A Roma arriva la mostra personale di uno degli street artist italiani più famosi del mondo, Pixel Pancho, in esposizione con i suoi “Androidèi” fino al 3 aprile 2016 alla Galleria Varsi (zona Campo de’ Fiori) con ingresso gratuito.
Gli “Androidèi” sono i soggetti creati dalla genialità visionaria di questo giovane artista, con 100mila followers su Instagram, che ha realizzato sulle strade di tutto il mondo impressionanti murales dove robot e dei si fondono per creare una nuova realtà sovrannaturale.
Le 19 opere presenti all’interno della mostra sono la sintesi della riflessione dell’autore torinese sulla trasformazione dell’uomo contemporaneo attraverso una serie di metafore che trascendono la realtà per affidarla a figure suggestive dipinte sui muri dei palazzi o scolpiti nel gesso, nella ceramica e nel ferro.
Il titolo dell’esposizione realizza la sintesi perfetta dell’attuale ricerca artistica di Pixel Pancho verso una nuova identità dedicata ad esseri meccanici e utopistici che richiamano paradossalmente i miti della letteratura classica, in cui gli dei – trascendendo la dimensione divina – si immergevano nella precarietà ed instabilità delle passioni umane, mentre gli uomini – ripudiando la propria natura mortale – hanno sempre aspirato all’immortalità e bellezza propria delle divinità.
Nella visione dello street artist queste creature si sono evolute con il passare dei secoli in rapporto alle esigenze culturali e sociali che le hanno determinate, producendo degli uomini robotici, i quali al posto di carne ed ossa mostrano ingranaggi, perfettamente in equilibrio, dove proiettare quell’ossessiva ricerca umana verso una perfezione irraggiungibile ed eterna. I robot sono i nuovi dei e gli “Androidèi” di Pixel Pancho sono il risultato delle nostre speranze, follie e paure.
Inoltre sempre a Roma, presso il quartiere di Primavalle (in via Pietro Bembo 35), lo street artist ha completato la sua ultima opera, uno spettacolare murales di 10 metri d’altezza che ritrae la famosissima scena dell’epica battaglia tra Teseo ed il Minotauro. Anche in quest’ultima rappresentazione i due personaggi dall’aspetto robotico rientrano nella sua riflessione artistica sull’incontro tra robot e dei rivisitando straordinariamente il mito classico che si inserisce nella vita ordinaria di un quartiere di periferia.
Pixel Pancho ha creato un nuovo regno surreale dominato da meccanismi di ferro e rame tragicamente umanizzati. Sono opere che colpiscono lo spettatore, il quale è invitato a entrare in un nuovo universo dove l’uomo è un robot, concludendo così la sua ricerca verso la trascendenza del tempo. La carne diviene ferro, le ossa sono ingranaggi, i volti sono impassibili, tutto rappresenta la parabola del desiderio umano verso una perfezione utopistica e inaccessibile propria delle divinità.
Gli dei dell’artista di Torino sono però dei caduti, sconfitti, vittime stesse del tempo, unico padrone del mondo, per questo vediamo figure di ferro condannate alla decomposizione, corrose dalla ruggine, macchine inservibili, impersonando l’inevitabile decadenza dell’essere umano.
Vi invitiamo ad una visita nella giovane Galleria romana dove lo street artist vi accoglierà all’interno del proprio universo narrativo con un racconto fantastico dell’epica lotta verso l’impossibile.
Martina Patrizi