare la condizione dell’uomo rappresentato: la veste rosa chiaro è una saggia mediazione tra il candore infantile e il rosso sanguigno della giovinezza. Per la chiesa in fondo sceglie invece dei colori bruni e cupi che la confondono con la vegetazione circostante. Non è di certo un edificio di cui ci accorge subito.
Le nubi incerte qui sono molto più di un meteo che fa le bizze. E invece degli ombrelli si apre una riflessione sulla vita e sul destino dell’uomo. Il cui punto di arrivo è proprio il vecchietto giù in fondo. Lo si vede appena eppure tutto il dipinto gira intorno a lui. Ma per capirlo bisogna dare un’occhiatina alla composizione del quadro.
I gruppi di personaggi sono disposti a tre diversi livelli di profondità, in parole povere sono più o meno lontani da noi che guardiamo. Ma davanti al quadro oltre agli spettatori c’è anche una certa personcina molto speciale. Riuscite a indovinare chi è? Proprio lui. Tiziano! Avendo dipinto il quadro è stato per parecchio tempo nella nostra stessa posizione e ha composto il tutto secondo il suo personalissimo punto di vista. Ricordandoci questo, torniamo sull’opera.
I bambini sono ad una media distanza, l’infanzia è quindi un bel ricordo non troppo lontano dal presente. I due giovani invece sono così vicini che quasi cadono giù dalla tela! Tiziano infatti nel 1512 ha circa vent’anni e la sua vita è decisamente simile a quella dei due giovani. Felici, spensierati e alla scoperta dell’amore. Il vecchio è il più lontano e per di più lo si nota poco. eppure è proprio al centro tra gli altri due gruppi, il che guida l’occhio di chi guarda proprio verso di lui.
La morale tizianesca di questo dipinto è una riflessione piuttosto asciutta sulle diverse fasi della vita dell’uomo. Riflessione che si conclude con una nota di triste incertezza sull’aldilà dove nessuno, neanche la religione può dare rassicurazioni.
Lo stile
Due parole sullo stile. Il paesaggio è chiaramente ripreso dallo stile di Giorgione, i personaggi ci si fondono quasi allo stesso modo. Anche la scelta di un soggetto criptico, per non dire cervellotico, strizza l’occhio ai dipinti giorgioneschi.
E con questo siamo di nuovo giunti alla fine di un altro infuso d’arte. E se avete deciso di fare una passeggiata bucolica come il paesaggio di Tiziano state attenti alle nuvole…non sono mai solo quello che sembrano.
A presto per un’altra tazza d’arte!
Chiara Marchesi